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PARMA Ospedale Rodolfo Tanzi

Ospedali Nord est > Regione Emilia Romagna > Provincia Parma

Da Ospedale della Misericordia a Nazionale poi Maggiore infine Civile  La stesura di questa scheda l’ho fatta a “volo di elicottero”; mi sono cioè limitato a riportare solo alcuni flash di uno storico ed importante Ospedale. Infatti in rete ma soprattutto nelle biblioteche potete trovare decine di siti e libri che ne sviscerano la storia.  L’Ospedale di Parma ha origini medievali quindi non posso non iniziare con il notevole lavoro di ricerca di Marina Gazzini ricco di particolari e frutto di approfondita ricerca storica. Naturalmente mi sono limitato a riportare pochissime informazioni ma vi invito calorosamente a prenderne visione.  Le origini dell’ospedale Rodolfo Tanzi  risalgono a un momento imprecisato posto fra gli anni 1201 e 1202. In base alle testimonianze documentarie, sappiamo che nel dicembre del 1201 Rodolfo Tanzi prendeva in affitto perpetuo un terreno edificato sito in Borgo Tascherio, quartiere Capodiponte.
I «documenti originali e autentici» reperibili intorno a Rodolfo Tanzi sono oggi 18 atti concentrati in un arco cronologico limitato, compreso fra gli anni 1201 e 1216. I rapporti tra Rodolfo e gli ordini religioso-militari ed ospedalieri  ci dicono che il Tanzi ebbe come soci individui legati ai Crociferi, che entrò in lite con i Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme, e infine che intitolò una sezione del proprio ospedale a S. Antonio, denominazione che potrebbe anche riallacciarsi all’ordine ospitaliero di S. Antonio di Vienne.  La comunità che si raccolse intorno all'ospedale da lui fondato era composta da uomini e da donne privi di alcun legame con gli ordini religiosi.  Rodolfo Tanzi non viene ricordato nelle fonti quale personaggio circondato dalla devota solidarietà di una comunità che a lui si affidava in quanto fulcro catalizzatore di attività caritative, devozionali, pacificatorie. Sia Rodolfo sia i primi compagni che lo seguirono nell’iniziativa assistenziale, che in molti casi risultano estranei all’ambiente locale anche se comunque originari dal territorio parmense, non appaiono infatti dediti esclusivamente ad attività a sfondo religioso, ma concentrati soprattutto su lavori edili e di riorganizzazione viaria e idrica. Rodolfo Tanzi emerge dunque nella documentazione come un ‘tecnico’ dell’assistenza, più attento cioè a quegli aspetti strutturali e infrastrutturali correlati in maniera imprescindibile all’ospitalità, che ai risvolti religiosi in senso stretto che la concezione dell’epoca attribuiva alle attività assistenziali.
(Rodolfo Tanzi, l’ospedale e la società cittadina nei secoli XII e XIII [A stampa in L’ospedale Rodolfo Tanzi di Parma in età medievale, a cura di R. Greci, Bologna 2004, pp. 3-27 © dell’autrice - Distribuito in formato digitale da “Reti medievali”, www.biblioteca.retimedievali.it - http://www.rm.unina.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_G/RM-Gazzini-Tanzi.pdf )

Informazioni più attinenti a questo lavoro di ricerca le ho però trovate nel testo degli   Atti del  Primo Congresso Italiano di Storia Ospitaliera – Reggio Emilia 14-17 Giugno 1956 a cura del Centro Italiano di Storia Ospitaliera di Reggio Emilia, pagg 185-194, a cura del Pier Luigi Dall’Aglio Vice Direttore degli Ospedali Riuniti  da cui apprendiamo che tutti i servizi ospedalieri venivano effettuati gratuitamente da "converse e conversi", uomini e donne che vivevano sotto la regola di S. Agostino. I vescovi concedevano facilmente indulgenze a favore di coloro che beneficavano il pio logo.  Le elemosine, a favore degli infermi e dei derelitti, venivano raccolte dai "cercanti", che andavano a ritirarle nelle case parrocchiali ove venivano depositate dagli offerenti.  Si può  ritenere che l'Ospedale allora vivesse con donazioni, elemosine, con decime e mediante un certo reddito patrimoniale  proveniente dai beni ricevuti in eredità, in donazione od acquistati.  Papa Sisto IV con bolla del 4 Dicembre 1471 iniziò la fusione dei cinquantotto fra Ospedali minori, ospizi per pellegrini ed oratori, sparsi in tutto il territorio parmense, nell'Ospedale di Rodolfo Tanzi.  L'esecuzione della bolla era subordinata alla condizione che venisse proceduto alla costruzione di un nuovo grande edificio ospedaliero, che la padronanza dell'Ospedale fosse ceduta al Comune, insieme all'obbligo di eleggerne i rappresentanti, e che l'Ente venisse reso indipendente dal Vescovo e soggetto solamente alla Santa Sede.  ll progetto esecutivo del nuovo edificio fu steso dall’ingegnere del Comune Gian Antonio da Erba nel 1476; i lavori erano già timidamente iniziati da un paio d’anni prima. Occorsero altri vent’anni per vedere l’opera terminata, anche se dal momento in cui venne pubblicata la bolla pontificia, si procedette più velocemente. Infatti, nel “libro mastro morello” dell’ospedale, pertinente agli anni 1492-1493, si trova la lista degli ospedaletti esistenti nella città e territorio di Parma che ancora a quel tempo attendevano di essere aggregati al Rodolfo Tanzi.  Erano stati eletti, già nel 1477, dagli Anziani e dai loro aggiunti, 36 cittadini fra i quali dovevano essere estratti a sorte 4 rettori deputati ad amministrare l'Ospedale. I Rettori erano tenuti ad eleggere un Massaro, idoneo e capace, che doveva curarsi degli introiti e delle spese, coadiuvato da un Contrascrittore, deputato a tenere i conti. Potevano inoltre venire nominati dai Rettori un Notaio, per rogare e patrocinare gli atti, un Procuratore ed un Nunzio. L'operato del Massaro doveva venire sindacato e controllato mensilmente dai Rettori. Era comunque vietato vendere beni, fossero essi immobili, mobili, preziosi e simili, infeudare, o dar in enfiteusi per lungo tempo, terre e case.  Trascorso il periodo della dominazione francese, durato dal 1500 al 1512, Parma passò sotto la signoria papale.  Papa Giulio II ordinò che durante la fiera di S. Ercolano le oblazioni venissero devolute a favore dell'Ospedale e che inoltre chiunque fosse stato investito di un beneficio, sia nella città che nel contado, dovesse dare all'Ente stesso, in perpetuo, l'uno per cento del reddito.   Per la miseria e le strettezze del tempo, ed anche a causa della rilevante spesa sopportata nella costruzione del nuovo Ospedale che aveva assunto il titolo della Misericordia, i Rettori supplicarono Papa Paolo III, perchè permettesse loro di introdurre merci, con proprio naviglio, dal fiume Po nei porti di scarico di Torricella e di Brescello. Gli amministratori dell'Ospedale della Misericordia, in tale occasione, dichiararono che sarebbero stati costretti, senza questo aiuto, a tralasciare le opere di soccorso a favore degli infermi e dei poveri. Il Papa concesse il richiesto privilegio con breve dell'ottobre del 1540.   L’ Economo doveva essere oriundo della città e doveva risiedere temporaneamente presso la Casa; aveva il compito di ricevere le elemosine, mandando i questuanti a raccoglierle, e di utilizzarle per il vitto dei poveri; doveva inventariare tutti i beni mobili, tenere conto degli introiti e delle spese  ed inoltre informare i Presidenti sulle necessità del luogo.  Un Maestro d'arte doveva insegnare un mestiere agli orfanelli, una tessitrice ed una Madre delle Putte,  doveva insegnare alle orfanelle l'arte del filare, del tessere, del cucire e del cucinare. I guadagni derivanti dal lavoro degli orfani e delle orfane, come pure una parte dei loro eventuali beni, restavano alla Casa della Misericordia.  Nel seicento scompare la figura dell'Economo che viene sostituito dal "Priore", importante personaggio al quale era deferita la vera e propria direzione dell'Istituto, con compiti di ordine economico, contabile, igienico sanitario e di carattere religioso.  Inoltre due procuratori dovevano visitare giornalmente l'Ospedale  per accertarsi di persona se i malati venivano convenientemente assistiti sia materialmente che spiritualmente: dovevano inoltre sindacare che tutto il personale dell'Ospedale facesse il proprio dovere, rivedere i conti ed occuparsi delle più importanti forniture dei generi di consumo.  Malgrado tutta questa organizzazione l'andamento dell'Ospedale della Misericordia non era troppo soddisfacente, soprattutto dal punto di vista economico. Il Duca Ranuccio Farnese ordinava, nel 1681, di dimezzare il personale, di ridurre le paghe e di ricoverare soltanto ammalati gravi o feriti.  Prescriveva inoltre che i commercianti della piazza aumentassero le elemosine a pro' dell'Ospedale e che gli affittuari dei poderi ospedalieri cedessero all'Ente proprietario ed a prezzo fisso, il grano, l'uva e la legna da ardere.
Nel secolo XVIII, a seguito della estinzione della dinastia Farnese, avviene il passaggio del Ducato di Parma e Piacenza ai Borboni di Spagna. Trasferiti, nel 1805, gli Stati Parmensi sotto la diretta potestà imperiale, Parma ebbe organizzazione e leggi francesi.  L'Ospedale Maggiore  denominato a quell'epoca anche Ospedale Nazionale, ricoverava, in apposite sale, i militari feriti od ammalati.  Siccome esistevano in Parma numerose benefiche fondazioni religiose, controllate dal Vescovo e da altri ecclesiastici, il Generale Junot, con decreto 7 marzo 1806, ebbe ad ordinare che tutte le opere pie, spedaliere o di ricovero, venissero raccolte sotto un’unica amministrazione denominata, alla francese, "degli Ospizi Civili". La nuova denominazione di “Ospizi Civili” stava a sottolineare il carattere laico dell'istituzione, in contrapposizione a quello religioso di fondazioni benefiche controllate dal Vescovo o da altri ecclesiastici, da quel momento passate agli enti governativi.
Maria Ortensia Bonzola, in un articolo, ci racconta  interessanti particolari  contenuti nel suo libro  “L’ospedale vecchio di Parma-1980”:
“ Con il periodo di dominazione napoleonica, l'ospedale cominciava a trasformarsi da istituzione di carattere privato, dedita ad opere di misericordia, in istituto pubblico di servizio sociale e con il nome di Ospedale Nazionale esprimeva il nuovo concetto di assistenza che era cioè « (...) un sacro debito della nazione tenuta a provvedere alla cura ed al mantenimento dei cittadini sventurati».
All'inizio del XX secolo l'Ospedale Civile contava 5 divisioni (due chirurgiche e tre mediche) oltre a reparti per cronici, contagiosi, oftalmici venerei, e ospitava di media giornalmente circa 450 infermi, la maggior parte dei quali giaceva nei letti distribuiti in doppia fila nella grande infermeria della crociera. La giornata iniziava all'alba quando, secondo una tradizione che durava da cinque secoli, veniva celebrata la Messa dall'altare al centro della crociera, sotto la cupola, ed era udita da tutti fino all'estremità delle corsie, debolmente illuminate, nelle buie mattine d'inverno da rade fiammelle a gas. Alla luce della candeletta di cera che l'infermiere avvicinava di volta in volta al paziente visitato, iniziava, alle 7 del mattino, la visita medica che comportava un percorso quasi chilometrico. Dal reparto uomini che occupava il braccio Sud della crociera, detto Al Porton », per la presenza del grande portone d'ingresso, a quello delle donne che da sempre era ubicato nel più ampio braccio ad Ovest, detto Al Fnestròn. e separato con un cancello dal resto dell'infermeria. Il prolungamento della sala di mezzo che prospettava verso il giardino era destinato ai degenti della chirurgica e detto Sala Giardino ..Dare soprannomi ai vari reparti, come Al Farinero. La Mlonèra», era un modo di rendere il luogo familiare per chi era costretto a trascorrervi lunghi giorni della propria esistenza, a volte gli ultimi.  Raccontava Ludovico Gambara, che aveva iniziato la sua carriera di medico nella crociera dell'Ospedale Vecchio, come un omaccione chiamato - Cul d'fer», stinco tutt'altro che di santo si accostasse tutte le mattine alla Santa Comunione per abbonirsi la suora che, a questa condizione, gli raddoppiava la razione di cibo. Una babau, di forme assai maggiorata, si lamentava insistentemente della coperta che appena la ricopriva e ne ottenne una a due piazze che trasbordava da ogni lato del letto fino a lambire il pavimento, finché un giorno la caposala, insospettita, scopri il mistero di quell'apparato: cogliendo il momento opportuno alzò la coltre e scopri un plotone di turate » ben allineate e salami, in parte già affettati, penzolanti alla rete del letto, che la ricoverata vendeva e distribuiva in reparto. Pane e companatici che finivano sotto i cuscini di malate che dovevano seguire ben altra dieta, venivano introdotti clandestinamente sotto i tabarri dei parenti quando alle dieci si spalancava il portone ed essi accorrevano al capezzale mai a mani vuote in barba ai regolamenti.  Quel portone si chiuse definitivamente nel 1926 con il trasferimento degli ammalati e di tutti i servizi nella nuova sede, fuori porta Santa Croce, e l'edificio del vecchio ospedale cominciò il suo progressivo declino attraverso destinazioni incongrue (da magazzeno militare ad Archivio di Stato) che ne hanno facilitato la degradazione. “
Nel sito del Comune di Parma (https://www.comune.parma.it/dizionarioparmigiani/ita/Le%20origini%20(1201-1471).aspx?idMostra=35&idNode=496 ) troviamo altre interessanti notizie dall’800 in avanti.
Nel 1843 l'estremità ovest dell'edificio viene adattata a convitto per le Suore della Carità di San Vincenzo, impiegate all'interno dell'ospedale. La ristrutturazione viene affidata all'architetto di corte Nicola Bettoli.  Maria Luigia intervenne, a spese del suo erario personale, per fornire il riscaldamento delle corsie ospedaliere All'inizio del XX° secolo l'Ospedale Maggiore ospitava in media circa 450 ammalati e nel 1904 iniziano gli studi preparatori per la realizzazione di un nuovo Ospedale Maggiore.  Nel 1909 la Soprintendenza ai Monumenti applica un vincolo conservativo.  Il 23 Agosto 1926 si compie il trasferimento nel nuovo ospedale in località Prati di Valera.   Furono costruiti 18 padiglioni per ospitare le diverse attività ospedaliere e universitarie. Ad essi si aggiunsero altri quattro veri e propri presidi ospedalieri esterni: lo “Stuard”, l’ “Ugolino”, il “Vighi” e il “Rasori” (sanatorio). L’ospedale prese il nome di Ospedale civile di Parma.
L'amministrazione degli Ospizi Civili pone in vendita tutto il complesso, che comincia così ad essere denominato, contrapposto al nuovo, “Ospedale Vecchio”.  Nel 1928, viene acquistato dal Comune di Parma e da questo momento l'edificio venne utilizzato per diversi scopi: deposito militare, sede dell'Archivio di Stato (dal 1948, dopo il bombardamento della Pilotta), magazzino comunale, abitazioni di famiglie di sfollati e non abbienti, sede di circoli politici e ricreativi, biblioteche ed archivi comunali.



 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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