ALGHERO Ospedale Civile di Piazza del Molo - Ospedali d'Italia

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ALGHERO Ospedale Civile di Piazza del Molo

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Per questa scheda devo ringraziare il Gruppo di Studio e ricerca dell'Associazione Tholos di Alghero, nata ad Alghero nel 1994 con l’intento principale di attivare la creazione di un Museo in città -https://www.storiedialghero.it/associazione-tholos/ -  con cui ho avuto una fitta corrispondenza.  Appena ha saputo del mio progetto si è resa disponibile per la condivisione delle informazioni. Ci tengo a sottolineare che, dopo 7 anni di ricerca, ha  pubblicato il testo " Gli Ospedali di Alghero dal XVI al XX secolo"  edito nel 2019 . Sul sito storiedialghero.it è possibile vedere il filmato della presentazione

Segue dall'Ospedale S. Antonio Abate

In quegli stessi anni il comune di Alghero si adoperò perché la struttura sanitaria potesse avere una sede più adeguata. Forse la spinta alla decisione venne anche dall'epidemia di colera del 1855 che aveva messo in evidenza l'assoluta inadeguatezza del fatiscente edificio di via Cavour. Durante i due mesi dell'epidemia (agosto e settembre 1855) morirono in città 600 persone, il 7% della popolazione.
Il Consiglio municipale colse un'occasione irripetibile che si presentava in quel momento. Con la requisizione dei conventi cittadini si rendevano disponibili in città numerose strutture che, con i necessari lavori di adeguamento, ben si prestavano a diventare il nuovo ospedale. Tra i tanti conventi richiesti al governo, fu concesso il monastero delle Clarisse dette Isabelline, suore sotto la protezione di sant'Elisabetta di Portogallo, situato in piazza del Molo. Il Convento risaliva al 1641 quando le tre monache Angela Sussarello Boyl, Marquesa Manca de Prado e Hippolita Tavera lasciarono Sassari per recarsi a cavallo nella città di Alghero dove, dopo le cerimonie di rito, andarono ad occupare il Monastero in Carrer Sant'Elm che da allora cambiò il suo nome in Carrer de las Mongias (Strada delle Suore).
Il complesso monastico fu utilizzato come tale fino alla metà del 1800 quando, dopo l’abbandono da parte delle Clarisse, fu disponibile per accogliere l’ospedale.
La seguente comunicazione di Francesco Serra, Presidente della Congregazione di Carità, rivolta al Sindaco di Alghero, porta la data dell'11 agosto 1869 e ha come oggetto: La consegna del monastero delle Isabelline e sovvenzioni.
«Sin dal giorno 25 dello scorso mese di maggio la S. V. Onorevole mi annunziava la cessione fatta dall'Amministrazione del fondo per il culto del Monastero delle Isabelline nello scopo di stabilirvi lo Spedale Civile. Ferma la Congregazione di Carità nella fiducia di ottenere il concorso del Municipio nelle spese di adattamento del suddetto locale all'uso voluto, lo accettava, non solo, ma mosso dal principio di economia e di previdenza ha affrettato eziandio la redazione della perizia dei lavori necessari. Questa rilevante alla somma di £ 9 mila circa è ultimata onde poter essere i lavori messi ai pubblici incanti. Ma perché essi possano essere aperti convenientemente è necessario che anzitutto sia fatta la consegna del monastero ed abbia la Congregazione di Carità certa conoscenza sia dell’ammontare dell’invocata sovvenzione sia del tempo in cui li sarà data onde possa stabilire nei capitoli di appalto le rate di pagamento in modo positivo. Gli è pertanto sotto questo duplice rapporto che il sottoscritto ha l’onore di rivolgere alla gentilezza della S.V. le sue più vive e rispettose preghiere interessandola fervorosamente di voler promuovere e favorirgli con la consegna di che si tratta gli opportuni riscontri in proposito. Al tutto necessari come ella si persuadeva di leggervi laddove vogliasi
accelerare con il traslocamento dello Spedale e l’apertura della Scuola d’infanzia prima dell’entrante stagione invernale vuoi perché si profitterebbe con vantaggio di questo propizio tempo per l'esecuzione dei lavori, vuoi perché si risparmierebbe la spesa delle riparazioni occorrenti nell'attuale locale dello Spedale i quali in caso contrario converrà far eseguire».
Agli inizi dell'estate 1871 si effettuò il trasloco della struttura sanitaria da via Cavour a piazza del Molo nell'ex convento delle Isabelline; l'attigua chiesa di Santa Chiara divenne la cappella dell'Ospedale.
Dei Fatebenefratelli rimase soltanto il Priore Agostino Perra che svolse le funzioni di cappellano fino al 1879, anno della sua morte. Già dal 1871 erano arrivate le Figlie della Carità (Vincenziane), addette al servizio infermieristico. Le Vincenziane si occupavano inoltre dell'Asilo infantile e accoglievano, in appositi locali dell'ospedale le ragazze, generalmente di buona famiglia che, sotto la loro guida, imparavano a cucire e ricamare. Di fatto le suore avevano in carico anche l'amministrazione che curavano con attenzione e parsimonia.
Gli ammalati poveri venivano assistiti per conto del comune, come risulta dagli archivi comunali. Le terapie consistevano in somministrazione di tisane, decotti e pomate a base di erbe.
Fin dal 1876 all'interno della struttura ospedaliera si aprì una farmacia che ben presto iniziò a svolgere la sua attività anche per la popolazione. Nella fase iniziale i risultati furono buoni ma in seguito la sua gestione si rivelò fallimentare per cui fu chiusa nel 1900, e al suo posto si allestì un dispensario farmaceutico limitato a sostanze per le quali non era necessario un farmacista.
La struttura ospedaliera era gestita dalla Congregazione di Carità che, dovendo far fronte alle spese, cercava ogni modo per finanziarsi e fin dal 1863 organizzò per Carnevale un ballo di beneficenza al Teatro Civico appena costruito (1862). Negli anni seguenti arriveranno numerose donazioni, alcune molto importanti, che assegnano gli interessi dei capitali vincolati all'assistenza dei degenti poveri. Ma nonostante ciò, col passare degli anni, la struttura si trova in gravi difficoltà. Tra i membri della Congregazione si è creato un clima di diffidenza e ostilità per cui non si riesce più a garantire il funzionamento delle tre istituzioni amministrate: l'Ospedale, l'Asilo Infantile e il Laboratorio Femminile. Nel 1900 si nomina un commissario, Italo Gnocchi, che si trova a dipanare una situazione piuttosto ingarbugliata tra documenti in disordine, proprietà infruttuose e gravate da imposte, e mancato aggiornamento della retta giornaliera che il Municipio paga per i degenti poveri. Gnocchi descrive nei minimi particolari le disfunzioni riscontrate nell'arredamento, nella biancheria, nell'organizzazione dei reparti, nell'utilizzo dei singoli locali. Riesce a ridurre le spese per il vitto sottolineando che la quantità è sufficiente e che la qualità è ottima, considerando che si tratta di ammalati e non di sani. E aggiunge che «se poi qualche ricoverato può essere riuscito, accusando mali inesistenti, a rimanere degente più del dovuto, è ben naturale che, essendo sano, il vitto gli sia risultato
insufficiente; tanto più che in tali casi (che difficilmente sfuggono alla vigile oculatezza del Medico) io ho sempre fatto diminuire la razione, anziché aumentarla, ed ho procurato il licenziamento del finto malato».
Tra gli atri provvedimenti Gnocchi chiuderà la farmacia che è in grave disordine e causa forti perdite.

 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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