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Questa scheda proviene dal sito "carte da legare " http://www.cartedalegare.san.beniculturali.it/ ; è un progetto della Direzione generale archivi del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turi-
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Carte da legare costituisce anche un percorso tematico specifico del SIUSA (Sistema Informativo Uni-
http://www.cartedalegare.san.beniculturali.it/index.php?id=192
altro link da cui ho tratto alcune informazioni:
http://architetturemanicomiali.altervista.org/ospedale-
Negli anni Ottanta dell'Ottocento anche il convento di Astino risultò inadeguato: gli spazi non erano sufficienti, la struttura non poteva essere ampliata e soprattutto non si poteva praticare una metodica suddivisione interna delle tipologie di malati.
Nel 1884 la Deputazione Provinciale iniziò le ricerche di un terreno che fosse sufficientemente ampio, senza fabbricati e almeno parzialmente coltivabile, situato in un'area salubre, che non distasse più di 2 km da Bergamo e che fosse nei pressi di una condotta d'acqua: la scelta ricadde su un terreno posto nella parte finale di via Borgo Palazzo. L'incarico di progettare il nuovo manicomio venne assegnato all'Ing. Elia Fornoni, al quale venne richiesto un insieme di edifici di capienza, funzionalità e struttura idonei ad ospitare un maggiore numero di malati rispetto al manicomio di Astino.
L'ingegnere venne affiancato, nella fase di progettazione, dallo psichiatra lucchese Dott. Scipione Marzocchi e realizzò una struttura a padiglioni.
Per gli aspetti tecnici e impiantistici si guardò al Manicomio di San Lazzaro di Reggio Emilia; il modello architettonico di riferimento fu il Manicomio di Pavia in Voghera.
Il nuovo manicomio viene concepito autonomo rispetto alla “città dei sani” ma recintato da un muro non molto alto, non troppo segregante. La composizione interna è a “quartieri indipendenti”, cioè padiglioni, rispondenti al principio clinico di cure specifiche in rapporto all’intensità e al tipo di malattia. I malati erano divisi per sesso, età e forme di mentecaggine. Al piano terra furono sempre posti i locali di soggiorno e lavoro dei malati, i refettori; al primo piano i dormitori con stanze a più letti e le celle, solo se indispensabili. La soluzione bergamasca mirava a un diradamento dei padiglioni a favore del pieno soleggiamento dei locali oltre che per il previsto aumento di volumetrie.
L’asta centrale ortogonale alla via di Borgo Palazzo era composta da volumi in parallelo raccordati tramite corpi trasversali e pensiline, in modo da formare due ampie corti lasciate vuote, circondate da gallerie con arcate a tutto sesto su colonne di pietra arenaria, sovrastate da terrazze per i degenti. La direzione, gli alloggi del personale, la cucina e l’alloggio delle suore erano posti in due padiglioni paralleli tra loro e alla strada, mentre i padiglioni per l’osservanza dei malati e i laboratori erano distinti per sesso, paralleli tra loro e ortogonali ai precedenti.
L’affaccio dell’edificio fu curato scenograficamente: tre piani, arretrato rispetto al perimetro stradale, sul quale si affacciavano ai lati le piccole sedi del custode e del cappellano; era preceduto da un’ampia corte che ne valorizzava l’impostazione neoclassica.
La chiesa neogotica è a pianta ottagonale con decori neogotici; dietro di essa un edificio a pianta a C custodiva i macchinari per l’energia elettrica, i servizi sanitari e la lavanderia. In altri tre corpi erano posti i servizi necroscopici e di isolamento dei contagiosi, distinti per sesso, e un padiglione per l’isolamento con pianta a croce latina.
A destra e a sinistra della doppia spina centrale vennero posizionate due fasce edilizie perfettamente parallele tra loro e alla spina, secondo una rigorosa simmetria: ospitavano i malati divisi per attitudine (tranquilli, semiagitati, agitati) e per sesso. Quasi a confine con il muro di perimetro vi erano i padiglioni a pianta rettangolare e ad un unico piano per i paganti, i paralitici, gli adolescenti.
La distanza tra i padiglioni consentiva la formazione di vaste aree piantumate a verde.
I pazienti vi vennero trasferiti nel 1892 e vi rimasero, attraverso le trasformazioni e riorganizzazioni determinate dalla Legge Basaglia, fino al 1998, anno della definitiva chiusura.
Con l'emanazione della Legge 13 marzo 1978 n. 180 (Legge Basaglia) relativa ai trattamenti sanitari volontari ed obbligatori e la creazione del Servizio sanitario nazionale con legge del 23 dicembre 1978 n. 833, l'ospedale neuropsichiatrico passò in gestione dalla Provincia all'USSL 29 di Bergamo.
I pazienti che, secondo i nuovi criteri dettati dalla legislazione in materia, non necessitavano di un ricovero in una struttura psichiatrica vennero dimessi alle famiglie, passando sotto la supervisione dei Centri di Igiene Mentale (CIM) di competenza territoriale, o presso strutture esterne di carattere assistenziale (ospizi, case di riposo, istituti privati).
I pazienti che invece non potevano essere trasferiti in strutture esterne vennero "trasformati" in pazienti volontari -
I passaggi di competenze avvenuti tra il 1978 e il 1998 sono molto complessi, a causa delle modifiche continue delle strutture sanitarie locali ed ai cambiamenti di denominazione da esse subiti. In sintesi, le strutture dell'ex ONP di Bergamo passate in gestione nel 1978 all'USSL 29 di Bergamo (poi USSL Ambito territoriale n. 12), vennero accorpate all'Ospedale Bolognini di Seriate (Bg) come Azienda 12 ed infine, nel 1998, assorbite dall'Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo.
Altre informazioni sul sito di " Spazi della follia " -
http://spazidellafollia.eu/it/fotografie/Ospedale%20neuropsichiatrico%20provinciale%20di%20Bergamo
http://www.spazidellafollia.eu/it/complesso-