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SORESINA Ospedale Robbiani in S. Croce

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Il contenuto della scheda è tratto integralmente da: Dall’Ospitale Santa Croce all’Ospedale Robbiani – Fondazione “Casa Robbiani per la maternità” – R. Cabrini, A. E. Cominetti, R. Vezzini – Edizioni il Galleggiante - 2009

Il 17 maggio 1582, il possidente soresinese Giovanni Antonio Valcarenghi – marito di Caterina Castellini, ma senza figli - disponeva con atto legale che, dopo la sua morte, la vasta casa di sua proprietà, attigua al piccolo Oratorio di Santa Croce, fosse adibita ad ospedale per i poveri del paese. Alla moglie sarebbe rimasto il diritto di abitarne una parte "vita natural durante".
Al notaio Bernardino Ghisolfi, cremonese, che rogava l'atto ed era designato esecutore testamentario, il prudente Giovanni Antonio raccomandava di affidare la gestione dell'ospedale ai confratelli della Dottrina Cristiana, che da qualche anno avevano cura di alcune persone "miserabili", alloggiate in un'ala della stessa sua proprietà, già chiamata "casa dei poveri".
Gli appartenenti alla Confraternita della Dottrina Cristiana erano laici benestanti: pur vivendo ciascuno nella propria famiglia, costituivano un sodalizio religioso approvato dall'autorità ecclesiastica e posto al servizio della parrocchia.
Disponendo di beni personali e di tempo libero, coadiuvavano i sacerdoti nell'insegnamento della dottrina cristiana ed assistevano i poveri e gli ammalati.
Dopo la morte del benemerito Giovanni Antonio Valcarenghi, furono dunque questi generosi borghesi i gestori del primo nucleo dell'"Ospitale Santa Croce". Più che un nosocomio attrezzato che potesse accogliere ed assistere molti ammalati, era una specie di ambulatorio e un dispensario di viveri e di medicinali. Aveva pochi letti e un solo infermiere, un certo Giovanni Battista Piola, ricompensato soltanto con vitto, alloggio e vestito. Però, gli ammalati che vi ricorrevano potevano essere visitati dal medico della Comunità, stipendiato dal feudatario.
Il Vescovo di Cremona, cui spettava dovere di sorvegliare su tutte le attività assistenziali operanti nelle parrocchie della diocesi, permetteva che una volta al mese l'infermiere passasse di casa in casa per raccogliere elemosine per ammalati dell'ospedale e, in caso di necessità, questuasse sulla Piazza Maggiore del paese durante il mercato del lunedì.
I generosi soresinesi non mancarono mai di sostenere con denaro, generi alimentari e lasciti testamentari la benemerita istituzione, seguendo l'esempio del feudatario, il nobile Lodovico Barbò che già dal 1589 aveva beneficato l'ospedale con un legato perpetuo di 200 scudi ogni anno.
Nel 1600, a circa diciotto anni dalla sua fondazione, l'Ospitale Santa Croce aveva un suo Consiglio di Amministrazione presieduto dal Priore della Dottrina Cristiana, un "tesoriero", disponeva di beni immobili e poteva garantire un'assistenza costante ed efficace agli ammalati del paese. Il 27 settembre 1600, il vescovo di Cremona Cesare Speciano visitò l'Ospitale e consigliò di separare gli uomini dalle donne e di collocarne i letti in due stanze diverse.
Nel corso del Seicento l'ospedale continuò la sua benemerita attività e poté anche migliorare la sua struttura architettonica. Fu ampliato con la costruzione di tre corpi di fabbrica.
Nella seconda metà del secolo XVII, la chiesa di Santa Croce ospitò la Confraternita dell'Orazione e della Morte i cui membri si erano distinti negli anni tragici della peste collaborando con l'ospedale sia nel soccorso degli ammalati ricoverati nella vasta navata della chiesa sia provvedendo alla sepoltura dei numerosi defunti. Nella seconda metà del secolo, la benemerita Confraternita ebbe la sua sede ufficiale per molti anni nella stessa chiesa dell'ospedale.
L'Ospitale Santa Croce, oltre all'assistenza degli ammalati poveri del paese, in occasione di eventi bellici fece fronte alla cura di soldati feriti. Nel 1705, nei mesi di luglio ed agosto, accolse i feriti nelle battaglie combattute ai Tredici Ponti di Genivolta fra le truppe francesi del generale Vandome e quelle imperiali del principe Eugenio di Savoia. Nel 1734-35, collaborò  con le autorità militari del Re di Sardegna nel soccorrere i più di cento soldati feriti giunti a Soresina dopo la battaglia di Guastalla.
Nel corso del XVIII secolo, si affiancò all'Ospedale Santa Croce un'altra benefica fondazione, anch'essa chiamata "Ospitale", ma rivolta soltanto all'accoglienza dei pellegrini di passaggio da Soresina e al ricovero delle fanciulle rimaste orfane dei genitori alle quali, a suo tempo, procurava la dote per il matrimonio. Era gestita dagli iscritti alla numerosa e ricca Confraternita intitolata a San Rocco, il santo pellegrino di Montpellier.
Fatto di rilievo nella storia dell'Ospitale Santa Croce fu nel 1786 l'intervento autoritario del Governo austriaco. Attuando una politica accentratrice secondo i principi del giurisdizionalismo illuminista, sottrasse l'amministrazione dell'ente alla Confraternita della Dottrina Cristiana che fu soppressa con decreto imperiale e la affidò a una Commissione laica provvisoria. Questa doveva, nel frattempo, promuovere la costituzione di una "Compagnia della Carità del Prossimo". Contrasti vivaci fra l'autorità religiosa e quella civile non permisero la formazione della nuova Compagnia e pertanto dell'amministrazione finanziaria dell'ente si occupò una "Congregazione di Carità", istituita dall'autorità comunale. Dal 1760 disponeva di venticinque letti.
Nella prima metà dell'Ottocento due eventi di rilievo emersero dalla cronaca ordinaria dell'ospedale. Nel 1844, l'architetto Carlo Visioli riordinò le strutture dell'ospedale: ne ampliò le camerate di degenza e costruì nuovi ambienti. L'ospedale rinnovato poté disporre di circa quaranta letti, di un'attrezzata sala di chirurgia, di nuovi ambienti per la farmacia, il guardaroba ed i servizi.
L'altro evento di rilievo si realizzò il 21 giugno 1849. Dopo opportune trattative, alcune Suore dell'Istituto di Carità di Maria Bambina si trasferirono da Lovere (BG) a Soresina, per assistere gli ammalati, dirigere il personale di servizio e provvedere alla pulizia e al decoro della chiesa annessa. Anche la laica Congregazione di Carità aveva avvertito la necessità di offrire ai degenti le cure affettuose e disinteressate di religiose votate al servizio del prossimo.
Una di esse, Suor Felice Bonotti, nell'estate del 1867, durante una delle ricorrenti epidemie di colera, si distinse nell'assistenza ai malati infetti e rimase con loro segregata per alcuni mesi nel "Lazzaretto", che l'Amministrazione comunale aveva costruito fuori dell'abitato.
Alla fine del secolo, il dottor Carlo Pezzini, aveva prospettato un rinnovamento radicale nella conduzione dell'ospedale, così come appare nella "Relazione" a stampa pubblicata dalla Tipografia Rossi di Soresina nel 1894. In un'altra "Relazione", redatta nel 1909, il dinamico direttore auspicava la separazione del reparto di medicina da quello di chirurgia ed insisteva sulla necessità di isolare anche le donne, affette da tubercolosi, come già era stato fatto per i maschi, in un ambiente idoneo e che permettesse una pur limitata deambulazione. Un'altra esigenza di indispensabile servizio sanitario, più volte evidenziata dal dottor Pezzini, fu soddisfatta nel 1911 dalla generosità dei fratelli Lazzaro ed ing. Amilcare Robbiani. Per onorare la memoria dei loro genitori, essi sostennero finanziariamente la realizzazione e la gestione di un più moderno ambulatorio per i poveri di Soresina, che fu denominato "Ambulatorio medico-chirurgico Giuseppe Robbiani e Cerca Giacomina Piazzi".
Dall'ottobre del 1915 e negli anni di guerra seguenti fu allestito un Ospedale Militare di Riserva nei locali del Ricovero Zucchi-Falcina che funzionò ininterrottamente fino al 31 dicembre 1918; il numero complessivo dei soldati ricoverati durante il periodo della guerra fu di oltre 4.400.
Terminato il conflitto mondiale, l'Ospedale Santa Croce ritrovò i suoi problemi, inoltre  si era aggravato il problema dell'assistenza ai malati di tubercolosi. Probabilmente, fu lo stesso dottor Pezzini che indusse la soresinese signora Giuseppina Guida vedova Rezzonico (deceduta nel 1921) a destinare le sue cospicue sostanze finanziarie ed immobiliari alla fondazione di un'Opera Pia che provvedesse al ricovero dei contagiati dalla malattia nei tubercolosari pubblici e all'educazione, in collegi appositi, dei fanciulli ciechi e sordomuti di famiglie povere. Però, rimaneva ancora urgente l'esigenza di trovare un ambiente nuovo, che garantisse ai malati di tubercolosi l'isolamento necessario e cure mediche specifiche.  Il dottor Pezzini spirò dopo breve malattia l'11 agosto 1928.
Nel 1930, la generosità dei coniugi Romeo e Maria Bortolotti rese possibile la realizzazione di un desiderio che sempre aveva assillato la mente e il cuore del compianto dottor Carlo Pezzini. Per onorare la memoria dei loro giovani figli Ezio ed Attilio, deceduti entrambi a breve distanza di anni per infezione polmonare, essi si impegnarono a sostenere l'intero onere finanziario necessario per la costruzione di un "Padiglione antitubercolare" annesso all'Ospedale Santa Croce. Il nuovo Padiglione disponeva di venti letti: dieci per il reparto femminile e dieci per quello maschile, collocati rispettivamente al primo e al secondo piano dell'edificio. Era stato costruito secondo criteri tecnico igienici ed era dotato di attrezzature sanitarie di ottima qualità. Il vecchio stabile dell'ospedale si arricchì, intanto, di nuove costruzioni ove trovarono idonea sistemazione i servizi di lavanderia e i nuovi richiesti "Bagni Pubblici". Altre migliorie furono attuate nelle sale di degenza così che il complesso ospedaliero di Soresina poté disporre nei suoi tre reparti di Medicina, Chirurgia e Padiglione antitubercolare di complessivi 120 letti.
Il 1 dicembre 1949 fu eretto in Ente Morale e ne fu approvato lo Statuto organico.
Negli anni del secondo dopoguerra, la cospicua eredità finanziaria ed immobiliare lasciata all'Ospedale Santa Croce dal Commendatore ing. Amilcare Robbiani, l'avvedutezza del nuovo Consiglio di Amministrazione dell'Ente e una serie di avvenimenti favorevoli resero possibile la ristrutturazione generale e l'ampliamento del complesso ospedaliero, che già aveva assunto per Decreto ministeriale la denominazione "Ospedale Robbiani in Santa Croce".
I lavori incominciarono nell'estate del 1952 e prevedevano la divisione degli interventi in tre lotti distinti per non condizionare eccessivamente l'efficienza sanitaria dell'ospedale.
Con il primo lotto si provvide alla ristrutturazione dei locali dell'ex filanda Robbiani nei quali trovarono sede la "Casa Robbiani per la maternità", dotata di 25 posti letto, gli uffici amministrativi, l'archivio ed alcuni servizi comunali;
si costruirono ex novo l'ingresso dell'ospedale e lo scalone di accesso alla Maternità e ai nuovi reparti di chirurgia e di medicina. Il 28 marzo 1954 fu possibile inaugurare il nuovo "Ospedale Robbiani in Santa Croce", realizzato nelle sue strutture principali e funzionante nei suoi reparti. Nel 1956 furono completati i lavori del primo lotto e subito iniziarono quelli di un secondo ciclo di realizzazione (1956-58) che interessarono la facciata dell'ospedale e la sistemazione a giardino dell'area antistante. Nel 1962 fu allestita una nuova sala operatoria e rinnovate le attrezzature del reparto di chirurgia. L'inaugurazione avvenne il 14 ottobre 1962.
Un terzo lotto di lavori fu avviato nel 1965 per la costruzione dell'edificio a due piani nel quale furono sistemati il reparto di Radiologia e il Laboratorio di analisi.
Altri lavori di ampliamento e di necessaria manutenzione furono eseguiti negli anni 1968-70 (ampliamento della Maternità Robbiani) e nel 1972-73 (rifacimento dei servizi di lavanderia, stireria e guardaroba).
In questi anni venne purtroppo a mancare la preziosa assistenza delle Suore; per sopraggiunte difficoltà di gestione e per scarsità di personale qualificato la Direzione Generale dell'Istituto di Maria Bambina fu costretta a richiamare in sede le Suore che lasciarono Soresina il 25 marzo 1966. Negli ultimi decenni, le sorti dell’ospedale furono segnate dal variare della normativa in materia di politica sanitaria.
Con la Legge di salvaguardia del Piano Sanitario della Regione Lombardia (L.R. 3.9.74 nº 55) si attuò la fusione dell'Ospedale Robbiani in Santa Croce di Soresina con l'Ospedale Civile Opera Pia Santi Latino e Giacomo di Castelleone. Nel 1981, 1 maggio, per effetto della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (1.833/78) e con la creazione delle Unità Socio-Sanitarie Locali, i due ospedali vennero di nuovo separati e Soresina fu aggregata all'U.S.S.L. n.  51 di Cremona. L’11 gennaio 1995, per effetto della L.R. 28/15.9.93, Ridefinizione degli ambiti territoriali delle U.S.S.L., venne istituita l'U.S.S.L. 23 di Cremona che comprendeva il Presidio Ospedaliero di Soresina.
Infine, il 1 gennaio 1998 per effetto del D.C.R. 18 novembre 1997 venne istituita l'Azienda Ospedaliera Ospedale Maggiore di Crema cui afferisce l'Ospedale Robbiani di Soresina.
Così, progressivamente, il Robbiani vide impoverirsi le sue risorse umane e chiudere i vari reparti, salvando in ultimo solo una trentina di posti per gli Acuti di medicina sistemati nell'ex reparto di Maternità che aveva chiuso i battenti nel 1990;  ha funzionato fino al 2008. La definitiva chiusura dei reparti dell'Ospedale sta facendo maturare un ambizioso progetto accanto agli attuali interventi nel campo dell'assistenza all'infanzia, per gli alunni stranieri e dell'assistenza al C.D.D. (Centro Diurno dell'alfabetizzazione Disabili ex C.S.E., Centro Socio Educativo). Il progetto "Dopo di noi" in fase di studio avrebbe senz'altro la convinta approvazione dell'ing. Robbiani.


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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