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Dal sito ufficiale Istituzionale degli Archivi Storici Comunali Toscani
http://ast.sns.it/index.php?id=show_ca&type=CA&ast_id=Poppi_preunitario_CA_07_OperadegliospedalidiPoppi_01
L’Opera degli ospedali di Poppi amministrava e gestiva tre ospedali: quello di Santa Maria della Misericordia situato in Poppi il più grande e il più importante, quello di Santa Maria a Roiesine, che si trovava a Ponte a Poppi e che era soprattutto un ospizio per i viandanti e quello dei Santissimi Lazzaro e Donnino detto la Magione. La prima riforma che si occupa espressamente dell’”Opera degli spedali” è quella del 1466, dove per la prima volta si tratta dell’ufficio degli “operai”, della loro elezione e dei loro compiti.
Da questa sappiamo anche che era stata una Bolla papale, concessa espressamente al comune di Poppi, a dettare le regole del governo dell’Opera, che era affidato a una gestione comune della chiesa e della comunità; la chiesa era rappresentata dal guardiano del convento di Certomondo e la comunità da due “operai” tratti da una borsa apposita.
L’intervento del papa era stato causato dai forti contrasti che si erano manifestati tra il piovano della chiesa di San Marco e la comunità per il controllo degli ospedali. Dal primo registro delle deliberazioni dei mesi di settembre-
Da questo momento non si hanno più notizie sugli ospedali fino al 18 marzo del 1452, quando il consiglio elesse lo spedalingo degli ospedali e deliberò sull’elezione degli “operai” e sulle loro competenze, gli operai dovevano essere due, eletti uno dal comune di Poppi dentro e uno da quello di Poppi fuori con “autorità di allogare riscuotere e ritenere ogni possessione rendita et fructi per qualunque ragione (…) e di tempo in tempo spendere in funzione e sussidio dei poveri mendicanti e nei tempi dati abbisognare (…) per riparazioni et conservatione di detti spedali e comperare letta et altre cose necessarie per detti spedali”.
La Bolla papale, che è, quindi, presumibilmente dei primi mesi del 1452 sembra accogliere le richieste della comunità, perché a capo dell’Opera insieme ai due “operai” troviamo infatti il guardiano del convento di Certomondo.
Nella riforma del 1466 gli “operai” erano ancora due, anche se ormai, dopo la separazione tra le due comunità, erano entrambi di Poppi dentro. Erano estratti da una borsa apposita alle kalende di giugno, insieme agli altri ufficiali della comunità, ma a differenza degli altri duravano in carica un anno. Come prima cosa, per una migliore gestione, i riformatori ordinavano che tutte le scritture “et maxime la detta bolla papale “ dovevano essere tenute in una cassetta con due serrature le cui chiavi dovevano essere custodite una dal guardiano e una dagli “operai”. Questi dovevano “tenere buon conto di tutte le tratte, frutti et proventi di detti spedali et quelle spendere (…) nel modo et forma come si contiene nella detta bolla et non possino detti “operai” dare, vendere, barattare cosa alcuna de’ loro propri e d’alcuno di detti spedali (…) et non possino accattare permutare (…) cosa alcuna mobile o immobile”. All’inizio del loro ufficio dovevano fare un inventario per mano del cancelliere della comunità di tutte le cose e masserizie “et manoscritti de libri, calici et paramenti et ogni altra reliqua” che appartenevano all’Opera e farlo sottoscrivere dal guardiano.
Essi avevano il compito di controllare e sistemare tutte le entrate anche quelle di biade, grani ecc, e di allogare e affittare i beni degli ospedali insieme al guardiano con contratti però non superiori a cinque e poi a tre anni.
Per quanto è possibile capire da un registro del 1569 erano gli operai che deliberavano la provvisione giornaliera che veniva data dal fattore dell’Opera direttamente agli ammalati; dal 1575, invece, tale cifra veniva data allo spedalingo che pensava alle loro spese.
Questa struttura amministrativa non subì variazioni per tutto il periodo mediceo; importanti novità si ebbero, invece, con le riforme leopoldine.
Qui si può aggiungere ancora che alle Opere pie veniva data, come alle comunità, l’autonomia amministrativa, con il limite però che non potessero alienare i loro “fondi, capitoli di beni stabili, luoghi di Monte, censi o crediti con le casse pubbliche” senza approvazione sovrana.
Veniva inoltre ordinato che tutti i beni stabili dovessero essere allivvellati o venduti secondo il giudizio degli amministratori e il ricavato dovesse essere reinvestito in Luoghi del Monte di Firenze.
Nel periodo francese soppressa l’Opera, l’ospedale di Poppi, divenuto ospizio civile, fu amministrato dal maire e da cinque amministratori. Dopo il ritorno dei Lorena nel 1816 fu deciso la restituzione dei beni alle “Cause pie” e, soppresso il demanio, fu creata un’”amministrazione dei beni ecclesiastici”.
L’ospedale di Santa Maria della Misericordia di Poppi, ritornato in possesso dei suoi beni, non ebbe più però un proprio organo collegiale di autogoverno, come mostra la serie delle deliberazioni che finisce con il 1814, ma un rettore controllato dal gonfaloniere e dal cancelliere. Nel 1833, con una notificazione, fu soppressa la Deputazione centrale sopra gli ospedali e furono formati dei dicasteri che assorbivano le funzioni della Deputazione.
Tutti gli ospedali furono divisi in due classi: regi e comunitativi. I rettori degli ospedali comunitativi dovevano essere eletti dal granduca, su una terna proposta dalla comunità, lo stesso i camerlinghi.
Tutti gli affari di questi ospedali erano sottoposti ai provveditori della Camera di sovrintendenza comunitativa con le funzioni che aveva svolto la Deputazione centrale degli ospedali.