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MILANO Istituto Oftalmico

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Nel lavoro tratto da : Maria Canella, «L'occhio è una vera camera oscura». Il Pio Istituto oftalmico, in Milano scientifica 1875-1924, a cura di E. Canadelli e P. Zocchi, vol. 2, La rete del perfezionamento medico, a cura di P. Zocchi, Milano, Sironi, 2008, pp. 257-277 abbiamo trovato moltissime informazioni che, ovviamente, non possiamo riportare integralmente ma vi invitiamo a prenderne visione.


https://www.academia.edu/6091420/Milano_scientifica_1875_1924_vol_2_La_rete_del_perfezionamento_medico


In un saggio dedicato nel 1873 alla storia degli istituti oftalmici, Giovanni Rosmini (1832-1896), ricordava come nell’Ottocento anche in Italia i medici avessero iniziato ad aprire «dispensari oculistici» negli ospedali o nelle loro stesse abitazioni, dotandoli «di tutti quei presidi che i progressi dell’oculistica moderna rendevano necessari.
La concentrazione degli ammalati in specifici luoghi di ricovero permetteva infatti «di bene studiarli e bene curarli», cosa impossibile a domicilio.
Il primo istituto oftalmico venne creato a Torino nel 1851, a opera del dottor Casimiro Sperino.
Rosmini nel 1864 riuscì a fondare a Milano un dispensario oculistico, grazie ai mezzi offerti dalla carità cittadina, dalla Casa reale e dalla «cooperazione di 36 farmacisti della città che si prestarono a fornire gratuitamente l’occorrente per le medicazioni e a vendere a prezzo ridotto i medicinali prescritti con le ricette.
Il 1º aprile 1874 Rosmini apriva l’Istituto oftalmico, in via Borghetto di Porta Venezia, trasferendovi il dispensario e costituendo un piccolo ospedale per gli ammalati che necessitavano di ricovero. Nel settembre 1875 il Consiglio d’amministrazione dell’istituto ottenne la costituzione in ente morale e approvò lo statuto organico, poi modificato nel 1888. Scopo del l’istituto, come recitava l’art. 2, era «di offrire conveniente assistenza e ricovero agli affetti da gravi malattie oculari» e ai pazienti bisognosi «di importanti e delicate operazioni», per i quali non erano sufficienti le risorse del dispensario. L’istituto accoglieva gratuitamente i poveri della provincia di Milano.
Il patrimonio dell’istituto era costituito dalle contribuzioni dei soci, dalle elargizioni dei privati e dei corpi morali e dalle rette dei ricoverati a pagamento.
Era però il medico direttore a gestire effettivamente la vita interna dell’istituto: a lui era affidata  ogni decisione in merito all’accettazione, alla cura e alla degenza degli ammalati; a lui competeva la scelta del personale sanitario, la tenuta dei registri nosologici, il controllo e l’aggiornamento della strumentazione, la formazione della biblioteca, la corrispondenza con gli altri istituti sanitari. Il primo assistente era inoltre tenuto ad alloggiare nell’istituto, per garantire l’assistenza notturna.
Il regolamento dell’istituto, approvato nel 1876, prevedeva 22 letti per pazienti di entrambi i sessi, di cui due a pagamento (con una retta giornaliera di 6 lire), dodici semigratuiti (con una retta giornaliera di 3 lire) e otto gratuiti.
L’Istituto oftalmico ottenne dal Consiglio degli Istituti Ospitalieri, che amministrava l’Ospedale Ciceri (fatebenesorelle) , la concessione di particolari deroghe per costruire nel 1883 il nuovo complesso, su disegno degli architetti Enrico Combi e Gerolamo Sizzo.
Nella relazione sanitaria del 1882 Rosmini ringraziava i due progettisti per il lavoro compiuto in stretta collaborazione con i medici: «le infermerie realizzano tutti i progressi dell’edilizia ospitaliera per tutto ciò che riguarda la ventilazione, la pulitezza, l’illuminazione e il riscaldamento».
Inoltre si era provveduto con i sistemi più moderni alla «distribuzione dell’acqua necessaria per tutte le stanze come pei bagni e pei cosiddetti templi della dea cloacina».
Nella nuova sede di via Castelfidardo i letti dell’Oftalmico passarono nel giro di un venticinquennio da 45 (1883) a 85 (1909).
Con l’aumento dell’attività fu necessario modificare la pianta organica dell’istituto, che nel 1875 era composta da sei persone (un’ispettrice guardarobiera, due infermiere, un portinaio-inserviente, un cuoco e una sottocuoca), mentre nel 1898 era salita a tredici dipendenti (una portinaia, tre inservienti e nove infermiere scelte tra le suore della Carità, alle quali era affidato anche il servizio presso il Fatebenesorelle).
Sempre nel 1898, per la prima volta in Italia, fu attivata all’interno dell’istituto, a spese del Comune, un’aula scolastica per bambini affetti da «congiuntivite granulosa».
Allo scopo di accrescere le entrate, a partire dal 1902 venne promossa una serie di spettacoli di beneficenza.
Nel 1905, sull’esempio delle grandi istituzioni sanitarie e assistenziali milanesi, il Consiglio deliberò di effettuare i ritratti ai benefattori (a figura intera per chi avesse lasciato oltre 50.000 lire e a mezza figura per lasciti superiori alle 25.000 lire).
Nel maggio 1905 si decise il nuovo regolamento interno dell’ambulatorio (la cosiddetta “ambulanza”) furono previste – oltre alle visite gratuite per i poveri in possesso della fede di povertà del Comune – visite a pagamento di diverso genere: semplici, al costo di 1 lira per la prima visita e di 0,50 lire per le successive; con esame diottrico e oftalmoscopico (2 lire); e con «piccoli atti operativi» (da 3 a 5 lire).
I ricavi sarebbero andati per metà all’istituto e per metà ai medici.
Nel 1909 venne eliminato anche il ricovero gratuito, con l’introduzione di una retta minima giornaliera di 1,75 lire.
Purtroppo anche l’esercizio 1918 non si chiude con un bilancio favorevole.
Con la convocazione dell’assemblea straordinaria il 20 novembre 1921, il gruppo dirigente dell’Istituto oftalmico venne completamente rinnovato.
Fu questo Consiglio a traghettare, suo malgrado, l’Oftalmico verso la trasformazione in clinica universitaria.
L’assemblea dei benefattori, pur ammettendo la necessità di una «clinicizzazione parziale dell’Istituto», si oppose a questa perdita di potere all’interno dell’istituzione e ne chiese la trasformazione in Opera pia;  rifiutò inoltre di pagare il contributo annuale all’Università e chiese che venissero conservati i “letti di patronato” per le famiglie dei principali benefattori.
La soluzione fu traumatica: nel giugno 1924 intervenne l’autorità prefettizia, che pose l’Oftalmico sotto il controllo di un commissario che impose la firma della convenzione con l’Università.
Il 13 maggio 1975 l’Oftalmico è fuso con l’Ospedale Fatebenefratelli Fatebenesorelle Ciceri-Agnesi, dando vita all’Ente Ospedaliero “Fatebenefratelli e Oftalmico”.



 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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