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VICENZA Ospedale dei Proti

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Il contenuto della presente scheda deriva integralmente dal lavoro del Dott. Francesco Bianchi (Vi-cenza, 1974) dottore di ricerca in Storia.
Il lavoro è pubblicato nel volume “ Ospedali e politiche assistenziali a Vicenza nel Quattrocento “ Reti medievali N° 20 - Firenze University Press 2014.
Ringrazio il Prof. Bianchi per l’autorizzazione e condivisione dei contenuti riportati.

“L’ospedale dei Proti nacque grazie a un lascito testamentario del cavaliere Giampietro Proti, morto nel 1412.
Il testamento prevedeva la fondazione di un ospedale intitolato a Santa Maria Misericordiosa, che avrebbe dovuto occupare la dimora dove abitava il testatore e una casa contigua.
Doveva mantenere sei gentiluomini, ma poteva accogliere anche persone di più umili origini, purché meritevoli. Vietata l’assistenza ai nobili che si erano macchiati di fellonia e coinvolgevano nella scelta degli amministratori dei loro ospedali i principali enti religiosi delle rispettive città.
L’amministrazione dell’ospedale spettava a tre governatori, «boni cittadini de Vicenza, i quali habia bon nome et sia usi de viver ben et honestamente et che non sia usurarii, anzi, sia de bona condicion et fama». La loro elezione fu affidata al consiglio maggiore della città di Vicenza, con il concorso dei priori di Santa Corona, San Michele e Santa Maria dei Servi, del padre guardiano dei frati minori, del capitolo del duomo con i cappellani di San Giacomo e Sant’Antonio. I tre governatori duravano in carica due anni, con un salario complessivo di £ 100; al termine del mandato dovevano rendere conto della loro gestione amministrativa e non potevano essere rieletti per un biennio.
All’inizio furono tre fra i sette esecutori testamentari del fondatore a gestire le sorti dell’ospedale: due nipoti di Giampietro Proti, cioè i fratelli Giacomo e Traiano di Clemente Thiene, e Francesco di Battista da Porto. Solo a partire dal 1442 si cominciò a eleggere nuovi governatori, secondo le moda-lità stabilite dal testamento, ma pare che questi nuovi mandati non avessero ancora assunto una cadenza biennale.
A partire dal 1458 le elezioni dei tre governatori si tennero quasi regolarmente ogni due anni, e le persone designate rispettarono sempre il periodo di contumacia prima di un’eventuale nuova nomina.
Le competenze dei tre governatori erano di vario tipo. A loro spettava la cura e la tutela del patrimo-nio immobiliare e dei diritti del luogo pio, la negoziazione dei contratti agrari e degli appalti, la nomi-na del personale impiegato dall’ospedale, l’accettazione o meno di persone bisognose di ricovero, la scelta dei destinatari di elemosine. In aggiunta, almeno uno di loro si assumeva l’incarico di compilare i libri contabili.
Il testamento di Giampietro Proti aveva stabilito di finanziare le attività del nuovo ospedale con le rendite di alcuni ampi possedimenti.
Nel corso del XV secolo il patrimonio dell’istituzione continuò a crescere in virtù di un governo che riusciva ad accantonare il necessario per l’acquisto di nuovi terreni, evitando nel contempo il rischio di dover procedere ad alienazioni.
Le attività assistenziali erano devolute a salariati: un priore, di solito aiutato dalla moglie, un medico laureato e un cappellano. Inoltre, l’ospedale pagava regolarmente un chirurgo (a prestazione) e un fornaio (a cottimo).
I compiti del priore e della priora, che dovevano risiedere presso l’ospedale, non cambiarono nel cor-so del secolo. I governatori continuarono a chiedere loro di tenere gli ambienti puliti e in ordine, di fare il bucato per i poveri, di prestare assistenza agli infermi, di preparare pranzo e cena per i nobili decaduti accolti dall’istituto, di provvedere alla sepoltura dei morti. Il priore serviva anche il prete che diceva messa nella cappella dell’ospedale, curava l’orto, contribuiva al trasporto di derrate alimentari, consegnava elemosine su indicazione dei governatori e ne registrava la distribuzione su una vacheta.
In assenza di una moglie, il priore poteva ottenere l’aiuto di una serva, ma anche la priora era in grado di continuare il proprio lavoro dopo il decesso del marito.
Il salario del priore e della priora era unico e generalmente composto da una parte in contanti e una in natura (frumento e vino). Nel corso del secolo questa remunerazione continuò a variare in occasione dei rinnovi contrattuali, che di solito avevano cadenza annuale, e tendenzialmente conservò un andamento crescente.
Nel 1486 i governatori dell’ospedale assunsero per la prima volta un medico in pianta stabile.
La fabbrica ospedaliera era dotata di alcune camere al piano superiore, due dormitori (uno maschile e uno femminile) al piano inferiore, una stua di povri, una cantina, un granaio, un orto, una stalla, un pozzo, un forno. Diverse stanze erano dotate di camini e alcuni appartamenti disponevano di una propria cucina e di un proprio bagno; esistevano anche un refettorio e una cucina comuni.
Nel 1606 l’ospedale dei Proti fu distrutto da un incendio, provvisoriamente restaurato e poi ricostruito, a partire dal 1656, sulla base di un nuovo progetto dell’architetto Antonio Pizzoccaro, cui si deve l’attuale struttura del complesso ospedaliero.
I libri contabili dei Proti permettono di ricostruire in maniera molto dettagliata le modalità dell’assistenza offerta dall’ospedale, così come il numero e l’identità delle persone curate, mantenute o aiutate da questa istituzione, soprattutto per quanto concerne la seconda metà del XV secolo. Stando alle indicazioni testamentarie del fondatore, l’ospizio era sorto per occuparsi di sei poveri vergognosi, cioè nobili caduti in disgrazia, e di altri sessanta indigenti di varia estrazione.
Nel 1470, quindi, l’ospedale si faceva carico di 42 persone, cui, oltre alla provvigione giornaliera o mensile, continuava ad assicurare le spese mediche e di sepoltura, nonché l’acquisto di carne a Natale, Carnevale e Pasqua.
Nei decenni successivi le persone aiutate dai Proti (ricoverate e non) aumentarono di numero.
Non mancavano, ma erano rari, i ricoveri di persone sofferenti di handicap fisici o mentali.
L’impressione è che l’ospedale accogliesse e attribuisse un vitalizio soprattutto a persone che non avevano bisogno di assistenza continua, ancorché economicamente non autosufficienti rispetto ai parametri del loro ceto sociale. D’altra parte, è chiaro che la maggior parte degli assistiti dei Proti doveva arrangiarsi nel ménage quotidiano, altrimenti non si spiegherebbe come potessero bastare un priore e una priora per assicurare tutti i servizi interni dell’istituto. Funzionava anche un servizio di pronto soccorso, destinato a offrire cure mediche a persone vittime di incidenti: in questi casi i degenti non ricevevano nessuna provvigione ed erano dimessi una volta guariti.
Non dovevano rientrare in tale categoria i malati infettivi, che erano trasferiti al lazzaretto.
Per completare il quadro assistenziale occorre spendere qualche parola sulle spese sostenute dall’amministrazione ospedaliera per fornire i Proti delle attrezzature necessarie alle proprie attività.
L’ospedale era dotato di una cosina dei povri, dove i ricoverati potevano prepararsi i pasti. In aggiunta, erano garantite forniture straordinarie di carne in occasione delle festività o per nutrire i malati bisognosi di una particolare dieta. Per quanto concerne altri generi di esborsi (oltre a quelli per cibo, vino o medicinali), riassumendo in parte notizie già riferite, si trovano registrazioni per rifornimenti di: tessuti per fare lenzuola, cenere per il bucato, legna da ardere, contenitori e utensili di vario genere, prodotti di cancelleria, cera e incenso182. Non mancano uscite per: spese legali, pagamenti a fornitori di beni e servizi, trasporto di persone o derrate alimentari, dazi, crivellatura e molitura del frumento, sepoltura dei defunti, adempimento di legati testamentari e altre spese straordinarie.
Un ultimo dato curioso: la documentazione quattrocentesca superstite depositata presso gli archivi degli ospedali di Vicenza consente di stabilire che solo nel caso dei Proti si sostenevano spese per allestire un cataletto adibito al trasporto dei cadaveri. Era un altro segno di distinzione, che conferma l’attenzione dell’amministrazione ospedaliera anche per gli aspetti qualitativi e d’immagine dei servizi erogati, a tutela del buon nome del fondatore e dei governatori in carica.
In età moderna l’ospedale dovette affrontare diverse calamità, come il già menzionato incendio del 1606 e, in precedenza, i danni prodotti al suo patrimonio dalla guerra contro la lega cambraica, al punto che nel 1520 il governo cittadino dovette intervenire per risolvere la disastrosa situazione finanziaria in cui dovevano versare le casse dei Proti. Non va escluso che dopo il primo secolo di vita anche la qualità dell’assistenza fosse peggiorata, stando ad alcuni dati statistici: una delibera del Consiglio dei Cento del 1546 denunciava la presenza all’interno dei Proti di ben 97 poveri; un decreto stabilì che da quel momento non sarebbe stato possibile accettare più di 75 bisognosi, per evitare fenomeni di parassitismo, e imponeva ai governatori dell’ente di allontanare tutti i ragazzi e le ragazze sopra i 14 anni, purché in buone condizioni fisiche, per ovviare alle complicazioni della promiscuità fra adolescenti. Nel 1779 fu deciso che il numero massimo di poveri a carico dei Proti dovesse ridursi a 36. Nel 1809 l’ospedale confluì nella Congregazione di Carità, pur mantenendo una propria distinta personalità giuridica. Attualmente l’istituto dipende dall’Ipab di Vicenza e prosegue la propria attività plurisecolare, offrendo a persone anziane alloggio in abitazioni ricavate all’interno dell’antica fabbrica ospedaliera, il cui nome nel tempo è stato assunto anche dalle contrade su cui si affaccia.”


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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