ADRIA Ospedale della Panarella - Ospedali d'Italia

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ADRIA Ospedale della Panarella

Ospedali Nord est > Regione Veneto > Rovigo e provincia

Il contenuto della scheda è tratto integralmente dal testo: Et Vada alla bona ventura Trecento anni di storia dell’Ospedale civile di Adria Giuseppe Pastega – Apogeo editore 2006.
Ringrazio la casa Editrice per l’autorizzazione all’uso dei contenutio riportati.
Non facile il compito di estrapolare una scheda riassuntiva dal lavoro minuzioso del Pastega che, spero, non me ne vorrà. Gli adriesi, a parere mio, dovrebbero leggere questo volume in quanto molto ricco e particolareggiato di storia locale e non solo ospedaliera.

Il 15 agosto 1634 la ricca vedova Hieronima (o Gerolima) Arcibolda in Panarella, con numerose proprietà in Adria e nel territorio di Panarella, lascia per testamento, con vari legati e vincoli provenienti da due matrimoni, il suo patrimonio ai parenti più stretti. Qualora però si dovesse estinguere la casata, esplicitamente impone che i suoi beni, che nel frattempo non possono essere né venduti né impegnati, vengano destinati all'erezione di un ospedale nella sua casa domenicale di Panarella, nel quale "...abbia da essere sufragati li poveri infermi della città di Adria e territorio, et non si abbia a ricevere alla volta più che sette, et come sarà guariti vadi alla bona ventura, perché conoscio che le intrade non pole de più havendo da tenere la servitù che li governi, ma che sia persone nette, e che non habbia di quei certi mali per sua causa che di quella marcanzia non intendo che sia nel numero de' poverini".
Occorre subito sottolineare che la testatrice pensa non tanto ad un ospizio-ricovero occasionale per viandanti e pellegrini, ma ad un luogo dove accogliere e curare gli infermi "poveri" del territorio, fino a rimetterli in grado di riprendere la loro vita normale. Insomma l'Ospedale della Panarella, pur limitato a sette posti, con l'esclusione, più per ragioni morali che mediche, degli incurabili con specifico riferimento al "mal francese" e simili malattie veneree, e benché non si allontani dal sistema filantropico-caritativo dell'epoca, proprio perché destinato a poveri ammalati, è concepito fin dalle sue origini, a differenza di moltissimi altri, come luogo di diagnosi e cura.
Tornando al testamento di Gerolima Panarella, stabilisce che esecutori testamentari siano i tre più importanti rappresentanti del potere pubblico di Adria: il Podestà e Capitano, nominato annualmente dal Doge, e gli illustri Governatore e Sindaco della città.  Il testamento viene pubblicato il 29 ottobre 1637.
La "Commissaria Panarella" non ha vita facile tanto che, una volta estinta la linea di successione diretta di Gerolima Panarella, per quasi sessant'anni gli sforzi per ottenere l'apertura dell'Ospedale risultano notevoli e vani.
Poi finalmente tutto sembra andare in porto: nella piazza della Cattedrale in Castello, dove sono concentrati tutti gli edifici di governo della Comunità e quelli religiosi, trova sede in uno degli edifici appartenenti a Gerolima Panarella "l'Ospedale dei Poveri con orologio". Il 15 luglio 1694 vengono  emanati i "Capitoli per il governo dell'Ospedale di Adria". Si tratta di un lungo e minuzioso regolamento del funzionamento dell'Ospedale da cui si ricavano anche alcune informazioni sul lungo e tormentato iter dell'istituzione: "Erettosi finalmente a gloria di Dio, e per special gratia del Veneratissimo Maggior Consiglio (di Venezia) in questa città di Adria l'Ospedale ordinato dal testamento della quondam sig.a Arcibolda Panarella a beneficio di sette poveri infermi". Dovendo accogliere sette poveri infermi, i Commissari possono includere nel numero "due Done da esser però collocate nella Camera ove sono due letti separata dal Dormitorio grande". Essendo l'incarico di custode conferito ad un uomo, "debba in tal caso questi esser maritato, o aver madre, figlia o sorella o altra strettamente congiunta, che possa governar le suddette due Done".
Il Custode o la Custode dovranno assistere gli infermi con carità "in tutti i loro bisogni tanto di giorno quanto di notte, tenendoli al possibile netti e mutati di Biancheria, farli li letti", tener pulito tutto l'Ospedale, cucinare, assistere sempre personalmente "al chirurgo et al medico quando visiteranno per portare poi sollecitamente il libro de medicamenti alle speziarie" stando ben attenti che gli infermi "siano [...] medicinati e cibati con tutta puntualità".
Debbono inoltre vigilare che siano somministrati i sacramenti "quando doverà, e raccomandata l'anima". In caso di morte provvederanno a far seppellire nel cimitero che sarà "destinato [...] nell'Ospedale", senza alcuna spesa superflua quando i parenti del defunto non volessero seppellirlo altrove. Hanno anche l'obbligo di scopare, pulire e governare "la chiesuola, e sagrestia, sonar, servir o far servir la Messa" e lavare la biancheria per gli infermi.
Il custode deve tenere un inventario di tutti i mobili ed utensili sia dell'Ospedale che della chiesetta e sacrestia, "non servirsi d'alcuno di essi in suo uso"; non "straciar" biancheria o altro senza il permesso dei Commissari, i quali dovranno essere avvisati per lo scarico dall'inventario del materiale consumato o usurato. E' proibito dare a prestito perfino ai Commissari ciò che appartiene all'ospedale "in pena d'esser privato della caricha", ma possa "esso infermier haver altri impieghi, o carichi fuori dell'ospedale". Il custode dovrà provvedere all'acquisto quotidiano di quanto occorre "per alimentare i ricoverati con il denaro che gli sarà dato mensilmente dai commissari, i quali terranno un libro dove saranno annotate le somme erogate e le spese fatte, per cui il custode ogni mese "renderà minuto conto alli detti sigg. Commissari", che provvederanno al saldo sottoscrivendo le polizze (note spese).
Agli infermi devono essere fornite ogni giorno otto once (circa 240 g.) di carne o nei giorni di magro "quattro ovi" cadauno, una "scudella" di minestra di riso o orzo e la sera una scodella di brodo o di "panada", tre soldi di pane e tre scodelle di vino, due la mattina e l'altra la sera. Agli infermi con febbre o mali gravi saranno somministrati solo "panadelle, brodi, ovi freschi e ciò che ordinerà il medico". I Commissari provvederanno all'acquisto di vino, "oglio per li ferali e lanterne, facendo far il vino nella caneva dell'ospedale, allungandolo con un terzo di acqua o come stimeranno meglio".  Acquisteranno la provvista di legna per tutto l’anno, come anco di riso et orzo per avere il maggior vantaggio possibile nel prezzo. Nell'Ospedale non possono essere ricoverati infermi con mali incurabili. Il medico visiterà per l'ammissione e dovrà "farli fede giurata che non habino simili mali, ne mal francese espressamente proibito dalla testatrice e che non stano leprosi, scabiosi, etici, tisici, fatti idropici, ne meno done gravide e simili". Le fedi mediche saranno stampate secondo un preciso modulo diviso in tre parti […].
Al momento del ricovero il custode spoglierà l'infermo, lo muterà di "camissia ponendolo nel suo letto, lo farà confessare al più presto e comunicare dal curato della Cattedrale, il quale per assistere spiritualmente gli infermi dell'ospedale e accompagnarli alla sepoltura avrà quattro ducati l'anno. Terrà un libro nel quale registrerà l'ingresso dell'infermo con nome cognome e luogo di provenienza, le cose indossate o portate seco. Il tutto rimarrà in custodia in un armadio con sette ripiani, tanti quanti sono i ricoverati. Gli effetti personali saranno restituiti all'infermo al momento della dimissione, registrando il tutto. In caso di morte la restituzione sarà fatta ai parenti o, se non ve ne fossero, gli effetti dovranno essere venduti: col ricavato i Commissari dovranno "farli tanto bene per l'anima sua. Se a un ricoverato verrà portato qualcosa, la riceverà il custode che gliela razionerà a tempo opportuno.
Assisterà i Commissari quando si recheranno all'Ospedale, dovrà tenere il Bossolo e darli le Bale" quando voteranno su qualche decisione. Per finire, il custode, riceverà trenta ducati all'anno di salario in tre rate ogni quattro mesi. Abiterà nell'Ospedale, nelle camere destinategli con l'uso della cucina, "in cui possa cucinar per se stesso, quando cucinerà per gli Amalati"; in più avrà ogni anno una "meza" di vino e le graspe del vino prodotto per gli infermi.
In caso di sua malattia o della moglie o di altra aiutante femmina, gli saranno pagati i  medicinali e fruirà delle visite mediche. Quando si laveranno i "drappi" dell'ospedale potrà lavare anche i suoi.
Gli infermi per volontà della testatrice saranno sia di Adria che del territorio di Corbola Veneta. Poiché i medici di Adria non hanno l'obbligo di visitare nel territorio extracittadino, tutti i ricoverati, compresi anche i non adriesi, avranno diritto di essere assistiti e curati. Pertanto uno dei medici visiterà i ricoverati due volte al giorno ed esaminerà gli esterni prima che siano accettati. Il salario del medico sarà di dieci ducati all'anno, pagati di sei mesi in sei mesi. All'ospedale è destinato anche un chirurgo con l'obbligo di visita e di "medicar gli infermi" due volte al giorno e con l'identico salario di dieci ducati. La cassa per l'avvenire sarà custodita da un tesoriere, mentre due dei Commissari, il Governatore e il Sindaco, terranno una chiave ciascuno "con opere (serrature) diverse". Il tesoriere riscuoterà le entrate, pagherà i mandati […].
L’Ospedale consta di due camere, una grande (dormitorio maschile) ed una più piccola, una cucina, l'alloggio per il custode di almeno altre due camere, una cappella con sacrestia, una cantina per preparare il vino e conservarlo, alcune adiacenze, una corte interna e, presumibilmente in un primo momento, un piccolo cimitero.
L'istituzione, pur nata dalla profonda religiosità di Gerolima Panarella e mantenendo i caratteri dell'assistenza caritativa del tempo nei confronti dei poveri, si contigua subito come ente pubblico affidato ad una Commissaria cittadina, laica e autonoma anche se formata dai più alti vertici amministrativi, sulla quale il Vescovo esercita una generica sorveglianza.
Figura centrale  è il custode, vero factotum del Luogo Pio: custode, infermiere, responsabile dell'igiene, cuoco, economo (sa leggere, scrivere e far di conto), svolge tutte le mansioni necessarie per il funzionamento quotidiano, provvedendo perfino ai pagamenti spiccioli e al rendiconto mensile con il tesoriere e i Commissari. E' a capo in realtà di un'impresa familiare, essendo coadiuvato da almeno una parente stretta per la necessaria assistenza alle donne ricoverate, e gestisce l'intero ospedale con un orario continuato e un servizio che non prevede, a quanto pare, alcuna assenza, anche se, con una specie di assistenza sanitaria, ha diritto a cure mediche a carico dell'Ospedale stesso in caso di malattia sua o della collaboratrice. Non si capisce con un simile carico di lavoro come possa essere autorizzato ad avere altri impieghi fuori dell'ospedale. E' nominato a vita e quindi rappresenta un dato di continuità per l'Ospedale, mentre i Commissari e i Medici sono legati alle scadenze dei loro incarichi e cambiano spesso. Dal 700 è possibile ricostruire la vita e la progressiva trasformazione, ormai lungo tre secoli, di quello che diventerà l'attuale Ospedale Civile. La documentazione non è sempre completa, ma consente di sottolineare alcuni momenti delle sue vicende e soprattutto la continuità tra l'antico Ospedale e l'attuale. A volte si tratta di interventi amministrativi e modifiche di tipo regolamentare, a volte di documentazioni sul funzionamento, altre volte delle profonde, radicali trasformazioni subite.  Il 6 giugno 1705 il Podestà e Capitano di Rovigo promulga gli "Ordini e regolazioni concernenti la buona Amministrazione;  nei Capitoli et ordini per l'Ospitale vengono introdotte alcune modifiche sulla gestione economica.
Dunque a soli undici anni dalla istituzione qualcosa non funziona al meglio, se il Podestà interviene così puntualmente. Forse c'è stato qualche disordine amministrativo, qualche cresta sulle spese e il funzionario veneziano interviene con ordini precisi. Ma in questa occasione veniamo a sapere che le entrate dell'Ospedale sono superiori alle uscite. La proibizione di spendere il denaro del Pio Luogo per lavori di utilità pubblica,  conferma da un lato il tentativo dell'Amministrazione civica, a corto di denari, di utilizzare beni di un'altra istituzione cittadina, ma dall'altro sottolinea il riconoscimento dell'autonomia amministrativa dell'Ospedale stesso, soggetto solo alle leggi di Sanità della Serenissima. Il 20 dicembre 1708 viene stesa un scrittura  nella quale si afferma, con qualche esagerazione, che le rendite della Commissaria "sono appena sufficienti per il sostentamento dell'Ospitale istituito dalla testatrice".
Poco più di un decennio dopo viene evidenziato un momento di difficoltà amministrativa, cui si cerca un rimedio per tenere aperto l'Ospedale. Il 30 dicembre 1720 i Commissari,  stabiliscono che, con il denaro in cassa  potrà servire "per li prossimi anni tre [...] nel sostentamento degli infermi e nel pagare i salariati".
Lo speziale "all'insegna della Vecchia" ha offerto di fornire i medicamenti a credito e di essere saldato quando al Pio Ospedale saranno pagati gli interessi. In questa occasione si stabilisce di dare avviso agli altri speziali interessati: se accetteranno di fornire i medicamenti alle stesse condizioni verranno attuati turni di quattro mesi, altrimenti sarà privilegiata la sola farmacia che ha fatto l'offerta. Nonostante la difficile situazione economica l'Ospedale continua a funzionare, ma è spesso condizionato dalla riscossione, a volte non facile, di crediti di affitto, livelli e prestiti a istituzioni o privati. In alcuni casi deve intervenire l'autorità pubblica per garantire o imporre i pagamenti.
Il 22 maggio 1737 il Podestà  emette un proclama contro gli insolventi nei confronti del "Pio Ospitale. Si tratta di una somma complessiva consistente che va riscossa con urgenza per "mantener il pio Luogo per la cura de' poveri infermi".  La situazione economica si fa presto pesante.  Il numero dei letti destinati agli infermi viene ridotto a quattro (decreto del 14 marzo 1759), per poter "con tal economia" riportare in piena funzione il Luogo Pio e consentirgli di adempiere al mandato della testatrice. Il momento difficile però impone ulteriori economie.  Le ristrettezze economiche dunque, che non sembrano toccare solo l'Ospedale, portano addirittura a diminuire il numero dei posti letto, mentre i bisogni di assistenza alla popolazione vanno aumentando, anziché diminuire, e le turbe dei mendicanti, tra i quali molti ammalati, si affollano numerose presso le porte delle chiese, dei monasteri, dei luoghi pii o anche nelle taverne. Il fenomeno, che si presenta durante tutto il secolo nei territori della Serenissima come in quasi tutti gli stati italiani ed europei, a volte è affrontato con durezza. Un proclama dei Provveditori alla Sanità del 4 settembre 1734, dopo aver riconosciuto il meritorio intervento dei Pii Istituti e delle organizzazioni religiose a favore dei poveri locali che vanno appunto aumentando sempre più, stabilisce il bando perpetuo da Venezia e da tutte le città per "Pitochi, Questuanti, e Birbanti di ogni sorta, età e sesso Forestieri". I fermati, se trovati abili, saranno messi al remo sulle galere, quelli di età minore verranno assegnati come mozzi  sulle navi "onde abbiano loro malgrado a vivere affaticando [...]. I vecchi, maschi e femmine, infermi ed impotenti saranno detenuti in carcere a Biscoto, et acqua". Quelle invece, che sotto apparenza di questuare "fanno di sé licenziosa comparsa, e s'abbandonano alle maggiori iniquità saranno condannate irrimediabilmente alla Berlina et alla Frusta".
Il quadro generale della povertà durante il '700 è drammatico e desolante, perciò fa specie vedere che anche per i poveri di Adria e del territorio, assistiti sia pure in numero così ridotto se veramente ammalati, le cose si complichino per ragioni economiche. L'amministrazione dell'Ospedale procede tra alti e bassi a seconda delle disponibilità di cassa. Talvolta, nonostante le ristrettezze, si provvede perfino ad aggiornare la retta.
La documentazione, che si è rarefatta nell'ultimo ventennio del Settecento, torna ad essere più intensa e significativa nei tumultuosi anni dell'epoca napoleonica. Con l'arrivo dei Francesi, che occupano il Polesine di Rovigo e di Adria nel 1797 soppressa la Municipalità del regime veneto, questa viene affidata alla Municipalità provvisoria repubblicana. Intanto l'Ospedale viene anche utilizzato come ambulatorio medico per gli occupanti francesi.
Tornati i Francesi nel 1801, dopo la vittoria di Marengo e il passaggio del Polesine alla repubblica Cisalpina, la vita dell'Ospedale diviene sempre più precaria.  Durante il periodo napoleonico che vede la soppressione di molti enti religiosi e la trasformazione degli Istituti Pii, anche l'Ospedale della Panarella subisce qualche contraccolpo.  A volte sembra sia stato chiuso o dismesso e destinato ad alloggio, altre volte, al contrario, sembra che l'Ospedale funzioni ancora. A questo punto l'ipotesi  che l'Ospedale venisse chiuso trova una qualche ragione, ma non completamente. Nell'organizzazione sanitaria data dai Francesi durante il Regno d'Italia il compito dell'assistenza ai bisognosi assunto dalla Congregazione di Carità, istituita nel 1806, si avvale della struttura e soprattutto dell'amministrazione e dei fondi dell'Ospedale Panarella, mantenendolo, almeno giuridicamente, in vita forse anche con l'intenzione di liquidarne a poco a poco i beni. In tutta questa situazione confusa si notano due comportamenti: da un lato si cerca di liquidare l'Ospedale, portando, ad esempio, al mercato alcuni utensili e altri oggetti per alienarli all'asta (9 luglio 1810), oppure facendone stimare dall'ingegnere civile un fondo con fabbricato, che di lì a poco viene messo all'asta; dall'altro lato si soddisfano tutti gli impegni del Testamento Panarella, mantenendo la cassa del "civico" Ospedale e i suoi amministratori, trattandosi non di un ente religioso come quelli che l'ordinamento napoleonico aveva soppresso, ma di una istituzione della città fondamentalmente laica e autonoma, pur con l'intitolazione di Luogo Pio. Tra il 1810 e il 1812 dunque è ipotizzabile la chiusura dell'Ospedale in quanto struttura sanitaria, sostituito dalla Congregazione di Carità con compiti anche più  ampi del solo ricovero e cura di sette infermi.
Con il ritorno degli Austriaci e l'occupazione del Lombardo-Veneto (1813) la situazione non cambia: la Congregazione di Carità continua a occuparsi dell'assistenza ai poveri e ai "miserabili infermi" e assume il controllo della gestione dei beni dell'Ospedale Panarella. Rimane però ancora in funzione la Commissaria Panarella, i cui amministratori continuano a gestire i beni superstiti con i relativi livelli, canoni, legati e crediti e a ricevere lasciti testamentari per l'Ospedale.  La mancanza dell'ospedale in Adria si fa sentire e presto le autorità competenti, anche avvalendosi delle disposizioni dell'art. 22 delle Istruzioni governative 28 giugno 1821 in materia di istituzioni di nuovi ospedali nelle città non capoluogo di provincia, iniziano ad operare per farlo rinascere.  Un dispaccio del 28 ottobre 1826 ordina alle autorità cittadine di "attivare un formal Ospitale in Adria combinandolo con i mezzi e con le altre circostanze proprie del Civico Luogo Pio della Commissaria Arcibolda".   Viene individuata, come sede, una casa di comproprietà tra Benvenuto Bocchi e il Luogo Pio, situata nell'isola in contrada S. Andrea di cui si dà un'accurata descrizione: al pianterreno una grande sala più due stanze da destinare a "custodi e serventi", al 1° piano una sala con camino, una cucina e due stanze da  destinare a infermerie; completa il tutto  un vasto granaio, un cortile, e alcune pertinenze comprendenti un canevone (vasta cantina) e una "Bugadaja" (lavanderia) in sufficiente stato e un piccolo piazzale scoperto.  Occorrono però numerosi lavori di adattamento e manutenzione.
Poiché le entrate del Pio Luogo sono però ritenute insufficienti, viene proposta "una commissione di sacerdoti ed altre persone probe del paese" che si adoperino per procurare elargizioni spontanee. La commissione sarà di nomina governativa, ma presieduta dall'Amministratore dell'Ospedale. Si propone inoltre di raccogliere offerte con apposite cassette nelle chiese del territorio e "all'apertura di teatri o spettacoli simili sia ingiunto di dare il prodotto di una serata o di una parte del ricavo dello spettacolo a favore dello stabilimento". La buona volontà è palese dal momento che si è  provveduto a stendere e ad approvare sia l'elenco delle spese di primo impianto, sia il Piano disciplinare-economico per il funzionamento dell'Ospedale.  Si richiama il testamento di Gerolima Panarella per fissare un limitato numero di ricoverati, quattro del comune di Adria e 1 del comune di Bellombra, si prevedono in aggiunta due "paganti" o dozzinanti. E' evidente cioè l'intenzione di qualificare il piccolo, piccolissimo ospedale come luogo di cura, finalizzato soprattutto alla guarigione del malato, a cui possono accedere volontariamente coloro che ritengano di poter essere meglio assistiti in una struttura organizzata allo scopo o anche ammalati di altri comuni, ricoverati a "dozzina".
In questo senso molto interessante risulta il "Metodo curativo degli infermi ricoverati". Dopo aver richiamato le formalità per l'ingresso, si stabilisce infatti che in un apposito registro vengano trascritti per ciascun ricoverato "la malattia, il di lei stadio, l'uso e l'effetto dei rimedi adoperati fuori dell'istituto, i sintomi etc.", mediante un'intervista al paziente da parte del medico per la compilazione di una vera e propria cartella clinica, che comprenda quindi le prescrizioni medicinali, almeno due visite giornaliere, di cui una serale, e le altre eventuali cure.
Molta attenzione viene prestata a norme di igiene generale, pulizia dei pavimenti quotidiana, cambio della biancheria da letto almeno una volta la settimana imbiancatura annuale di tutte le stanze.
Altrettanta attenzione viene dedicata alla descrizione di quattro diverse diete da applicare a seconda dei casi e al regolamento dell'accesso dei parenti per visitare gli ammalati, mentre "l'opera pietosa di visitare gli ammalati" è permessa a chiunque. Viene anche prevista una pianta organica degli operatori e del loro trattamento: 1 Direttore onorario che rappresenta "lo stabilimento"; Un Amministratore, pure onorario, cui è associata la commissione di probi cittadini proposta sopra per la ricerca dei finanziamenti; Cassiere "gratuito". Un Cappellano "direttore ordinario di coscienza dei ricoverati", compensato con £ 100 annue a differenza degli amministratori; un  medico, 1 chirurgo, 1 flebotomo, "scelti fra li condotti di concerto coll'autorità del Comune [...] senza alcun peso dell'Istituto". Due custodi (un maschio e una femmina) "che saranno combinati in un matrimonio", cui affidare la pulizia delle sale, della cucina e ogni servizio in genere, con la specificazione che "la femmina avrà la Direzione del bucato, l'uomo quella della Caneva". A loro viene anche riconosciuto l'alloggio gratuito, il vitto giornaliero "di I classe" più pane, riso e vino, legna per il riscaldamento e L 60 annue. Per quanto riguarda gli infermieri non viene specificato il numero, pur considerandone la presenza.
Di notevole modernità è la disposizione che il Direttore intervisti ogni mese gli ammalati sul trattamento e servizio da parte di amministratori, medici, custodi, infermieri ed effettui ispezioni saltuarie per controllare il funzionamento del luogo Pio: quasi una verifica della qualità! La verifica contabile invece deve avvenire ogni primo del mese.  Si prevedono anche i riconoscimenti da dare ai benefattori una lapide per coloro che offriranno almeno £ 100 annue.
Seguono anni di speranze e di continue riprese dell'organizzazione da dare all'erigendo Ospedale, che tuttavia non viene istituito.  Pur tenendo conto dei beni immobili ancora appartenenti al Pio Luogo, è evidente che le disponibilità sono ben lontane dal permetterne la realizzazione. Sembra una storia infinita! Gli anni passano, ma l'Ospedale non viene ancora realizzato, mentre i tentativi continuano. Il 31 maggio 1831 un Decreto governativo, n. 8128/404, ne approva finalmente l'istituzione formale. Questa volta tutto sembra procedere rapidamente, tanto che il 20 settembre dello stesso anno con un procedimento abbastanza complicato si procede all'asta per aggiudicazione dei lavori da eseguire per rendere funzionale e funzionante l'Ospedale.  Tutto risolto? Nemmeno questa volta.
Il 31 ottobre 1831 l'Imperial Regia Delegazione del Polesine ha verificato che "il locale designato, per l'istituzione di un Ospitale in Adria è inopportuno per la sua centralità, angusto ed insufficiente ai presumibili bisogni del Comune e troppo abbondante di miserabili. A seguito dell'ispezione si ordina di convocare il Consiglio Comunale per informarlo con chiarezza "onde intanto determini  di istituire l'Ospitale nell'ex locale del Convento de' Riformati, anziché nella casa in contrada S. Andrea.  Il Municipio provveda sollecitamente a compilare i fabbisogni di questa nuova scelta "così per l'acquisto del fondo, come pei necessari adattamenti". Il Comune però dovrà sostenere "tutto il di più della spesa a cui non potesse (far fronte) la Causa Pia coi suoi stessi mezzi" . In questa lunghissima vicenda si innesta per fortuna un nuovo attore, che contribuirà non poco a risolvere il problema dell'Ospedale di Adria. Il 12 ottobre 1833  muore Monsignor Carlo Pio Ravasi Vescovo di Adria. Il testamento, disposti alcuni vitalizi, nomina erede residuario l'Ospedale Panarella di Adria ("Voglia Dio benedire questa mia ultima volontà onde torni di vantaggio ai poveri ammalati dell'ospedale di Adria, erede universale delle mie facoltà e degnesi l'I.R. Governo di Venezia averla ben accetta, ed accelerare le operazioni di regola pel meglio dell'afflitta umanità bisognosa di essere accolta nel Pio stabilimento").  Pur con una serie di ulteriori complicazioni,  finalmente al 10 aprile 1843 il Vescovo Bernardo Squarcina diede la consolazione di farsi mecena per la istituzione dell’Ospitale". Gli adriesi concorrono con un contributo di £ austriache 4.000 raccolte in ventiquattro ore e i lavori iniziano. "Adria esulta".  "L'Ospitale va avanti mirabilmente" con il contributo di molti benefattori. Finalmente, e nonostante le non chiarite opposizioni delle autorità provinciali e la rivalità con Rovigo, l'Ospedale è compiuto e può riaprire. L’apertura del nuovo Ospedale avviene il 2 giugno 1844, domenica della SS. Trinità.  La solenne funzione è celebrata dal Vescovo Squarcina alla presenza del Delegato Provinciale per il Governo e di tutte le autorità locali.  Non vi sono molti documenti di questi primi anni, ma alcuni sono significativi. Dell'Atto di fondazione dello Spedale" datato 23 maggio 1844 abbiamo una copia eseguita nel 1870.  Viene fissato a 30 per ora il numero dei ricoverati assistiti a carico di vari enti: 12 per il Comune di Adria; 6 appartenenti al "Corpo delle Guardie Finanziali" e 12 per i 12 Comuni del Distretto di Adria,  di Loreo e di Ariano.  Per questi ultimi si sottolinea che "tornerà più conto di concorrere in Adria [...] che negli Spedali di Chioggia e di Venezia.
Si fissano in cent. 91 pro capite al giorno "le spese pel mantenimento e cura dei malati da attribuire al Comune di Adria, con un bonus di 2174 giornate di presenza a carico del Pio Luogo in base alle disposizioni testamentarie Panarella e alle disponibilità economiche. Le dozzine a carico dei "Comuni foresi" vengono fissate prendendo la cifra stabilita dall'ospedale di Rovigo per analogo servizio (£ 1,15 giornaliere pro capite), come pure le dozzine sostenute dal R. Erario per i "corpi da lui dipendenti". Viene anche presa in considerazione la retta da far pagare ai "privati", superando quindi il numero di 30 ricoverati, suggerendo di uniformarsi a quelle applicate dagli ospedali di Conegliano e di Asolo. La prima pianta organica è stabilita in:  Direttore "per ora gratuito"; un Amministratore "per ora gratuito"; uno "Scrittore contabile" con L 300 annue di onorario; un  Custode, portinaio, guardarobiere e "primo infermiere" con £ 400 annue; un Secondo Infermiere con il salario di £ 300 annue; un Infermiera con il salario di £ 300 annue (risulta straordinaria l'uguaglianza salariale uomo-donna che più tardi non sarà mantenuta per molto tempo).  Il servizio medico-chirurgico è affidato ai Condotti del Comune di Adria, nonché alle "mammane" (levatrici) comunali, tutti stipendiati dall'Amministrazione di Adria.
Il cappellano della parrocchia di S. Maria Assunta della Tomba presterà assistenza spirituale anche nell'Ospedale, poiché riceve "per l'assistenza dei poveri un'annua contribuzione dalla Comune". Per il Regolamento disciplinare si prende a modello quello dello "Spedale di Venezia [...] Istituto di massima importanza", redatto nel 1833, ma adeguato alle dimensioni del piccolo nosocomio di Adria. Di lì a poco il Dr. Gerolamo Casellato, per lunghi anni Direttore della Commissaria Panarella e primo Direttore del nuovo Ospedale, muore lasciando erede dei suoi beni il Pio Luogo. Il testamento è del 20 giugno 1842, ma l'inventario dei beni lasciati è del 6 febbraio 1846. Seguono gli avvisi di asta pubblica "per la vendita di alcuni oggetti preziosi ed oggetti di vestiario", nonché l'elenco di alcuni crediti che lo scomparso vantava nei confronti di cittadini adriesi. Purtroppo nel corso di tutta la seconda metà dell'Ottocento la documentazione sanitaria è quasi assente, mentre risulta più facile seguire le vicende economiche, a volte anche con ricchezza e minuzia di particolari. Nel frattempo i beni dell'Ospedale aumentano per elargizioni, secondo il costume dell'epoca, di vari benefattori. Non è infrequente infatti trovare la documentazione relativa a lasciti di beni mobili e/o immobili da parte di cittadini adriesi, che dimostrano il loro attaccamento alla rinnovata istituzione. Se la documentazione amministrativa dei beni dell'Ospedale è consistente e consente di ricostruirne la storia economica almeno per sommi capi, continuano a mancare invece notizie dettagliate sull'aspetto sanitario.
Una volta passato il Veneto all'Italia, una legge del 28 luglio 1867 estende alle province venete e a quella di Mantova la legge 3 agosto 1862 sull'amministrazione delle Opere Pie, legge che prevede che ciascuno di tali enti si dota di un regolamento interno. Lo Statuto previsto dalla suddetta legge viene approvato il 31 maggio 1871. Si tratta di 14 articoli utilissimi per conoscere la vita e l'organizzazione dell’Ospedale.
Esso è destinato ad accogliere e ricoverare "tutti quegli individui miserabili malati d'ambo i sessi" di Adria, delle comunità limitrofe, di altre province del regno "o di estero Stato [...] qualunque sia il genere di malattia da cui sono affetti, non escluse le  malattie contagiose quando possano essere curate in luoghi opportunamente separati".  La Pianta Organica, definita Servizio interno, è la prima volta che se ne parla direttamente, è costituita da (art. 6): un Custode anche "Registrante e Portinaio"; 1 Medico; 1 Chirurgo; 1 Farmacista; 2 Infermieri; 1 Infermiera; 1 Lavandaia; 1 Inserviente di cucina; 1 Facchino di lavanderia; 1 Barbiere; 2 Becchini.  Nello Statuto del 1871 non si accenna al cappellano ed alle Suore di Carità, che pure si erano installate in Adria dal 31 luglio 1864, "quattro all'Ospitale, e due alla Casa di Ricovero. Tutti i dipendenti sono pagati dall'Ospedale, tranne il Medico e il Chirurgo ancora "obbligati per patto col Comune" (art. 7) in quanto medici condotti e quindi non a pieno tempo al servizio dell' Ospedale. Dopo il regolamento del 1871 la documentazione continua a darci informazioni di tipo amministrativo, ma non mancano in qualche caso anche quelle sulle vicende più strettamente medico-sanitarie.  Abbiamo la testimonianza delle aste ripetute periodicamente per la fornitura del pane (il cui prezzo viene fissato di settimana in settimana dal calmiere del Municipio), del latte e della carne; per la fornitura dei medicinali da parte dei farmacisti locali.
Alla fine del secolo avvengono alcune importanti modifiche giuridico-normative. Il 23 maggio 1894 viene approvata la sua creazione in Ente Morale in base alle leggi sulle IPAB. Il 31 maggio 1896, di conseguenza, viene varato un Nuovo Statuto Organico dell'Ospedale di Adria. Il nuovo Statuto contempla anche la presenza delle Suore di Carità, cui è affidato il "servizio economico interno" con diritto ad "alloggio mobiliato, biancheria da letto, da mano, da tavola, da cucina, lumi, fuoco e bucato oltre al pagamento di un assegno mensile. E’ contemplata la figura della Superiora alla quale spetta sorvegliare il buon andamento generale dell'Ospedale e applicare il regolamento disciplinare del personale ausiliario. Una suora è addetta alla cucina e due esclusivamente alle sale degli infermi con funzioni di fatto di caposala.
Gli infermieri prestano assistenza generale e generica agli ammalati. Il loro servizio è stabilito dal Direttore Sanitario in accordo con la Superiora "in guisa che ogni infermiere possa pernottare qualche notte fuori dall'Ospedale". Ogni tre mesi vengono classificati dal Direttore Sanitario e dopo un anno di "lode" non possono essere licenziati per ragioni che non siano di ordine disciplinare. In questo caso hanno diritto a un preavviso di due mesi e allo stipendio di un mese. In caso di malattia sono invece salariati per otto giorni, poi vengono suppliti, ma a loro spese. Nessun appartenente al personale stipendiato dall'Ospedale ha diritto a pensione. E' prevista la "Ricreazione degli ammalati" in grado di muoversi con l'uscita "in giardino”; "l'uso del Marsala e del Cipro (vino di Cipro) nella cura degli infermi è lasciato alla discrezione dei Sanitari", i quali da altra documentazione sembra ne facciano un discreto uso come ricostituente.
Ai primi del 900 l'Ospedale è certamente piccolo, ma inizia rapidamente e intensamente a crescere e a modernizzarsi di anno in anno secondo gli sviluppi della scienza medica, le richieste di una sanità pubblica organizzata, l'introduzione di nuove tecnologie e strumentazioni. La mole dei documenti si fa ora più consistente, anche se prevalgono sempre quelli di carattere amministrativo, ma la loro lettura ci parla del continuo sforzo della Prepositura per migliorarne il funzionamento, introdurre nuove tecnologie con attrezzati laboratori e sale operatorie. Spesso si coglie tra le righe l'orgoglio di provvedere a far funzionare una struttura che piano piano estende il suo servizio a tutto il Bassopolesine, a volte con difficoltà, ma sempre migliorando. Fin dal gennaio 1906 si stabilisce di procedere alla trasformazione del vecchio fabbricato, già riattato nel 1844, "in forma graduale" ricorrendo agli avanzi di  amministrazione, ma anche confidando ancora "nella carità pubblica". I lavori, eseguiti per stralci con ristrutturazioni, ampliamenti e dotazioni di nuovi servizi, si concludono nel giugno 1914 quando con una solenne cerimonia di "inaugurazione" viene consegnato alla città il "rinnovato Ospedale", rimasto sempre in funzione.
Più in dettaglio nel 1907 l'amministrazione delibera la costruzione di un nuovo pozzo "con motore elettrico" per fornire acqua ai locali della lavanderia, ai bagni e ai vari servizi. L'acqua "chiara" è trovata a circa 8 metri di profondità e "non è escluso anche l'uso potabile", possibilità importante dal momento che l'Ospedale utilizza già alcuni pozzi, non più sufficienti per l'approvvigionamento d'acqua. Va tenuto presente che il Comune di Adria non è dotato di acquedotto fino al 1910. Il nuovo pozzo viene collaudato l'anno 1908. A proposito dei bagni l'Ospedale, appena allacciato all'acquedotto, viene dotato di un padiglione moderno e plurifunzionale, con docce, bagni semplici e "bagni medicati, bagno preventivo e di risciacquo" con tutte le attrezzature richieste, aperto anche alla cittadinanza. Il padiglione, situato a sinistra dell'ingresso, reca infatti l'insegna "Bagni pubblici" e all'interno presenta una divisione tra i locali riservati all'Ospedale e quelli per l'utenza "popolare" e "ricca". Sempre nel 1910 viene riconosciuto Ospedale Civile del Regno d'Italia. La conseguenza più visibile è l'adozione di un "nuovo regolamento" (27 dicembre 1910), che tuttavia è praticamente identico a quello del 1897. A questi primi anni del '900 risalgono anche il riscaldamento generale con termosifone, l'illuminazione elettrica (1912) e l'impianto campanelli, l'installazione di una stufa sterilizzatrice. Più avanti, nel 1925, i locali dei bagni verranno ristrutturati radicalmente per porvi il Gabinetto di Radiologia (entrato in funzione fin dal 1915) e i bagni pubblici scompariranno dal perimetro dell'Ospedale. L'anno dopo verrà istituito il Gabinetto di Analisi. Nel 1929, approfittando della costruzione di alcune stanze per dozzinanti, si provvederà ancora a una nuova sistemazione del Gabinetto Radiologico.
Per tutta la prima metà del secolo e fino agli anni Sessanta non vi è traccia di un progetto complessivo generale che indichi l'esigenza di costruire un nuovo blocco completo e funzionale: si amplia sempre l'esistente, si spostano muri, si creano corridoi di raccordo, si riempiono spazi interni, si destinano ad altri usi i locali già occupati con lavori di trasformazione o ristrutturazione o si aggiungono nuove stanze o ali di fabbricato. Esemplare il caso delle cucine spostate almeno tre volte in base anche alle nuove tecnologie impiegate.
Con lo scoppio della Prima guerra mondiale il personale medico e infermieristico si trova in difficoltà, benché sia aiutato dalla locale sezione della CRI, inoltre due infermieri devono lasciare il loro posto perché richiamati alle armi. Pur essendo addetti alla sezione uomini, vengono sostituiti con due infermiere. La supplenza degli infermieri chiamati alle armi con personale a volte improvvisato induce gli amministratori a istituire il posto di Capo-infermiere. Scelto il più esperto dei rimasti in servizio e sottopostolo all'autorità della Suora che funge da caposala, gli viene affidato il compito di "sorvegliare e istruire il personale".  Il primo dopoguerra non vede cambiare di molto la situazione economica del personale, anzi si può dire che peggiori.  Dobbiamo arrivare al 1925 per avere notizie precise sulla situazione dell'Ospedale e sul suo funzionamento.
Ancora più preciso un documento dell'inizio del 1927, intitolato "Notizie riguardanti l'Ospedale di Adria relativamente al 1926", che per la prima volta ci dà l'esatta dimensione dell'ente: n. letti uomini 90, n. letti donne 90 sale per TBC n. letti uomini 9 n. letti donne 9. L'Ospedale nel dopoguerra è cresciuto notevolmente dotato com'è di 180 posti letto, occupate però al 57%.
Risulta problematica la situazione della lotta contro la TBC, se si considera l'esplicita denuncia che gli ammalati sono molti di più dei posti letto disponibili con conseguente sovraffollamento delle sale specifiche e/o non isolamento dei ricoverati accolti nelle sale comuni. Non sono anni facili dal punto di vista economico in tutto il Paese, che con la dittatura fascista sta avviandosi all'autarchia e alla compressione dei salari di fronte alla inflazione e alla svalutazione monetaria.  Si pensi che con un Regio Decreto Legge del 23 giugno 1927 il Governo prevede la riduzione delle indennità di caro viveri per tutti i dipendenti pubblici.  Tre anni dopo un analogo decreto impone la riduzione degli stipendi del 12%.  Bisognerà attendere il R.D. 27 giugno 1937 per vedere degli aumenti di stipendio per il personale statale e degli enti pubblici.
Le difficoltà economiche sono testimoniate anche da un altro particolare episodio: il 12 luglio 1930 viene istituito il posto di vice-custode registrante, affidato alla moglie del custode con uno stipendio mensile pari a circa il 50% di quello del marito. Quando nel 1939 la vice-custode muore, si delibera di modificare la pianta organica assegnando il posto ad un uomo che “Bisognerà pagare come donna". Curioso l'art. 102 del regolamento che testimonia la censura religiosa e politica del momento: "Nelle aree di ricreazione è permesso ai malati di leggere libri, riviste e giornali che debbono però essere preventivamente esaminati dalla suora Capo-sala o, meglio, da essa distribuiti". Vietato il passaggio tra ammalati.
Poiché il regolamento non concede né pensione né indennità di licenziamento o di cessazione dal servizio per qualsiasi causa, a partire dal 1930 il personale interno viene assicurato alla Cassa Nazionale per le assicurazioni sociali. A muovere in tal senso il C. di A. è il caso di un infermiere che, dopo aver prestato servizio per quattro anni ed aver contratto la TBC, viene licenziato con un solo mese di salario.  Il 15 aprile 1932 il Primario chirurgo "dato lo sviluppo assunto da questo modestissimo ospedale", suggerisce un aumento del personale sanitario assistente, denunciandone la forte carenza al punto che "abusivamente la narcosi è affidata a un infermiere"! Urge anche una nuova levatrice "non essendo più l'attuale, quasi novantenne, in grado di prestare servizio".
Nel 1928 il Consiglio di Amministrazione, di fronte al dilagare della TBC con incidenza nel territorio superiore alla media nazionale e alla promiscuità di tali ammalati con gli altri, con conseguente diffusione del contagio, decide di provvedere alla costruzione di uno specifico padiglione in applicazione della recente L. 23 giugno 1927 n. 1276 sui Consorzi Provinciali antitubercolari.
La delibera di approvazione della costruzione è del 5 marzo 1929, l’11 luglio 1935, avvenuto il collaudo, il C. di A. delibera di completare l'arredamento del padiglione che di lì a poco è in grado di accogliere cinquanta pazienti.
Nel 1939, a riconoscimento dello sviluppo notevole e dell'importanza assunta nel territorio, con decreto del Prefetto di Rovigo e in attuazione del R.D. 30 settembre 1938 n. 1631 l'Ospedale Civile di Adria viene classificato di II categoria.  Stanno per arrivare gli anni più difficili e duri della II Guerra Mondiale.   La pianta organica del 1939, subito prima dello scoppio della guerra è ferma al personale sanitario del 1937 con 10 medici, 11 suore, 1 cappellano, 1 custode e 1 aiuto custode, 13 infermieri, 14 infermiere e 15 addetti ai lavori ausiliari, assolutamente inadeguata ai bisogni. Di li a poco, su disposizioni superiori, viene approntato l'elenco del personale esonerato o da sostituire in caso di mobilitazione militare. L'Ospedale rischia di rimanere sguarnito di personale medico, infermieristico e ausiliario ben oltre il 50%, con la prospettiva di ricorrere a improbabili supplenze, soprattutto per i sanitari, e, in alcuni casi, a personale femminile anche per posti maschili, come era accaduto durante la I Guerra Mondiale.  Si dispone l'acquisto di maschere antigas per tutto il personale, ma non per i ricoverati!  Si deve anche provvedere a dipingere sul tetto un rettangolo bianco e nero in campo giallo per proteggere l'Ospedale dai bombardamenti.  Terminata la guerra tutto riprende con lo sforzo di uscire da una forzata incertezza e provvisorietà e di tornare alla normalità. La situazione dell'Ospedale dal punto di vista strutturale è precaria, ma non drammatica: non ha subito danni dai bombardamenti, le attrezzature sono tutte funzionanti, anche se in gran parte obsolete, e l'organizzazione è ormai superata. Più drammatiche certamente si presentano la condizione finanziaria e la situazione del personale.
Uno dei primi provvedimenti di carattere economico per il personale è costituito dall'erogazione del "Premio di Liberazione", che però viene applicato con criteri particolari. La pianta organica  arriva ormai ad 80 persone: 1 impiegato e 1 dattilografo; la segreteria comprende 1 segretario, 1 aiuto segretario, il personale medico comprende 1 primario di chirurgia 2 aiuti, 1 assistente e 1 ostetrica;
un primario di medicina con un aiuto e un assistente; 1 custode; 19 infermieri; 20 infermiere; 2 cucitrici; 1 operaio tecnico (tuttofare); 1 fuochista; 1 inserviente; 3 cuciniere; 4 lavandaie; 1 cappellano. La superiora e 12 suore più il personale addetto ai laboratori e i medici specialisti. La situazione continua ad essere precaria sotto tutti i punti di vista; basti pensare che gli stipendi in vigore fino al 30  settembre 1945 vengono aumentati dal 1 ottobre dello stesso anno da un massimo del 130% a un minimo del 60% a seconda delle fasce di reddito.  Il 4 giugno 1946 , si svolge il primo Consiglio Comunale il quale procede alla nomina dei presidenti e dei consiglieri di tutte le istituzioni di pertinenza.  La nuova Prepositura si mette subito all'opera, riscontrando numerosi problemi sia logistici che organizzativi. In una delle prime riunioni viene analizzato un inventario dell'esistente quasi sconsolante: l'Ospedale è piuttosto vecchio e con strutture non adeguate ai tempi. L'ufficio amministrativo e la presidenza sono scarsamente dotati (una sola macchina da scrivere e un solo calcolatore meccanico). Il Sanatorio ha un reparto donne con sei camere per complessivi 27 letti e 5 lettini, un reparto uomini con quattro camere e 27 letti. Il reparto Medicina uomini ha una "sala" a 18 letti e due stanze per "tifosi". Il reparto medicina donne ha due sale per complessivi 13 letti, 3 lettini e 3 culle, più una camera di isolamento, ma ha anche nell'Ospedale nuovo (un corpo di fabbrica aggiunto) sei camere a 6 letti ciascuna e due camere a 2 letti. Altre poche stanze, per un numero non precisato di letti, sono riservate ai dozzinanti. Molto simile è la situazione del reparto di Chirurgia distribuito su stanze a più letti per un numero complessivo di oltre 130 posti.
Il personale è costituito per la maggior parte da avventizi in conseguenza delle numerose chiamate alle armi durante la guerra.
Nel 1951, durante la disastrosa alluvione che in novembre sommerge gran parte del Polesine, Adria non viene risparmiata. L'Ospedale civile, che prima dell'arrivo dell'acqua oltre ai ricoverati ospita profughi di altri comuni, con l'inondazione subisce danni limitati per la sua posizione lievemente rialzata. Tuttavia vengono allagate le zone più basse del Sanatorio, pochi ambulatori e gli scantinati nei quali sono collocati alcuni servizi. I due pozzi di metano che forniscono il gas per il riscaldamento generale sono resi inutilizzabili, come pure vengono perduti i macchinari della lavanderia, mentre il materiale tecnico scientifico e le attrezzature sanitarie sono messe in salvo ai piani superiori.  Quasi subito diviene impossibile il funzionamento: la città è allagata fin dal 17 novembre con quote ben superiori a quanto avevano previsto i tecnici e vengono a mancare l'erogazione dell'acqua potabile, del gas e dell'elettricità. La popolazione quasi per intero è costretta a sfollare. Anche l'Ospedale viene evacuato e gli ammalati rimasti fino a quel momento, circa 80, vengono trasferiti in altri ospedali viciniori, in particolare a Ferrara.
Appena la città inizia a riprendersi, il 17 gennaio 1952, dopo solo due mesi, a riprova del fatto che non ha subito gravi danni, viene riaperto e reso agibile, anche se con funzionalità ridotta ad alcuni reparti. La grave situazione economica conseguente all'alluvione si riflette tuttavia sulle entrate dell'Ospedale.
Tutti gli anni Cinquanta vedono una notevole attività per l'ampliamento dei servizi, che richiedono, com'è naturale, continui lavori manutenzione e alcuni ampliamenti interni per collocarli convenientemente.  Nel 1954 si segnala il trasferimento del Pronto Soccorso in alcuni locali occupati da personale con trattamento economico continuativo che comprende anche vitto e alloggio. Si tratta di ben quindici persone che si rivolgono al loro sindacato con qualche momento di tensione presto risolto. Tra i più importanti lavori si ricordano la nuova sala operatoria, inaugurata nel 1955 dotata delle più moderne strumentazioni chirurgiche e di tutti i servizi accessori, e, nel 1959, l'installazione di una centrale termica per il riscaldamento generale e la fornitura di acqua calda, il cui funzionamento è garantito dalla perforazione di due pozzi di metano della capacità di 2.200 mc. giornalieri con centrale di compressione. Il sottosuolo di Adria e dell'intero Basso polesine è infatti ricco di gas naturale e non si è posto ancora il problema del bradisismo. Già nel 1949 altri due pozzi erano stati perforati per alimentare un servizio di riscaldamento, decentralizzato e poco razionale, con ben tredici piccole caldaie. Nel 1979, dopo 115 anni, le Suore della Carità di Santa Antida Thouret lasciano il servizio ospedaliero per decisione della loro Congregazione.
Vanto dell'Ospedale nel 1962 è anche l'istituzione di un nuovo reparto di pediatria, come risposta al boom delle nascite registrato anche in Polesine come in tutto il Paese miglioramento generale della società. E’ dotato di 40 posti letto in stanze da 3/6 letti e comprende anche i box vetrati per l'assistenza agli immaturi e ai prematuri, stanze di isolamento per gli infetti, un consultorio per lattanti sani, un altro per bambini ammalati, due cucinette e stanze per le madri nutrici.  Quanto descritto  è un notevole passo avanti nella modernizzazione dell'Ospedale che in quest'anno raggiunge una ricettività complessiva di 400 posti letto con quattro Divisioni (Medica Chirurgica comprensiva delle sezioni di Urologia e Traumatologia - Ostetrico ginecologica - Pediatrica), i Reparti Otorinolaringoiatrico, Oculistico e Sanatoriale, i Servizi Radiologico, Anestesiologico e Trasfusionale, più il Laboratorio centrale.
Nella relazione del Direttore Sanitario del 1962 si evidenzia un lieve regresso della Divisione Medica soprattutto per la diminuzione degli spedalizzati per TBC grazie all'uso degli antibiotici e dei chemioterapici. La nuova situazione permette di sopprimere il Sanatorio (agosto) e di trasformare la struttura in moderno e funzionale reparto ortopedico.  
La seconda metà del secolo XX ha visto a livello planetario sul piano scientifico-tecnologico uno sviluppo della medicina straordinario  l'Ospedale di Adria  ha saputo condurre una navigazione spesso irta di difficoltà, di intralci burocratici, di fermate e di riprese, senza mai perdere di vista però l'erogazione di un servizio sanitario di qualità. La situazione edilizia richiede onerosi interventi di manutenzione e ancora una volta si propone un ampliamento scegliendo la consueta strada. Viene costruito, contiguo alle stanze di degenza, un gruppo operatorio per il recente reparto ortopedico, che ne sente la assoluta necessità. Vengono realizzati capannoni per una nuova lavanderia e sala guardaroba, e per una sala convegni per le attività del personale e riunioni sindacali. I progetti e la direzione dei lavori sono tutti dell'ufficio tecnico ospedaliero.
Del 1965 la costruzione di una sala operatoria per il Reparto ORL con un nuovo corpo di fabbrica. Come si vede si continua a procedere per ampliamenti dell'esistente a seconda delle risposte da dare alle richieste di introdurre nuove tecnologie o nuovi servizi sanitari. Di fronte a una tale situazione la Prepositura ritiene che ormai si debba provvedere a una sistemazione generale del complesso ospedaliero. La progettazione prevede il restauro del vecchio fabbricato e la costruzione di un nuovo monoblocco. Nel 1968 l'Ospedale viene classificato Ospedale Generale Provinciale. Viene steso il progetto esecutivo generale per il monoblocco, con una revisione che ancora una volta vede scegliere la soluzione dell'ampliamento dell'esistente.  Nel 1971 iniziano i lavori per la costruzione del monoblocco. Il 31 ottobre 1997 viene inaugurato il corpo B del Monoblocco, nel quale sono stati trasferiti il Pronto Soccorso, Chirurgia Generale e Urologia, Ostetricia-ginecologia e Pediatria, Lungodegenza, Recupero e rieducazione funzionale, Medicina generale.
Il 27 gennaio 2005 avviene l’inaugurazione del nuovo Ospedale; in realtà si tratta del completamento del Monoblocco con il cosiddetto edificio A. Da questo momento Adria e il Basso polesine hanno un ospedale modernissimo e ad alta tecnologia in grado di offrire tutti i servizi. E' un Ospedale per acuti in grado di gestire le malattie in fase critica e gli eventi a carattere di urgenza ed emergenza.



 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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