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MILANO Ospedale meretricio

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Le notizie riportate nella scheda provengono “integralmente” dal testo:
“ Il comune e la salute : amministrazione municipale e igiene pubblica a Milano, 1814-1859 - Paola Zocchi - Milano - F. Angeli, 2006  pagg. 243-259“
Ringrazio la Casa Editrice Franco Angeli per l’autorizzazione all’uso dei contenuti riportati

Tra la fine del secolo XVIII e il secolo successivo si consolidò  la pratica di schedare le meretrici nei registri della polizia, imponendo loro progressivamente anche di sottoporsi a una visita medica, al fine di identificare le sifilitiche e farle ricoverare in ospedale. A Milano, nel gennaio 1800, questo ruolo era svolto da un’apposita Delegazione di polizia medica residente nel locale del Bellarmino, vicino al Palazzo di giusti-zia. A partire da quell’anno le meretrici trovate infette furono inviate all’Ospedale Maggiore, che però non smise mai di lamentare i disagi e gli «scandali» che la loro presenza nel nosocomio comportava . Si cominciò quindi ben presto a valutare l’opportunità di destinare un piccolo ospedale esclusivamente a queste ammalate.  Nel gennaio 1811 il viceré riuscì ad approvare  la costruzione di un piccolo ricovero nel locale di S. Margherita, sede della Direzione di polizia, ordinando al Comune di concorrere alla spesa di allestimento. Il nuovo Ospedale «meretricio» fu inaugurato il 1° novembre 1812 ed accolse le 26 prostitute esistenti a quell’epoca nel grande nosocomio milanese, il quale fu tenuto a fornire i medicinali e a mantenere le ricoverate, lasciando invece alla polizia l’onere della gestione ospedaliera nel suo complesso. Il piccolo ospedale continuò poi a funzionare per qualche anno anche dopo la Restaurazione, cessando la sua attività solo brevemente nel 1815 . Nonostante le disastrose condizioni economiche del bilancio, quindi, il Municipio fu costretto a stanziare nel conto preventivo di quell’anno una somma per mantenere una struttura ospedaliera che avrebbe dovuto esulare in realtà dalle sue competenze. Per tentare di contenere il danno, cercò allora di tagliare il più possibile i costi di gestione, riducendo drasticamente il personale ospedaliero e annunciando, già alla fine del gennaio 1817, un netto taglio delle spese rispetto al passato. Dopo aver giudicato troppo oneroso affidare la direzione dell’Ospedale «meretricio» al medico municipale la Congregazione municipale decise di licenziare sei persone e di dimezzare gli stipendi al medico e al chirurgo addetti alla struttura ed accrescere per di più il carico di lavoro a causa dei tagli al personale, ridotto a un «custode e cuciniere», un facchino  e due infermiere. Il Comune di Milano cominciò quindi a gestire e ad amministrare ufficialmente l’Ospedale delle prostitute il 1° maggio 1817, mentre nonostante le ripetute lamentele, la Congregazione di carità (ovvero l’Ospedale Maggiore) continuò a fornire i medicinali e a sostenere parte delle spese dei ricoveri. Certo la drastica riduzione dello stipendio del medico e del chirurgo dovette apparire subito eccessiva, se già nel settembre 1818 la Congregazione municipale propose per loro una gratificazione, considerando che grazie alla loro disponibilità incondizionata ad occuparsi non solo della gestione sanitaria dell’ospedale, ma anche di quella amministrativa, il Comune aveva ottenuto inaspettatamente «un notabilissimo risparmio. Eppure il loro stipendio era addirittura inferiore a quello del custode, nonostante il dato non debba stupire eccessivamente dato il carattere in gran parte coercitivo dell’ospedalizzazione delle prostitute, gestita sempre insieme alla Direzione generale di polizia e secondo le direttive del Governo: il custode, infatti, svolgeva probabilmente un ruolo molto simile a quello di un carceriere e viveva all’interno dell’ospedale rimanendo a disposizione giorno e notte per qualunque emergenza. Probabilmente nel 1824, l’Ospedale meretricio fu trasferito «nel locale del Cappuccio, poiché la Direzione di polizia aveva reclamato gli spazi di S. Margherita. Il Comune approvò  il 2 dicembre 1835 una spesa allo scopo di «formare due carceri ed una sala di disciplina», «adattare un nuovo dormitorio con corredo di latrine, lavatoi e vasche da bagno» e costruire una cappella all’interno del ricovero; ridefinì inoltre la pianta del personale comprendendovi la nuova figura del direttore, non medico, il cui ruolo anticipava già quello postunitario del direttore “dell’Ufficio sanitario per la sorveglianza della prostituzione”. Si trattava infatti di una sorta di direttore amministrativo, al quale sarebbero stati affiancati un medico con la doppia laurea in medicina e chirurgia, come ormai prevedeva l’esercizio della professione, e un maestro chirurgo, il quale avrebbe dovuto svolgere probabilmente le mansioni più routinarie di medicazione delle lesioni, tipiche della sintomatologia venerea. Ma l’arrivo del colera pose bruscamente fine a tutti i progetti in corso: il 20 luglio 1836, infatti, il piccolo ospedale venne «chiuso per superiore disposizione» e le prostitute trasferite in un’apposita infermeria dell’Ospedale Maggiore, aperta per l’occasione ed aggregata alla «Divisione sifilitici e scabbiosi», ristrutturata da pochi anni. Vera l’obbligo, per le meretrici milanesi, di presentarsi ogni settimana alla Direzione generale della polizia «per esservi ispezionate dal medico-chirurgo dell’ufficio», il quale nel caso di malattia venerea provvedeva ad inviarle nelle sale separate dell’Ospedale Maggiore a spese del Comune. Dal 1856 le visite obbligatorie furono aumentate a due alla settimana. Le sale approntate dall’Ospedale Maggiore non risultavano più, nel 1860, adeguate allo scopo, così l’anno successivo fu aperto  un vero e proprio sifilicomio nell’antico monastero di San Bernardino alle Monache, dove vennero trasferite tutte le prostitute ospedalizzate o provenienti dalle infermerie della Questura.


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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