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MANTOVA Sanatorio Belfiore

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Tratto integralmente da : Inaugurazione del Sanatorio Belfiore 1 giugno 1919 – Consiglio Ospitaliero di Mantova – discorso del Consigliere Rabitti Dott. Augusto


A Mantova la mortalità per malattie di natura tubercolare è sempre stata altissima. Dal 1904 al 1912 questa mortalità, calcolata tra la sola popolazione residente, (esclusi quindi i morti nell'Ospedale o fuori di esso provenienti da altri Comuni) è del 3,40 per 1000 ab., quando durante lo stesso periodo la media nel Regno fu solo di 1,59, e quella di 200 Capoluoghi di Provincia e di Circondario del 2,20; mentre poi per sola tubercolosi polmonare la mortalità, durante il periodo dal 1906 al 1914, raggiunse a Mantova l'1,81 per 1000, essendo stata la media del Regno solo dell' 1,02.
I morti per tisi sono a Mantova 54 all'anno; ai quali corrisponde l’esistenza di non meno di 250 ammalati di tubercolosi polmonare in ogni stadio della malattia!
Codesti poveri ammalati, generalmente appartenenti alle classi diseredate, quando per lo passato, anzi fino a ieri si può dire, dovevano, costretti dalle necessità, fare appello all'Ospedale, dove sorse per la Bolla di Nicolo V del 14 marzo 1449,
non aveva per essi che le cosiddette « Sale dei selezionati »; due vere e proprie  soffitte, senz'aria e povere di luce, dove tutto era in così stridente contrasto con i più elementari principi igienici ed umanitari, che ad esse ben si addicevano le parole oscure che Dante vide scritte al sommo della porta delle tenebre eterne: « Lasciate ogni speranza, o Voi ch' entrate ! »
Vengono solo i disperati e i derelitti; coloro che quasi senza tetto e senza assistenza sono arrivati a un tale grado di progresso del male da non potersi più reggere; e vi vengono con un senso quasi di orrore. Essi sanno che su, in quegli ambienti infelici, assisteranno man mano alla agonia lenta dei loro compagni di sventura, aspettando il proprio momento.... «È urgentissimo togliere da questo Ospedale la vergogna non più oltre tollerabile di quelle così dette « Sale dei selezionati ».
Mantova, pur non essendo una grande città, ha potuto erigere per i suoi tubercolosi dei Padiglioni,  in luoghi salubri e ben soleggiati,  anni or sono asfissiati dalle servitù militari che hanno fatto e mantenuto per secoli intorno alle sue mura un vero deserto. Ma in un momento di energia e di fede Mantova, bisognosa di espandersi, spianò terrapieni e spalti, abbattè ponti levatoi, colmò bassure, e atterrò festosa i suoi Forti, foschi avanzi della aborrita dominazione austriaca.
Cadde così il Forte Bolfiore, dal quale il Feld Maresciallo Radetski con il suo Stato Maggiore il 29 Maggio del '48 aveva diretto la memorabile battaglia di Montanara e Curtatone; e caddero l'Opera Corno, e il Forte Pompilio, e il Belgioioso..... E dopo codesta opera di redenzione igienica e spirituale parve a Mantova di respirare con sollievo, più ampiamente, più liberamente. E i terreni circostanti, dapprima brulli e ondulati  e deserti come un tratto di campagna romana, videro ben presto come per incanto piccole linde casette sorgere e villini ridenti, circondati dal verde e baciati dal sole ! . . . .
Ed è bello pensare che questi padiglioni poggiano su fondazioni costituite in gran parte da ruderi dei vecchi forti austriaci; e che sono stati ultimati proprio quando dappertutto qui d'attorno a noi si scavavano trincee e camminamenti, si tendevano reticolati e più che mai fervevano le opere per una eventuale difesa.
Il Sanatorio Belfiore è opera architettonica pregevolissima dell'Ingegnere Giulio Marcovigi di Bologna. I due Padiglioni che lo costituiscono (intitolati a due Benefattori dell'Ospedale, il Grand' Uff. Guido Ravà Storni e il Conte Senatore D'Arco) sono veramente ammirevoli nella loro armonica struttura d'insieme e rispondono a tutti i dettami della edilizia sanitaria.
Orientati con direzione da est ad ovest, hanno le facciate principali rivolte rispettivamente a sud e a nord; avendo naturalmente rivolte a sud le infermerie, affinché possano usufruire della maggiore quantità di sole.
La località prescelta è indubbiamente delle più tranquille e delle più salubri.
Il terreno risponde egregiamente ai singoli canoni fondamentali. E’ innanzi tutto alquanto elevato si da potersi dire, rispetto a Mantova, un vero altipiano, avendo infatti una altimetria di circa sei metri sulla quota media della città. È inoltre declive da sud a nord, ciò che garantisce il pronto smaltimento delle acque pluviali; e la sua prima falda idrica è così profonda da lasciare perfettamente asciutti e per ciò utilizzabili i sotterranei.
La natura poi del sottosuolo è ottima, poi che esso è costituito di strati sabbiosi e ghiaiosi ed è quindi secco e permeabilissimo; mentre poi lo si può dire anche vergine, nel senso igienicamente desiderabile per la costruzione di qualsiasi nuova abitazione e specialmente per un edificio destinato ad Ospedale. Avranno infatti forse qui sostato Unni e Visigoti nel 399, Goti e Longobardi nel 602; vi avranno accampato gli Alemanni nel 1530, e battagliato all'assedio di Mantova del 1796 Francesi ed Austriaci, le ossa dei cui morti, sepolti in questa località e scoperti circa trent'anni or sono, riposano ora nel silenzio del piccolo camposanto di Montanara « Virtus par certantibus, sepultis communis honor; ma mai furono qui, che si sappia, agglomeramenti di abitazioni umane atti a rendere inquinato il sottosuolo, come lo è sempre quello delle vecchie città.
Anche il sottosuolo è adunque sotto ogni rapporto eccellente, essendo inoltre dotato di abbondante acqua potabile. A mezzo di una perforazione artesiana della profondità di 67 metri si può infatti assicurare al Sanatorio una media giornaliera di circa 150.000 litri di acqua purissima e fresca, corrispondenti a ben 1700 litri per ogni malato, computando al completo i due Padiglioni, capaci complessivamente di 88 letti.
Se i Padiglioni del Sanatorio danno una impressione di armonica bellezza nella loro struttura esteriore, suscitano poi un senso di vera ammirazione in chi vi entra a visitarli.
Nulla vi è più di moderno e di più razionale; e tutti i dettami e le esigenze della igiene generale e speciale nei riguardi dello scopo cui i Padiglioni sono adibiti, sono stati rigorosamente osservati.
I locali sono lindi e in essi è tutta una festa di aria e di luce.
Le infermerie sono esposte a sud per utilizzare il più possibile della luce e delle irradiazioni solari; e così pure a sud sono naturalmente rivolte le quattro splendide verande, delle quali sono intitolate alla Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde e al  Ministero dell' Interno quelle del Padiglione D' Arco; e alla Croce Rossa Americana e al nome del compianto giovane « Dottor Gino Bernardelli» quelle del Padiglione Ravà-Sforni.
Da tali verande, destinate alla cura del riposo, della luce e dell'aria, l'ampia vista e il silenzio verde dei campi rallegrano lo spirito e inducono un senso di benefica quiete; mentre fra alcuni anni le conifere del piccolo parco che si sta impiantando, daranno al luogo una impressione di bellezza alpestre, e all'aria il profumo balsamico delle loro resine.
Ma per chi si affacci alle ampie finestre dall'altra parte verso nord, si domina, specialmente dai piani superiori, un paesaggio che è ancora più vasto e piacevole, e che parla inoltre alla mente e al cuore.
Da esse infatti lo sguardo si espande sulla campagna, che digrada verso il lago di Vergilio, dov'è Belfiore, la “oscura fossa d'austriache forche, la « fulgente ara di martiri”, del cui nome il Sanatorio si intitola ed onora. E mentre più in là verso il lontano orizzonte, nelle giornate serene si scorge il Baldo maestoso e la azzurrina catena delle Alpi; più dappresso, alla nostra destra, è Mantova con le sue cupole e le sue vecchie torri spesso ammorbidite in un velo di nebbia; ed a sinistra, verso Curtatone, là dove si coperse di tanta gloria il battaglione universitario toscano, è tutta l'ampia distesa del « verde pian, che tanta.... virtù rinserra».





 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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