MONTECCHIO EMILIA Ospedale infermi Ercole Franchini - Ospedali d'Italia

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MONTECCHIO EMILIA Ospedale infermi Ercole Franchini

Ospedali Nord est > Regione Emilia Romagna > Provincia Reggio Emilia

Dall’amministrazione comunale i due volumi:  
              Storia dell’Ospedale Ercole Franchini – Hospitale delli infermi – 1596-1799 – Francesco Spaggiari – Comune Montecchio Emilia Quaderni di storia Montecchiese e della Valle dell’Enza N° 6 – 2005
              Storia dell’Ospedale Ercole Franchini – 1800-2000 –Sanità e vita pubblica - Francesco Spaggiari e Giacomo Montanari – Comune Montecchio Emilia Quaderni di storia Montecchiese e della Valle dell’Enza N°8 – 2008.

E' nei primi due decenni del XVII secolo che nasce e prende concretezza l'idea di costruire l'Hospitale e forse già nel 1615 doveva esistere qualcosa, indicato con tale nome, attiguo alla Chiesa di San Donnino.  Questo Hospitale, che come si può ipotizzare è ancora un hospitium, funziona quando le casse della Confraternita si riempiono con le elemosine da ridistribuire. In un documento 1658 si legge la seguente dichiarazione:
L'Hospitale alloggia tutti i pellegrini che ad esso ricorrono, come anco ricevino gli Infermi non solo di detta terra di Montecchio e luoghi circonvicini, ma anco i Forestieri ai quali somministrano medicamenti, vitto, et altre cose necessarie per le loro infirmità, et fanno altre opere pie di Carità, et à Beneficio pubblico, il tutto con il reddito di detto Hospitale amministrato da medesimi Confratelli, i quali giornalmente con elemosine particolari sovvengono ai poveri mendicanti del medesimo luogo. Sembra ormai pacificamente accertato l'anno 1665 come inizio ufficiale dell'attività ospedaliera in Montecchio. Forse più che di un vero inizio si trattò di rendere ufficialmente visibile, consolidandolo e migliorandolo, quanto fino ad allora, a pezzi e bocconi, era stato messo in piedi dalla Confraternita delle Stimmate. Ai primordi dell'attività i letti a disposizione degli infermi furono solo cinque. Un documento del 25 settembre 1713 elenca quanto annualmente entra (o dovrebbe entrare) nelle casse della Compagnia e di ogni censo, livello o affitto viene indicato il nome della persona che ha contratto il debito.  La gestione amministrativa dell'Hospitale, la conduzione dell'attività quotidiana e le parallele azioni caritative hanno impegnato tutti gli appartenenti alla Compagnia dagli alti gradi di responsabilità ai semplici aderenti. Tutto doveva, o almeno avrebbe dovuto, funzionare perfettamente affinché nulla fosse affidato al caso. I progetti degli uomini, anche i più lodevoli, vanno però ben diversamente; infiniti inciampi, dovuti alle situazioni contingenti, all'imperizia o alla cattiva volontà delle persone, frenano o bloccano il loro andamento.  Il 30 giugno 1766 Bernardino Prati fa testamento. Dall'atto risultano ben chiare le sue volontà: egli desidera provvedere a che l'istituzione ospedaliera abbia un reddito costante oltrechè sicuro, e tutto questo a unico beneficio dei poveri ammalati della parrocchia di Montecchio.  Per la prima volta un lascito è vincolato ad un uso rivolto non erga omnes, ma ad una ben definita categoria. Infatti egli dichiara: Ho sempre avuto intenzione di aiutare i poveri miserabili della Parrocchia di S. Donnino di Montecchio e principalmente li poveri infermi che qualcuno ha inteso essere passati a migliore vita per mancanza di servizi e di alimenti come pure di medicamenti, giacchè nel Paese di Montecchio non vi è altro che un Ospitale di miserabile entrata che per quanto si dice fu lasciato alla V. Confraternita di S. Francesco di Montecchio.  A tal fine, fatto salvo l'usufrutto, il cui godimento spetta alla moglie Caterina e alle sorelle Domenica e Marianna, egli dichiara lasciare all'Ospedale la proprietà di una possessione detta il partitore, acciò con l'entrata di detta possessione d'essere albergo e sovvenzione ali poveri infermi della suddetta Parrocchia di S. Donnino, sempre che tal sovvenimento e carità duri e continui sino alla fine del mondo.

DAL VOL 2 dal 1800 al 2000
L'ospedale è ancora alloggiato nell'ex Convento dei Serviti; una nota del 6 marzo 1804 ci informa sulla effettuata separazione fra uomini e donne. Queste ultime furono alloggiate in stanze, mentre i pazienti uomini furono ricoverati nella loggia superiore.
Il giorno 8 settembre 1812 si rispose ad un questionario del Prefetto del Crostolo; dalla risposta si ricavano le seguenti notizie:  1) La capacità di ricovero è di n° 8 infermi sia uomini che donne (alla data risultano ricoverati uomini 3 e donne 1);  2) Si prestano le cure per tutte le malattie (escluse le croniche e le veneree) agli ammalati del solo Comune e della sola Parrocchia di Montecchio; questo in riferimento alle volontà testamentarie dei benefattori;  3) Ogni ricoverato costa giornalmente L. 1,50.
Nella lista dei cibi dello Spedale sono previste quattro diete. 1) pane e uova;   2) riso o vermicelli, pane e uova;  3) Riso o vermicelli, pane, uova e vino;  4) Come dieta 3, ma con una maggiore quantità di pane.
Non si deve dimenticare che il vino ha sempre fatto parte delle diete ospedaliere;
Il 29 maggio 1815 da Modena si ordina che:  1) Sia eretta una Congregazione di Carità di Montecchio Emilia;  2) Amministri i beni del Pio Stabilimento Ospedale degli Infermi;  3) Il bilancio Preventivo sia presentato al Governo entro Ottobre di ogni anno e il consuntivo entro febbraio;
4) Siano nominati i Membri della Congregazione di Carità: il Podestà-Presidente, il Parroco di Montecchio, ed altri tre individui da proporsi in dupla dalla Comunità alla elezione del Governo.
Nel 1816 scoppia un'epidemia di tifo petecchiale.  Proprio il perdurare dell'epidemia fa sì che l'ospedale resti nell'ex Convento dei Serviti, anche se non si abbandona l'idea di riportarlo nell'antica sede.
Infatti si fanno i passi necessari: una richiesta della Congregazione di Carità e un'allegata perizia del muratore Biagio Galli ci informano di questo:

"Perizia fatta dall'infrascritto muratore per ridurre la Chiesa od Oratorio dello Spedale in infermeria divisa per li uomini e per le donne lasciando l'altare ove si trova e ridurre la infermeria capace di quattro letti per le donne e sei letti per li uomini."
"Occorre lateralmente alla porta d'ingresso della infermeria formare due muri di una testa che dividano le due infermerie formando cosi un andito nel mezzo dirimpetto alla scala, quali due muri devono essere della lunghezza di Braccia 16:6, altezza m 1.5 ed in mezzo ai detti muri si devono fare due antiporti di pioppo: largh.B.ia 2 alt. M 1.4 coi suoi serramenti e serratura a scrocco da potersi aprire solo con chiave. Chiudere l'ultima finestra a meriggio e trasportarla ad occidente nel mezzo dell'infermeria delle donne. Trasportare l'altra finestra nel mezzo dell'andito da farsi dirimpetto alla scala chiudendo quella che ora si trova; chiudere altra finestra nell'infermeria degli uomini, nella quale si deve far chiudere un uscio d'una camera e trasportarla verso mattina. Onde ventilare poi bene la infermeria occorrono due finestre quadrate di B.ia 2 per ciascuna lateralmente all'altare che dicevamo avrà luce da mattina ed altra simile  sopra la scala.
Occorre chiudere molte crepate per tutta l'infermeria e nella seduta, come pure il tutto imbiancare esattamente. Nel tetto poi occorrono diverse fatture onde non piova nel fabbricato e per necessita anche un legno di braccia nove, cantieri braccia 50, catinelle braccia 100. A dare pertanto il tutto compito, eccetto li telai da finestre vetri che potranno mancare, cioè materiale di quadrelli calce sabbia gesso coppi bianco e pannelli, legname e fattura da muratore e da fabbro ferraio e falegname si offre l'infrascritto di eseguire per la somma in totale di Reggiane Lire 1.121.10.
fto Biaggio Galli muratore."

Alla fine del 1819 dunque lo Spedale ritorna nelle vecchie, ma rinnovate, stanze nelle quali era iniziata la sua attività.

I Signori Giovanni Montruccoli, notaio e Dott. Bartolomeo Pozzi, in qualità di Amministratori incaricati, sottoposero, in data 13 gennaio 1821, alla Congregazione di Carità, una Bozza di Regolamento da discutere e approvare. Questa Bozza riguardava l'amministrazione interna ed esterna dell'Ospedale.
1)  Questa Congregazione di 8 individui di cui ne è Presidente il Sig. Podestà pro-tempore del Comune dovrà unirsi indispensabilmente il 1° giovedi di ogni mese per trattare degli affari spettanti a detta Congregazione, quali verranno decisi, purché vi sia l'intervento di due terzi dei Membri che la compongono; e mancando il Presidente o Parroco per qualche impedimento sopraggiunto verrà prescelto dal Corpo della Congregazione il Membro più anziano presente alla seduta o anche fuori di seduta nei casi di urgenza, che ne farà le veci, dando del fissato stabilito cognizione al sig. Podestà predetto. Il Presidente potrà pure convocare la Congregazione stessa anche straordinariamente nell'evenienza dei casi.
2)  Ogni anno verranno scelti due Membri dal Corpo della Congregazione per attendere all'interna amministrazione e polizia dello Spedale, sorvegliando ai Medici, Chirurghi ed Infermieri affinché ognuno di essi adempia alle proprie incombenze. Altri due ne verranno prescelti per attendere alla Computisteria, e Cassa di esazione, onde vengano con puntualità i Mandati emessi, non solo, ma eziandio anche per vegliare che la Cassa sia munita dei Fondi disponibili ad ogni occorrenza e perché non seguano distrazioni inopportune dei medesimi, per quanto riguarda il Cassiere; ed altronde veglino alla computisteria onde vengano tenuti, con esattezza li conti, di Dare ed Avere di detta amministrazione per potere presentare un quadro ad ogni evento. Altri due finalmente dei detti Amministratori o Membri saranno incaricati dalla provvista dei generi occorrenti allo Spedale e delle altre spese ordinarie che abbisognano al detto Istituto. Giacchè per le spese straordinarie che verranno fissate dalla Congregazione in seduta, saranno pure destinati i Membri che dovranno presiedere alla esecuzione delle analoghe incombenze.
3) Li mandati prima di essere pagati dovranno essere firmati dal Presidente o da quell'Amministratore della Congregazione che ne facesse le funzioni, nonché dal Computista.
4)  Nello Spedale non saranno ammessi che i soli ammalati febbricitanti esclusi li venerei, cronici, o che abbiano altri mali non febbrili, come pure gli infetti da malattie contagiose e pestilenziali, e quelli che non sono della Parrocchia giusta le istruzioni stabilite dai Benefattori e Fondatori di detto Spedale.
5)  Per essere ammessi gli ammalati a questo Spedale si richiederà un certificato del Medico che dichiari la qualità del male, sottoscritto dal Parroco per comprovarne lo stato di miserabilità; il quale certificato sarà firmato dal Presidente o, in assenza, da altro Membro della Congregazione per l'ammissibilità dell'ammalato al beneficio del Pio Istituto.
6) Se qualche individuo possidente volesse essere ammesso nello Spedale per una più esatta cura, dovrà del proprio pagare giornalmente lire cinque provinciali alla Cassa della Congregazione, giusta i Governativi Regolamenti in proposito, oltre le ricognizioni dovute al Medico, Chirurgo ed Infermiere, e dovrà essere accettato dal Presidente, o da chi per Esso, escluse le malattie epidemiche contagiose e pestilenziali.
7) Il Medico e Chirurgo saranno tenuti fare le visite agli ammalati ordinariamente due volte al giorno e più quando il bisogno e la natura della malattia lo richieda.
8) Sarà cura dei Medici e dei Chirurghi l'esaminare se le medicine siano di perfetta qualità e che vengano somministrate agli ammalati nelle maniere ed ore prescritte, come pure il vegliare che i cibi e bevande che vengono somministrate agli infermi siano della natura, qualità e quantità prescritte; in caso contrario sarà loro obbligo preciso avvertire.
9) Dovranno i Medici e Chirurghi scrivere nelle rispettive vacchette i medicinali e cibi che crederanno convenienti, indicando nome e cognome dell'infermo, e mese e giornata per rilevare ogni mese la spesa per norma dell'Istituto.
10)  Vi saranno un Infermiere di sesso maschile, ed una donna Infermiera  per le femmine i  quali dovranno servire gli ammalati del rispettivo sesso e non accetteranno infermi nello Spedale se non verranno accompagnali da permesso della Congregazione, assisteranno alla visita del Medico e Chirurgo per sentire le ordinanze e prescrizioni, tanto in ordine alla disposizione dei medicinali che del cibo da prestarsi, restando a carico dell'Infermiere stesso il portarsi a levare i medicinali e cibi dai luoghi indicati. Li detti Infermieri dovranno pure assistere agli ammalati di giorno e di notte, giusta le occorrenze, e dovranno altresì tenere sempre pulite le Infermerie ed il locale tutto dello Spedale; non permetteranno che alcuna persona estranea entri nelle Infermerie senza essere munita di speciale permesso del Presidente o di chi ne facesse le funzioni, ed in tal caso verrà accompagnata dall'Infermiere stesso, od Infermiera, quali dovranno invigilare che non siano somministrati cibi di sorte alcuna e molto meno bevande di vino. Accompagnare i letti al bisogno cambiando le biancherie rese sudice, mentre riscontrasi di prima necessità la pulizia per gli ammalati, finalmente veglieranno perché agli ammalati non vengano somministrati cibi e bevande dalle finestre del locale, come l'evidenza ne ha somministrate le prove in alcuni infermi nel decorso anno e cosi resta perciò proibito ai convalescenti il discendere le scale e portarsi in giro fuori del locale. Siccome poi rende indispensabile e di necessità che i convalescenti abbiano mezzi di distrazione, e non venghino obbligati a restare nell'Infermeria per non annoiarsi, o di servire di disturbo agli Infermi, cosi dovranno durante il giorno trattenersi nelle camere contigue, fruendo del comodo delle finestre per affacciarsi onde prendere aria e divertirsi alla vista dei passeggeri.
11) Le dette due camere contigue all'infermeria e che come si disse devono servire ai convalescenti, serviranno altresì per gli ammalati, che non si volesse o potessero essere posti nelle infermerie per la natura della malattia o vergognosa nella cura, o fetente in modo da recar nocumento agli altri infermi, una delle quali servir potrà per li uomini e l'altra per le donne.
12) Sarà una infermiera attendere alla cucina che si trova a pian terreno, preparare li cibi prescritti dal medico o chirurgo, tenere in ordine la biancheria, prevenire gli amministratori del bisogno e fare li necessari bucatti.
13) Gli Infermieri conserveranno le biancherie nella camera a metà scala entro apposito guardaroba.  Quale camera servir deve pure pel Medico e Chirurgo per gli amministratori e Sacerdote assistente agli ammalati.
14) li predetti infermieri dormiranno nella camera a mano sinistra della scala prima d'entrare nella infermeria affinché possano facilmente sentire il campanello che verrà suonato alle occorrenze degli infermi.
15) Dovranno gli Infermieri avvisare gli amministratori, Medico Chirurgo di tutti i disordini che succeder possono nello Spedale.
16) Il Rastello a piedi della Scala resterà sempre chiuso a chiave perché niuno possa entrare, o sortire senza alcuno degli Infermieri.
17)  Gli Infermieri saranno sempre tenuti all'osservanza di quanto loro viene ingiunto dal presente regolamento o le potesse essere ordinato dagli Amministratori, Medico e Chirurgo sotto pena di destituzione dall'impiego, dopo due ammonizioni.
18) Nel mezzo delle infermerie ed appeso alla soffitta vi sarà un fanale da accendersi alle occorrenze, e precisamente nei mesi di Novembre, Dicembre, Gennaio Febbraio per comodo degli ammalati onde ovviare alcuni inconvenienti che possono accadere, e che per l'addietro sono avvenuti in occasione di doversi alzare da letto gli infermi quali, perdendo l'orizzonte si sono trovati esposti all'intemperie della stagione.  Sarà pure conveniente cosa che nelle infermerie vi sia un luogo topico per serviggio dei convalescenti o di altri ammalati che comodamente si possano alzare dal letto onde diminuire per quanto si può gli odori fetenti, che si spandono per le infermerie col renderne anche mefitica e malsana l'aria interna del locale. Vi dovranno essere almeno comode per l'uso degli infermi che non sono in grado di portarsi al luogo topico ed una padelletta per gli altri infermi che non ponno alzarsi dal letto.
L'Infermeria sarà altresì fornita di sei feltri almeno da collocare sotto gli ammalati a difesa delle materazze e sacconi che vengono consunti dalle urine ed altre immondizie e così pure di un pezzo di panno rosso, da parte del letto in circostanze di salassi. Sarà pure conveniente cosa il munire le infermiere di un bacino di rame fatto all'uopo di servire alla cura delle piaghe, onde non sgolino le materie all'atto della cura su le lenzuola e letto rispettivo, e così un cabarè di latta per riporvi sopra le pezze, filaccia, unguenti, ed altri rimedi per la cura delle ferite o piaghe. Gli Infermieri dovranno poi astenersi dal ripulire i vasi, e vuotarli nel luogo topico delle infermiere. Non potranno gl'infermieri tenere tellai nella fabbrica del locale dello Spedale per farvi tele né permettere che alcuno collochi tellai in detto locale né fare verun'opera che produca rumore, e quindi pregiudichi allo stato delli Infermi.
Montecchio, li 13 gennaio 1820

Già dal 1832 si era fatta proposta di allargare l'Ospedale.
Non si sa con esattezza quando furono iniziati i lavori, tanto più che al tempo l'ospedale si trova a dovere ricoverare ben 53 soldati ammalati (Compagnia imperiale Reali Truppe Austriache).
Nel 1835 i lavori dovettero essere ultimati poiché si fece riferimento a spese per un uscio dementi ed un uscio luogo topico, e a spese per trasporti rottami che erano nell'orto e per pulizia del piazzale.
A partire dal 23 novembre 1841 si decise che la lavandaia doveva lavare tutta la giornata per L. 0,50  giornaliere. Si tratta di un lavoro duro ed ingrato, la donna, tuttavia, accettò.
Al contrario i portatori, adibiti al trasporto degli infermi, non accettano il diktat; essi ritennero insufficienti i 15 centesimi previsti per ogni trasporto, soprattutto in caso di epidemie. Rifiutarono pure le quote a sé perché esigevano uno stipendio fisso. Erano in gioco la dignità del lavoro e le incertezze che derivavano dalla pericolosità del servizio. Usando un linguaggio odierno si potrebbe parlare di sciopero. Si trattò certamente di una presa di coscienza in tempi nei quali non era certo facile ribellarsi.  Nel verbale datato 7 gennaio 1854 l'infermiere chiede, per sé e per la moglie, pure infermiera, un aumento di paga.
Sostiene che per le lire 36 percepite mensilmente essi possono (in servizio diurno e notturno) accudire dieci ricoverati, al massimo. L'aumento di Lire 4 è richiesto in ragione del fatto che essi devono assistere 16 ricoverati. Egli ricorda che al tempo in cui suo padre era spedaliere esistevano solo sei letti per gli uomini e quattro per le donne. Il 1858 è il tempo della II e della III Guerra d'Indipendenza. Nel corso del 1859 furono ricoverati 23 soldati.
Solo nel 1885 tra la Direzione dell'Ospedale Militare di Bologna e la locale Congregazione Carità, che gestisce l'ospedale, esisterà un regolare contratto privato per l'assistenza ai militari ricoverati. I letti posseduti nel 1861 ascendevano al 24.
Le entrate ordinarie permettevano l'occupazione di soli 12 letti in media, e se si riscontrava un numero maggiore di letti, questi servivano per ricoverare individui forestieri a pagamento o per malattia non contemplata nel Regolamento di Fondazione, parimenti a pagamento.
Nel 1890 in Montecchio si sparsero dicerie sull'Ospedale. Secondo queste voci non tutti gli ammalati vi sarebbero stati accolti. Per quanto riguardava le diete, al posto del caffè sarebbe stato somministrato orzo, al posto di vino buono sarebbe stato distribuito vinello. Si diceva che il Segretario aveva troppa libertà d'azione e che si fosse data preferenza a persone che danno stecche. Sulla scia di queste chiacchiere si deliberò di chiedere un'inchiesta della Prefettura.
Prima del luglio 1896 per accogliere gli infermi non esistevano che due sale; una per gli uomini e l'altra per le donne: in ciascuna di esse erano promiscuamente ricoverati gli ammalati di medicina e quelli di chirurgia.
Non c'era camera di operazione, l'armamentario era rudimentale.  Nel Luglio 1896 fu costruita la camera di operazione, pavimentata in cemento e arredata con letto operatorio di ferro e verro, galleggianti per soluzioni disinfettanti, tavolini e portacatini in ferro.
Si ebbero ancora una camera di medicazione pur essa appositamente arredata, un gabinetto fornito di due microscopi, di reagenti e strumenti necessari per le analisi Chimico-microscopiche, e finalmente un ambulatorio, che per l'eleganza del suo arredo, può dirsi un piccolo modello del genere.
La camera di operazione, è riservata per i casi asettici: i settici o sospetti tali si operano in camera di medicazione, pur essa fornita di un letto operatorio. Nello stesso anno si passò ad ampliare la sezione cronici per potervi accogliere ammalati anche da altri comuni.
In data 8 agosto 1895 si prese la decisione di assumere tre suore della Congregazione Figlie della Carità. Esse entrarono in servizio il 1° gennaio 1896 per iniziare un periodo di prova della durata di un anno.
La convenzione con la Casa Madre prevedeva:  1) l'affidamento del Servizio Ospedaliero alle suore;  2) a carico dell'Amministrazione ospedaliera erano: il viaggio, il mobilio, la biancheria da tavola e da letto, il combustibile, l'olio per lume, l'assistenza medica e gli eventuali medicinali;  3) un appartamento separato e per ognuna L. 150;  4) in caso di morte, la surrogazione con un'altra religiosa. Le spese di sepoltura, cui si dovevano aggiungere le spese per una messa cantata e una messa piana, erano pure a carico dell'Amministrazione.
Dopo l'Unità d'Italia si levarono voci contro la presenza delle religiose in ospedale; anzi al congresso dell'associazione medica del 1874 a Bologna si propose di abolire il servizio delle monache negli ospedali per ragioni di moralità, di convenienza e di economia. Ma le amministrazioni ospedaliere continuarono a richiedere le religiose, perché in questo modo risolvevano con poca spesa uno dei problemi più gravosi, cioè quello del personale, che erano del resto impossibilitate a preparare.
Una delibera del 13 settembre 1897 decise di chiudere gli ambulatori.  Poiché l'ospedale non aveva una farmacia interna si era sempre dovuto ricorrere alle farmacie private che si trovavano in Montecchio. Dopo le vicende di Caporetto l’ospedale diventò un Reparto dell'Ospedale di Riserva di Reggio Emilia.
I civili furono ricoverati nella nuova struttura del lazzaretto voluta dall'Amministrazione ospedaliera e da poco costruita fra l'ospedale e la zona Barilla. Per quanto concerne le pompe funebri già dal gennaio 1892, con apposito decreto, il Prefetto aveva approvato il Regolamento della Soc. Anonima pei trasporti funebri.
Un funerale di prima classe prevedeva: Carro a due cavalli e cocchiere in livrea, una elegante carrozza d'accompagnamento con cocchiere e palafreniere; il tutto per la spesa complessiva di lire 30. Per un funerale di terza classe, il più frequente, dato il gran numero di meno abbienti, era previsto un carro a un cavallo e poco altro, per una spesa complessiva di lire cinque. Fu nel 1906 che la luce elettrica fece la sua apparizione in ospedale, ma nelle sole sale operatorie e di medicazione. A partire dal novembre 1911 si ebbe il primo centralino telefonico.
In agosto del 1924 la costituzione in Ente Comunale di Assistenza. Il 4 marzo 1939 l'Ospedale fu reso autonomo dal Comune di Montecchio al quale era annesso attraverso l'ECA.
Venne la guerra, venne l'occupazione Tedesca. Nell'Ospedale trovarono sempre rifugio sbandati, prigionieri di guerra, militari stranieri, partigiani e ricercati; il tutto in una struttura che stava dimostrando tutti i suoi limiti: la struttura del fabbricato, delle sale di degenza, della stessa sala operatoria erano tali da poter dare solamente scarsa garanzia sotto l'aspetto igienico-sanitario. Nel giugno del 1939 l'Ospedale, per questo motivo, fu declassato ad infermeria: un primo passo verso la chiusura.
Sempre dalla Pianta Organica dell'epoca ricaviamo che il personale para-sanitario era così strutturato: 6 suore diplomate, 2 infermieri diplomati, 2 infermiere abilitate, 3 persone di servizio. Un totale di 16 persone per 826 ricoveri in quell'anno.
Il primo atto del nuovo Consiglio di Amministrazione, dopo la fine della guerra, fu di ripristinare la precedente situazione riportando il Franchini ad essere "Ospedale di terza Categoria". Questo avvenne in data 11 novembre 1945.
Primo problema all'ordine del giorno: una nuova sede Ospedaliera. Si trattava dell'unica possibilità di salvezza del Franchini. Il 29 giugno 1959, dopo 347 anni, i cittadini di Montecchio vedevano realizzato il loro nuovo Ospedale.
Fu un avvenimento di straordinaria importanza per Montecchio; all'inaugurazione intervenne Donna Carla, moglie del Presidente della Repubblica Gronchi la quale portò in dono anche una autoambulanza.
Fu nel 1957 che si stavano rendendo disponibili dal Ministro competente 50.000.000 di Lire.  Occorreva però la massima velocità di esecuzione e bisognava provvedere immediatamente a fissare il luogo dove costruire il nuovo ospedale, costruito poi in un appezzamento di terra dalla parte opposta dove si era pensato di operare il nuovo progetto. Si trattava di andare a costruire nella zona bassa e peggiore del paese e l'Ospedale andò dov’è tuttora. Da subito l'apertura della nuova sede creò problemi, anche se di altra portata: già dopo pochi mesi la presenza dei degenti era talmente aumentata che si dovette utilizzare per la loro sistemazione ogni spazio possibile, compresi i corridoi. La già segnalata carenza di personale fu affrontata con l'istituzione dell'internato. Si andava letteralmente alle case, spesso alle case di contadini, a chiedere ai giovani di intraprendere corso e carriera all'interno della Sanità pubblica, come infermiere o tecnico.
Il 31 gennaio 1960 si deliberò la costruzione di una nuova ala dove troveranno posto i reparti di radiologia, medicina e ortopedia. Poi verranno la nuova sala operatoria, la sistemazione del reparto di chirurgia, l'apertura del reparto di ostetricia. L'affluenza dei degenti è in continuo aumento, come lo sviluppo della tecnica sanitaria. Queste due tendenze impongono continui aggiornamenti sul fronte dei servizi.
Al 31 dicembre 1975 l’organico del Franchini era il seguente:
89 infermieri, 36 ausiliari, 30 operai. Un totale di 171 persone, cui vanno aggiunti i 28 sanitari. Queste 199 persone nell'anno 1975 hanno dovuto far fronte a 60.370 degenti, con una media giornaliera di 165 presenze.
In quello stesso periodo il Franchini, in crisi di liquidità per il mancato pagamento dei servizi da parte delle mutue, dovette emettere "buoni" per tenere calmi i fornitori. II 22 maggio 1971 con legge n°342 venne istituita la Regione Emilia-Romagna con sede a Bologna. Ciò comporta una profonda modifica nella funzione dell'Ospedale che da una parte perde autonomia, dall'altro assume l'importanza all'interno di quello che si stava creando: un vero sistema sanitario. Il 31 marzo 1975, dopo ottanta anni di presenza attiva in Ospedale, lasciano la loro funzione le suore "Figlie della Carità." Il 19 maggio 1980 con la nomina del Comitato di gestione il Franchini perde ufficialmente la sua autonomia ed entra a far parte del più ampio sistema sanitario nazionale: nascono le USL. Dalla sua fondazione nel 1612 sono trascorsi qualcosa come 368 anni.  Il Franchini viene dichiarato Ente Ospedaliero operante a Montecchio Emilia come USL N°8.



 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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