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FRASCATI Ospedale S. Sebastiano Martire

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Il contenuto della scheda deriva dal testo: l'ospedale di San Sebastiano in Frascati origine e progresso- Piccolini Celestino - 1920

I cittadini di Frascati nel 1518 con l'approvazione del Cardinale vescovo Filippo di Ludenburg, aprivano il primo asilo della città a favore degli Infermi poveri e privi di soccorso. La Confraternita si esercita, dicono gli atti di visita dell'eccellentissimo Vescovo d'Aste nel 1703, in diverse opere Pie, specialmente nell’ospedalità, poiché essa ha la cura e l'amministrazione dell'ospedale di questa città, dove si raccolgono i pellegrini e gli infermi poveri, in attesa di essere trasportati a Roma, se il loro stato di salute lo permetta. Tutto ciò a spese dei confratelli, i quali vengono in soccorso delle pericolanti, danno gratuitamente sepoltura ai morti e provvedono al trasporto al Santo Spirito dei fanciulli esposti e reietti. A seconda delle rendite del sodalizio sovvengono anche gli infermi ed i poveri della città e del suburbio. Accorrono, invitati, agli  accompagni funebri, nonché alle processioni, indossando abiti bianchi con le insegne della confraternita sul petto, che sono le stesse della arciconfraternita del gonfalone di Roma. Tutte le domeniche e le feste si adunano nel loro oratorio. Con queste notizie concordano quelle che si hanno dagli atti di visita anteriori all’Aste, come quella dell’eccellentissimo Alfieri nel 1636 e l'altro del Cardinal Cybo nel 1680 la quale ultima ci fa conoscere che fin d'allora l'ospedale era fornito decentemente di 12 letti.
Ed ecco i confratelli del Pio sodalizio pregare e beneficare, allargando la cerchia delle loro buone opere. Colla cura dell'ospedale e della chiesa di San Sebastiano annessa, officiavano la cappella di Santa Maria in Vivaro. Tutti i sabati, a sera fanno cantare le litanie dinanzi all'immagine della beatissima Vergine in cattedrale. Fanno celebrare le messe secondo l'intenzione di più testatori, ed assegnano doti alle fanciulle. Queste opere di carità spingevano la generosità dei privati a venire in aiuto delle finanze della Congregazione, impari al bisogno; ricordiamo la cessione del reddito di una camera quello di una casa con bottega o lasciti in denaro .
Il Concilio tridentino, sessione XXII capitolo 2 aveva elaborate le norme per le confraternite; e Clemente VIII, in base a ciò, emanava il 7 dicembre 1604, disposizioni che dovevano servire di base a tutte le confraternite. Onde quella di Frascati, in data 18 marzo 1610, otteneva il rescritto di aggregazione all’Arciconfraternita del gonfalone di Roma, fondata da San Bonaventura nel 1263, partecipando a tutte le indulgenze e privilegi. Sotto buoni auspici la pianticella sviluppa; e nel 1609 l'ospedale è in grado di accogliere nelle stanze terrene i PP. Riformati di San Francesco, ricevuti con tanto entusiasmo dalla città, facendo a gara, le migliori famiglie, nel fornire i mezzi per costruire il convento.  L'ospedale aveva bisogno di acqua e nel 1624 Donna Olimpia Aldobrandini ne concedeva un'oncia in perpetuo dalla sua nobile Villa .
Dallo stato di amministrazione presentato, per la prima volta separato da quello della confraternita, per volere del eminentissimo Cardinale Doria Panfili nei primi del 900, le entrate erano di scudi 24 mentre le spese a 80 ossia con 56 scudi passivi annui. La carità  cittadina, sempre sollecita, sopperiva al bisogno con la fornitura di letti e con l'aumento delle rendite.
L'invasione Napoleonica del 1815 annesse le rendite della confraternita col pretesto di gestirne l'amministrazione, diede una nuova poderosa scossa all'edificio finanziario. Ma nel rovescio della medaglia, le spese superano le entrate, ammontando a scudi 135. Di più, erano stati omessi i debiti gravanti l'ospedale per canone, frutti di censo e medicinali non pagati. Nel 1819 Pio VII aveva emanato disposizioni per il riordino generale degli ospedali dello Stato Pontificio  istituendo una nuova deputazione, estinguendo i debiti per far rifiorire l'ospedale. Il miglioramento del retto funzionamento dell'ospedale, sotto la nuova amministrazione, è dato da un resoconto di 16 anni dopo in cui le entrate salivano a scudi 4492 e le spese a 4335.
Abbiamo visto il progresso amministrativo nei primi tre anni dalla fondazione; riguardo all'edilizia invece i miglioramenti furono assai inferiori. Dagli atti di visita Severoli, 1656, il luogo Pio risulta composto di 3 vani: uno inferiore pei Pellegrini e due superiori, uno per gli infermi con molti letti e monde suppellettili, l'altro per l’ospitaliere che aveva la cura e l'amministrazione dell'ospedale. Da quelli della visita delle dell’Emo Cybo, 1680, risulta, che i letti erano 12. Dagli atti  del Vescovo De Aste nel 1703 sono specificati due sale: quella per gli uomini, appena si entrava, con 12 letti, sei per parte, provvisti di tutte le suppellettili; l'altra separata per le donne, ovvero due letti allestiti, ed altri due montati senza suppellettili. Unita a quella delle donne, si menziona una stanza per la guardaroba e, tra questa e quella degli uomini, la camera per l’ospedaliere. Esso, pena la rimozione dall'ufficio, non poteva accettare malati se non portavano un permesso rilasciato dai deputati dell'ospedale. Ai Pellegrini si dava soltanto alloggio, con la comodità di dormire, per 3 di e tre notti, dopo i quali venivano licenziati. Non era molto; ma in quei tempi, allorchè i pellegrini ed ai senzatetto veniva concesso per unico ricovero un cascinale o qualche stalla se non volevano passare gemendo la notte in un sottoscala o in un portone, tal ospizio era di un gran sollievo. Questa forma primitiva perdurava quasi la stessa nel 1839: una camera grande per uomini, una più piccola per le donne, una terza per la spedaliera. Un piccolo corridoio metteva i tre piccoli vani a sinistra dei predetti. A pianterreno, ancora lo stanzone per i pellegrini ed accattoni, mentre un altro appresso era affittato come granaio. Contiguo eravi un orticino con una vasca per lavare. dal rendiconto presentato alla sacra visita il 15 agosto dello stesso anno 1839, risulta un’ entrata di 260 scudi e 29 baiocchi, con un'uscita di 210 scudi e 50 baiocchi, così ripartiti: stipendi alla spedaliera scudi 18; alla medesima per vitto agli infermi, computati a 5 baiocchi ognuno, scudi 36;  medicinali scudi 80; trasporto infermi a Roma scudi 40; biancherie, coperte, eccetera scudi 15; lumi, fuoco, terraglie scudi 25,50. Nelle entrate sono compresi scudi  80  pagati dal comune, in ragione della sua popolazione, allora di 4203 abitanti, a tenore delle disposizioni della circolare pontificia del 1819. Gli altri comuni limitrofi non corrisposero all'assegno. Di strumenti chirurgici non si parla, perché gli ammalati da operarsi erano trasportati a Roma; del rimanente c'era il barbiere per il servizio dei calli, e il flebotomo con le sue eterne lancette pei salassi.
Nel decreto per l'erezione canonica dell'ospedale, dato il 10 febbraio 1866  dal Cardinale Caggiano, si legge che, impiegando una somma non leggera, il Cardinal Micara ampliò la sala per gli uomini, ne eresse dalle fondamenta un'altra per curare le donne; costruì, pur di pianta, l’attigua casa per l'abitazione del direttore, lasciando delle disposizioni e regolamenti per la retta amministrazione, e per il bene corporale e spirituale dei ricoverati. Il Cardinal Pentini attuò il desiderio del Micara, chiamando alla direzione i Fatebenefratelli, i quali nel 1873, erigevano all'ingresso dell'ospedale un busto marmoreo all'illustre e munifico Porporato. L'esempio della munificenza di così  esimio cittadino trovò larga emulazione nel cuore pietoso di molti signori di Frascati che elargirono all'ospedale donazioni come rendite di proprietà ( Vigne camere in affitto, mulini)  e denaro.
La carità, come un fiume “crescit eundo”; e l'ospedale, sulle ali della carità, progrediva di continuo sotto ogni aspetto. Il Cardinal Mattei successore del Micara, compilava per la prima volta un regolamento scritto, approvato il 4 marzo 1846.
Sempre nel 1846 con la donazione dei fondi fatta dal Micara e quelle degli altri benefattori, si ebbe allora un reddito di 450 scudi, coi quali, fatto il computo che ogni ammalato venisse a costare 7 baiocchi e mezzo al giorno, si poterono stabilire 5 letti fissi per la completa guarigione dei frascatani; letti che poi furono aumentati, e, con essi, fu  aggiunto all'infermeria  un inserviente esclusivamente per gli uomini, col miglioramento della razione dietetica più abbondante e adatta ai singoli individui.
Assistere ogni sorta di infermità sul letto del dolore, apprestando i più umili e ributtanti servizi; aprire degli asili ai bambini scrofolosi e rachitici; ospitare e farsi guida paziente di coloro che hanno perduto il ben dell'intelletto; è la divisa che assumono i seguaci dell’Apostolo della Carità, San Giovanni di Dio, il quale invitavali ai più duri sacrifici, col soave motto inspirato dal Salmista: “diverte a malo et fac bonum”; “Fate-bene-fratelli”.
Per secondare adunque le ultime volontà del Micara, il cardinale Pentini, stipulava Il 16 maggio 1869, un compromesso col generale dell'Ordine dei Fatebenefratelli, per affidargli la direzione di amministrazione dell'ospedale. Consegnavagli in pari tempo una prima somma di scudi 1136 che furono impiegati per restauri indispensabili ed acquisto di mobilio, in particolare venti letti al completo, al fine di allestire l'ospedale nel miglior modo possibile, per la presa in possesso, che avvenne il primo luglio del 1869. Dati i privilegi che gode l'ordine di San Giovanni di Dio, i regolamenti fatti per lo innanzi non potevano più essere applicati.
Una somma di scudi 1800, proveniente dalla eredità Micara, fu assegnata per il mantenimento di 16 letti per uomini e 4 per donne, finché per esse non si fosse provveduto in luogo particolare, o presso una Congregazione femminile. Tuttavia, e con molta saggezza, adeguatamente alle rendite fu limitata la ricezione degli ammalati, dovendosi ammettere soltanto quelli affetti da malattie acute, curabili, escluse le veneree , cutanee, mentali e croniche. Intanto il vertiginoso elevarsi di prezzi e di giornate, l'unica economia che è stata possibile farsi, i Fatebenefratelli l'hanno fatta su se stessi, contentandosi dello stipendio primitivo di circa 35 centesimi al giorno per ciascuno, compreso il direttore. E con questo pingue assegno devono  provvedersi scarpe e vestiti. Un po' più di generosità, al confronto, è stata usata con la servitù: lavandaia 35 lire mensili, inservienti 25.
Si è accennato come si desiderasse una divisione in altra collocazione per i letti delle donne. Questo desiderio effettuavasi dopo pochi anni; quando, previa  autorizzazione della prefettura, con nota del 9 agosto 1878, ponevasi la prima pietra per l'erezione di un magnifico padiglione per le donne, in luogo separato e presso l'ospedale. La cerimonia fu improntata a festa cittadina, col suono del concerto, numeroso popolo e le rappresentanze della Curia e del Municipio. Il 4 giugno 1880 l'edificio era completo; l’ampia corsia veniva inaugurata prendendo il nome della munifica benefattrice la signora Giuseppa Vittori, vero angelo di carità cristiana per i poveri infermi, la quale aveva erogata, per l’erigenda sala con annessi, la somma di lire 20.000. Nella sala furono accolte 4 inferme, quanto pel momento ne permettevano le finanze dell'ospedale, che forniva vitto e medicinali in attesa che nuove elargizioni permettessero l'aumento del numero dei letti. I superiori, avevano dato il permesso di costruire il nuovo fabbricato a condizione che si avrebbe poi dovuto provvedere all'assistenza delle donne, mediante due o tre suore, le quali avrebbero dovuto  risiedere presso le inferme. Intanto, mentre si facevano pratiche a questo scopo, una donna accudiva l'assistenza delle ammalate, visitate di frequente dalle Dame di San Vincenzo de' Paoli. Andato a vuoto l'intento di avere le suore si faceva un compromesso con l’Istituto di San Carlo perchè le donne fossero ricoverate in quella casa col corrispettivo di 6 lire giornaliere per quattro letti. Così, due anni dopo l’inaugurazione, la sala Vittori fu chiusa, e le donne vennero accolte nella casa di salute di San Carlo. Questa convenzione che, oltre l'affitto del locale, faceva risparmiare all'ospedale un personale indispensabile, fu rinnovata dalla Commissione.
Come necessario che la pioggia discenda in ogni stagione, perché si abbia abbondante raccolto, così un ospedale ha bisogno che in ogni tempo sia soccorso da generosi benefattori. La carità a un campo si vasto, quanto  estese sono le miserie della povera umanità. Ma senza una scrupolosa e saggia amministrazione, avesse pure delle rendite come il Banco di Santo Spirito, presto o tardi dovrà aspettarsi un disastro. Divenute in seguito le rendite dell'ospedale stazionarie, ed insufficienti al mantenimento dei letti stabiliti, si resta ammirati come i Fatebenefratelli abbiano saputo renderle elastiche da sopperire, non solo i bisogni sempre crescenti e all’aumento spropositato dei generi, ma siano riusciti ad apportare quei progressi, che mai poteva avere in passato, sino a ridurlo un perfetto ospedale moderno. Ai miglioramenti già attuati si aggiunse un ampia sala da bagno con alte lastre di marmo alle pareti, fornita di acqua abbondante, con due nitide vasche di scagliola peperino, ed un eccellente apparecchio metallico per doccia. Il bagno, inaugurato il 28 luglio 1900, frutta  in tre anni circa lire 500. Vi è stato impiantato un macchinario pel riscaldamento dell'acqua, a totale spesa dei Fatebenefratelli. Le due corsie di medicina e chirurgia, sebbene rinnovate, avevano i pavimenti con mattoni di terracotta ed il soffitto col solaro di legno a tetto.  Ora i pavimenti brillano di lucide mattonelle compresse a 350 atmosfere; agli angoli sono fatte a guscio e sopraelevate, da permettere il lavaggio del pavimento, senza inumidire le pareti. Demolire i soffitti tarlati, abolire i tetti, rialzare i muri, per rendere i vani proporzionati, mettere a nuovo finestre e porte, significava, dopo i pavimenti rinnovare i restauri fatti dal Micara, con sistemi moderni. Per cui le corsie ripulite e con alti zoccoli di lucido smalto, appaiono oggi belle, inondate d'aria e di luce, con soffitti piani, sorretti da costoloni di ferro, sopra i quali corre un'ampia terrazza praticabile.
Sì istituì la camera del pronto soccorso con tutti gli accessori, dove, oltre i casi accidentali, ogni mattina è un viavai di persone per farsi medicare. Il municipio, è vero, corrisponde, per le spese di medicatura dei poveri, lire 700 annue; ma questa somma, considerato il costo delle fasciature e dei medicinali, considerato che l'anno 1917 si fecero circa 1400 medicazioni ad oltre duecento persone, nel solo mese di marzo, è chiaro che in qualche mese sono esaurite. In media un 10 mila medicature all'anno, e volendo assegnare un minimo, per non dire metà, di 50 centesimi per medicatura: è evidente che l'ospedale deve rifondere più di 4000 lire annue sull'assegno stanziato dal municipio. Sì istituì il gabinetto odontoiatrico, arricchito di tutto quello che, al presente, può richiedere la cura dentaria e prostesi. Si rimetteva quindi completamente a nuovo la camera operatoria a seconda delle leggi igieniche moderne; la allargava, ricoprendo tutte le pareti, nonché soffitto, di bianco smalto; e col nuovo lucernario faceva sì che fosse rischiarata da un cielo di luce. Dentro un armadio di cristallo, brillano come argenterie tutti i più moderni strumenti per qualsiasi operazione chirurgica.
Nel 1918 arrivò l'apparecchio per la radiografia. Pel passato accadeva che i poveretti, cui la malasorte aveva cagionato una frattura, gemessero, Talora, sotto l'ingessatura, con il tormentoso dubbio se l'osso fosse bene a posto o no. Come vederlo l'osso? Ecco la radiografia a dare tranquillità ai dubbiosi, che molte volte erano turbati a ragione. Si fece acquisto di una stufa elettrica pel riscaldamento della camera operatoria. I redditi certi dell'Ente, come ognuno può osservare dai ruoli di entrata ed uscita  (esposti in Municipio al pubblico, per chi non lo sapesse, 8 giorni ogni anno ai primi di gennaio) ascendono a circa 22 mila lire le quali se per il passato permettevano il pareggio, è cosa evidente che non sono più sufficienti al presente. E’ stato un miracolo di economia se con esse si potè mantenere l'equilibrio anche durante la guerra sino al 1918.



 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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