VICENZA Ospedale Sant'Antonio Abate - Ospedali d'Italia

Vai ai contenuti

Menu principale:

VICENZA Ospedale Sant'Antonio Abate

Ospedali Nord est > Regione Veneto > Vicenza città


Di questo ospedale, nel Web, ho trovato solo il link di Wikipedia che, ci tengo a sottolineare, non dà garanzie sulla validità dei contenuti
Il progetto è ospitato dalla Wikimedia Foundation, che non può essere ritenuta responsabile di eventuali errori contenuti nel sito.
Ogni contributore è responsabile dei propri inserimenti.

Naturalmente se chi  legge ha notizie e/o contatti da suggerire non esiti da inviarne comunicazione alla email :

ospedaliditalia@gmail.com


Ogni concreto aiuto ricevuto verrà poi riportato nella scheda di presentazione

https://it.wikipedia.org/wiki/Ospedale_di_Sant%27Antonio_abate_(Vicenza)


L'ospedale di Sant'Antonio abate era un antico ospitale di Vicenza, prospiciente alla piazza del Duomo, che funzionò dalla metà del XIV alla metà del XVIII secolo. Nel suo sito è stato in seguito edificato il Palazzo delle Opere sociali.
Verso la metà del XIV secolo, al tempo in cui era sotto la dominazione scaligera, la città di Vicenza fu messa in ginocchio da due grandi calamità: la peste del 1348, che aveva spopolato l'Europa, e un terribile terremoto[1]. Una risposta a questo grave disagio sociale la volle dare il cavaliere tedesco Alberto figlio di Otto di Billanth, conestabile, cioè comandante delle milizie mercenarie.
Nel 1350 Alberto di Billanth anzitutto mise a disposizione una casa di sua proprietà, la fornì di letti e di tutto il necessario per l'ospitalità e il ricovero di pellegrini, di infermi, di mendicanti e di altre persone indigenti; subito dopo iniziò la costruzione di una chiesa dedicata a sant'Antonio abate.
Del donatore si sa che la sua generosità non si fermò qui: a partire dal 1350, vari documenti parlano di una serie di acquisizioni di case e di terreni contigui alla domus hospitalis in sindacaria de domo per aumentare la disponibilità dell'ospizio e costruire sul lato sud una cappella, che sarebbe stata dedicata a San Gottardo. Per fare questo attinse a più riprese al suo consistente patrimonio e quando morì, senza eredi, lasciò tutto quanto restava all'ospitale. Forse per garantirsi una ricompensa dell'aldilà, fece nominare due cappellani nelle chiese dell'ospitale, ai quali assegnò delle rendite per la celebrazione di messe in suffragio.
Il Billanth, che con il giuspatronato aveva la responsabilità generale della nuova istituzione, volle coinvolgere anche altre persone, come un sindaco e dei servitori dipendenti ma, in particolare, ne affidò la gestione ad una fraglia, detta dei battuti di Sant'Antonio, Santa Maria e San Giorgio. Questa fraglia, composta da qualche decina di uomini in genere appartenenti a un ceto sociale medio basso, nel 1520 divenne la confraternita detta anche dei Negroni - perché i suoi membri indossavano la cappa nera - che, oltre alla gestione dell'ospedale si assunse anche il compito di accompagnare e confortare i condannati al patibolo e curarne la sepoltura.
L'ospitale acquisì presto una notevole fama, confermata da parecchi documenti del secolo XIV, anche per i "molti strepitosi miracoli" dovuti all'intercessione di Sant'Antonio, che attirarono uno straordinario numero di donazioni le quali, oltre ad essere destinate ai poveri, si tradussero anche in preziose espressioni artistiche. Nei registri dell'ospitale, dal 1377 al 1741, si trovano oltre 250 tra donazioni e lasciti testamentari, che assicurarono nei secoli il suo funzionamento. Solo nel 1437, però, l'ospedale ottenne la sua solenne costituzione e approvazione da parte del papa Eugenio IV, il veneziano Gabriele Condulmer che certamente l'aveva conosciuto durante il suo breve periodo di permanenza a Vicenza come vescovo.
Diversa era la tipologia degli assistiti, inabili e infermi, e quindi il tipo di assistenza che andava dal soccorso agli ammalati alla semplice ospitalità; ad esempio in due case, che si aprivano nella viuzza dietro dell'ospedale, trovavano ricovero per la notte, in una i "cercanti" che durante la giornata praticavano l'accattonaggio, nell'altra povere donne spesso anziane senza famiglia. Nel corso del tempo furono sempre più necessari interventi di manutenzione e ristrutturazione, dall'ampliamento per far fronte alle esigenze sempre maggiori, alle riparazioni per eliminare gli effetti devastanti dell'umidità, al riscaldamento per l'inverno.
Già durante il Quattrocento l'organo di gestione dell'ospedale - detto la "banca" come nelle altre fraglie - divenne sempre più consapevole delle esigenze di cura dei malati, e nominò un medico, un cerusico e uno speziale stipendiati; nel Cinquecento, quello di sant'Antonio era ormai il primo e il più importante tra gli ospedali cittadini.
Alla fine del secolo, però, sia la chiesa che l'ospedale avevano bisogno di notevoli riparazioni e gli interventi tampone non erano più sufficienti su edifici che risentivano del peso degli anni; i letti e gli arredi erano ridotti in uno stato tale da non poter quasi più essere adoperati. Durante il XVII secolo questa situazione peggiorò ancora, aggravata ulteriormente dagli eventi che colpirono città e contado, come le carestie e la peste del 1630. Nello stesso tempo le richieste aumentavano e dai 30-40 poveri si arrivò ad accoglierne fino a 100; la mortalità era altissima e non c'era neppure più spazio per le tumulazioni, che fino a quell'epoca avvenivano sotto al portico.
Seguirono anni difficili e furono a più riprese effettuati nuovi interventi, ma sempre insufficienti (nel 1723 si costruirono addirittura due ponti, uno per gli uomini e l'altro per le donne, per passare dall'ospedale alle case di fronte dove si ampliarono i locali dell'infermeria). Le continue richieste di finanziamento da parte dei responsabili dell'ospedale crearono tensioni e conflitti con l'amministrazione comunale, provocando continui ricorsi davanti al senato veneziano; di conseguenza, dal 1738 l'ospedale perse la propria autonomia e, come tutti gli altri Luoghi Pii, fu assoggettato al controllo dei revisori comunali.
La situazione economica però era così dissestata che cominciò a farsi strada il progetto della fusione e della concentrazione di tutti gli ospedali della città in un Ospedale Grande degli Infermi e dei Poveri, com'era avvenuto in quegli anni a Milano; nel novembre del 1772 il senato veneziano approvò tale fusione e gli ospedali - oltre a quello di Sant'Antonio anche quelli di San Lazzaro, dei santi Pietro e Paolo, dei santi Ambrogio e Bellino, di San Bovo e quelli della Pia Opera di Carità - furono trasferiti negli edifici dell'ex monastero di San Bartolomeo dove l'anno prima era stata soppressa la Congregazione dei Canonici Lateranensi.
Svuotato l'Ospedale di Sant'Antonio, il complesso degli edifici, tre anni più tardi  furono demoliti e, al loro posto, fu costruito il Palazzo delle Opere sociali cattoliche.


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
Torna ai contenuti | Torna al menu