SANSEPOLCRO Lebbrosario S. Lazzaro - Ospedali d'Italia

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SANSEPOLCRO Lebbrosario S. Lazzaro

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Il contenuto della scheda è tratto integralmente da: Malsani Lebbra e lebbrosi nel medioevo; Il lebbrosario di San Lazzaro presso Sansepolcro nei secoli XIII-XIV. Descrizione delle fonti per il periodo 1256-1394 - Andrea Czortek - quaderni di storia religiosa - 2012

Il primo documento attualmente noto circa l'esistenza del lebbrosario, indicato come amalatia e situato nel distretto di Sansepolcro nella località suburbana di Doglio risale all'8 luglio 1256.
Il lebbrosario è articolato in vari edifici, ed anche i riferimenti a maschi e femmine in maniera separata nella documentazione lasciano pensare a una loro separazione all'interno del lebbrosario.
Quella che vive a San Lazzaro è una comunità mista, composta cioè sia di uomini che di donne, sia di malati che di sani.
A capo della comunità del lebbrosario vi è un priore, a volte qualificato anche come rettore.
Scarse le informazioni sul numero dei componenti: nel 1317 vi sono almeno tredici persone, e cioè il priore, un converso, cinque converse e infette, quattro familiari, abitatori e lebbrosi, due lebbrose e familiari;
nel 1318 il numero sale a quattordici, per l'accoglienza di una nuova conversa. Nel 1319 vi sono almeno sei donne e sei uomini. Nel 1326 il nuovo priore riceve l'obbedienza di tre conversi e tre converse e di dodici familiares, di cui quattro donne, per cui la comunità si compone almeno di diciannove persone. Una dozzina di anni dopo, nel 1338, oltre al priore vivono nel lebbrosario almeno otto lebbrosi, quattro uomini e quattro donne, di cui uno qualificato come converso.
I lebbrosi non sono degli assistiti, ma dei membri di una comunità a carattere religioso che vivono in obbedienza e in povertà, partecipando alla vita della comunità alla quale donano i propri beni e dalla quale ricevono sostentamento; manca l'assunzione di un abito. Attraverso l'oblazione  i lebbrosi lasciano la condizione propriamente laicale per assumere una vera e propria forma di vita religiosa.
Pur vivendo in una condizione di povertà volontaria, i singoli lebbrosi possono gestire una pur piccola quantità di denaro personale, come lasciano intuire i lasciti testamentari.
Segregati dalla più ampia comunità sociale e reclusi in una struttura loro riservata, i lebbrosi non sono però dimenticati dalla pietà dei fedeli, che li beneficano con lasciti testamentari al pari di quei poveri volontari che sono i religiosi, uomini e donne, e di altri poveri involontari.
Anche i lebbrosi sono tra i pauperes Christi, il soccorso ai quali è in grado di aprire le porte del paradiso.
I documenti esaminati non contengono riferimenti a diritti di patronato o di controllo da parte di autorità pubbliche. Nel XIV secolo il lebbrosario si presenta come una struttura autonoma, con a capo un priore che svolge funzioni sia religiose che amministrative. Tale contesto muta progressivamente dalla fine del XIV secolo quando, nel 1392, il comune inserisce negli statuti, approvati due anni prima, l'obbligo di visita annuale sul lebbrosario di San Lazzaro, che a questa data cominciano a profilarsi come i principali enti ospedalieri e assistenziali tra i numerosi presenti a Sansepolcro.
È il segnale, questo, dell'accresciuto interesse di parte comunale verso il controllo delle strutture assistenziali, che giungerà a maturazione nel XV secolo, quando il lebbrosario sarà amministrato dal comune, attraverso  la cogestione della Fraternita di San Bartolomeo e della Società delle Laudi di Santa Maria Novella.


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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