GALLIPOLI Ospedale civile - Ospedali d'Italia

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GALLIPOLI Ospedale civile

Ospedali Sud > Regione Puglia > Lecce e provincia

La scheda proviene integralmente dal lavoro del Prof. Federico Natali, che ringrazio per la disponibilità, pubblicato all'url

http://www.federiconatali.it/file/L_ospedale_civile_di_Gallipoli_nel_tempo.pdf  visitato il 26/12/2020


"Esaminando il Diploma “Regis Ferdinandi de anno 1485”, dato il 25 aprile 1485 da Castel Nuovo di Napoli, ff. 319-326, trascritto nel Libro Rosso di Gallipoli, parte 1^, in un capitolo (ff. 322-323), così leggiamo:
Item, [l’Universitas] supplicando espone ad essa Maestà, come per altre volte si è esposto, che lo Reverendo Episcopo [Alfonso Spinelli] tene uno Ospedale lassato e ordinato per uno Cittadino nominato Stefano Grasta del quale ad ipso pervenne grande utilità di entrate, et lo ditto Ospidale sta expoliato de letti, et de omne altra cosa: et non solum quello ma un altro Ospetale, qual è dello Episcopato spoliato de omne substantia, et Vostra Maestà comandò per altra lettera, che ditto Episcopo dovesse ponere in punto ditto Ospidale, et observare secundo la volontà del Testatore. Lo dito Reverendo Episcopo promise videndo ditta lettera di farlo, et mai ebbe esecuzione, et stà ditta Città senza Ospidale, che venendo alcuno povero non hà dove alloggiarsi.
Da ciò possiamo dedurre che già nel 1485 esisteva a Gallipoli un piccolo ospedale eretto con un legato di un certo Stefano Grasta ed affidato alle cure della chiesa locale.
L’abate Antonio di Santo Elia, gallipolino, ne edificò e dotò un altro, nel 1511, sotto il titolo di Santa Maria del Soccorso, nel luogo ove oggi sorge il Museo civico, con istrumento di fondazione del 18 agosto 1511, per notar Salvatore Gaballo di Ugento.
Amministratori dell’ospedale furono nominati i parenti del testatore. L’abate volle affidarlo alle cure del Vescovo Enrico d’Aragona (F. D’Elia, Risposta archeologica all’articolo dello Spartaco “La nostra Congregazione di carità, in “Spartaco”, A. XI, N. 68 del 24 ottobre 1897).
In quel tempo l’Ospedale ed il Monte di pietà erano un’unica istituzione, amministrata, per diritto, dai quattro parenti del Santo Elia, affidata alla vigilanza del Vescovo. Del funzionamento di questa istituzione non si hanno sufficienti notizie: la Visita pastorale del 1567 del vescovo Pellegro Cybo, purtroppo perduta, avrebbe potuto fornire i lumi necessari.
Agli inizi del secolo XVII, l’intera istituzione fu affidata dal vescovo Vincenzo Capece, alla gestione diretta dell’Universitas che ogni anno, durante i mesi estivi, eleggeva “li Mastri del Monte et Ospitale”, rispettando il legato dell’abate Antonio di Santo Elia, fondatore dell’ospedale.
Il vescovo Giovanni Montoya de Cardona nella sua Visita pastorale del 1660 descrive in maniera esauriente questa istituzione (Archivio Storico della Diocesi di Gallipoli, Visita Pastorale, anno 1660, ff. 101-105).
Per quanto riguarda l’Ospedale, il Prelato così scrive: ”Sacrum Hospitale quod est situm intus hanc Civitatem iuxta Palatium Civitatis, in quo habitat Regius Gubernator ex oriente, et iuxta domus D. Octavij Pane ex occidente, viam pubblicam ex Austro”.
Ci informa che affianco all’ingresso dell’ospedale, a sinistra, vi era una piccola cappella con due finestre; dentro un altare con una tela del Crocefisso, i muri spogli, poveri e vecchi arredi sacri.
L’Ospedale era retto da due “Mastri”, eletti ogni anno dall’Universitas (l’anno della Visita lo reggevano Angelo Patitari ed Alessandro Frisulli: quest’ultimo “medicum phisicum, et chirurgum”), ed ospitava gli infermi poveri dei due sessi, sia angustiati da febbre sia da qualunque altra infermità, fornendo loro gli alimenti ed i medicamenti necessari. Ospitava anche i pellegrini di passaggio assicurando loro anche il vitto se fossero stati infermi.
Soleva accogliere anche i neonati abbandonati (esposti o proietti) ai quali forniva assistenza ed una nutrice fino all’età di 4 anni.
Gli ammalati oltre ad un’infermiera, che percepiva un salario di 18 ducati l’anno, erano assistiti da “quidam Barbarius” di nome Francesco Maiorana (era un ex schiavo giunto dall’Africa settentrionale, detta in quel tempo Barbaria) che provvedeva “non solum pro secandis venis Infirmorum et applicandis clysteribus et similia” ma anche ad ogni altra necessità dell’ospedale.
Il Monte di pietà, oltre ad assistere gli esposti, era tenuto a soccorrere, ogni anno, con un sussidio dotale, le fanciulle orfane, e soccorrere i poveri vergognosi: “insuper tenetur tribuere subsidium dotale Puellis orphanis quotannis, et subvenire pauperibus verecundis”.
Questo compito lo svolgeva attraverso l’amministrazione di numerosi legati di facoltose famiglie gallipoline e gestendo anche dei fondi messi a disposizione dall’Universitas.
Quando questo Ente fu staccato dall’ospedale, l’elezione dei due Mastri che dovevano amministrarlo fu disciplinata da un decreto del vescovo Andrea Massa, emanato durante la sua Visita pastorale del 1654: essi venivano eletti, “per secreta suffragia”, da venti nobili della città oppure da alcuni cittadini proposti dai Mastri uscenti, alla presenza del Vicario generale o di un suo delegato.
Nel febbraio 1810, sindaco Giovan Battista Forte, il Consiglio decurionale elesse “ i due Governatori dell’Ospedale civile, sotto il nome di Santo Elia, i due Governatori del Monte degli espositi e i Deputati di Sanità”.
Non mancarono i casi di corruzione e ruberie da parte degli amministratori dell’Ospedale. Nella sessione decurionale del 1° il decurione Giuseppe Castiglione denunziò gli abusi di cui si era reso colpevole il Canonico D. Francesco Saverio Citta, economo dell’ospedale.
Occorrerà attendere l’aprile del 1877, sindaco Michele Perrin, perché l’Ospedale fosse trasferito nei locali dell’ex Convento dei PP. Cappuccini, ad un miglio dalla Porta civica (Deliberazione del Consiglio Comunale del 3 aprile 1877).
Alla fine di luglio del 1877 giunse a Gallipoli, da Napoli, il medico Giuseppe Ria (1839-1926), originario di Tuglie, assistente del prof. Antonio Cardarelli presso l’ospedale Gesummaria di Napoli, invitato dal Perrin e dall’amico Emanuele Barba a visitare il nuovo Ospedale.
Dopo la visita il Ria inviò al giornale Il Municipio di Napoli una lettera, nella quale metteva in rilievo le ottime qualità del nosocomio, perché fosse pubblicata. Il Municipio la pubblicò il 7 agosto 1878.
Il valente medico, tra l’altro, così si esprimeva:
“[…]. Passai dal pianterreno al primo piano e quivi osservai cameroni destinati ad infermi di morbi cronici colla solita distinzione per i due sessi, e col corredo per ciascun letto posto con tutta nettezza e decenza. Quivi gl’infermi di morbo cronico guadagneranno moltissimo, ne sono sicuro, perché oltre ogni altro mezzo salutare, la igiene è tutta posta a loro profitto. […]. Vi ha in quel piano superiore un’altra bella cosa che trasse a sé tutta la mia attenzione. Vidi le stanzette, che furono le celle dei Frati, preparate per infermi di morbi infettivi acuti colla regola di metterne uno o al più due (nel bisogno) per ciascuna.
Le sono proprio un eccellente progetto perché comprendono simul et semel i due grandi rimedi dei morbi infettivi, isolamento ed aeramento. […]. In quel medesimo piano superiore vi ha una sala destinata a ragazzi infermi, e certamente piace vedere quella povere creature isolate dagli altri infermi, perché essi hanno bisogno di certe cure affettuose che non sono né possono essere degli altri infermi, i quali ne soffrirebbero per fastidio ed anche per commiserazione. […]. Dopo tutto questo vidi una stanza destinata a bagni idroterapici. Ciò mi piacque oltre ogni credere, perché vi si possono fare molte belle cose ed utilissime. […]. Non posso qui scrivere dei tanti vantaggi che certi infermi dello Spedale ne potrebbe avere, come è risaputo in Idroterapia, […]. Sicché i cittadini di Gallipoli avranno da ora innanzi la grande facilità di questi bagni in casa propria con grande economia, col maggiore commodo possibile, […]. Nell’Ospedale ho pure veduto alcune stanze destinate a ricevere infermi a pagamento, e ciò potrebbe essere molto utile a parecchi, i quali non potendo curarsi in casa propria, come sarebbe di qualcheduno senza famiglia, ricoverano nelle stanze suddette, e quivi saranno assistiti e curati col vantaggio di loro medesimi, e con quello economico dell’Ospedale. […]. Oltre tutto ciò vi ha il corredo di quanto altro bisogna per i letti, per gl’infermi, per i medicinali: ho visto le opportune suppellettili, una bella cucina di ferro col nuovo sistema di riscaldamento, una lavanderia, e tante altre cose. […]”.
Questo piccolo Ospedale funzionò fino a quando non fu portato a termine, nel 1934, il nuovo ospedale civile intitolato “Rosa Maltoni Mussolini”, madre del dittatore fascista.


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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