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VALENZA Po Ospedale Mauriziano

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Questa scheda è stata estrapolata da un lavoro svolto dalla Associazione Casalese Arte e Storia istituita nell'anno 1987 con Statuto iscritto al Registro del Tribunale di Casale Monferrato i cui obiettivi sono:
pubblicare un bollettino annuale, nonché studi, relazioni, monografie e altra documentazione storico-artistica riferiti alla città di Casale e al territorio.
promuovere e organizzare convegni e conferenze di argomento storico e artistico finalizzati soprattutto alla conoscenza del Monferrato.
organizzare visite a luoghi del territorio monferrino, visite a palazzi, chiese e monumenti della città e viaggi in altre località italiane e straniere per un approccio a realtà diverse storicamente e per cultura artistica.
stabilire scambi culturali con Enti e studiosi italiani e stranieri.  
L'articolo in questione è il seguente: C. Devoti, un nosocomio di eccellenza tra Monferrato e Valenzano: nuove note per l'ospedale Mauriziano di Valenza Po all'inizio del XIX secolo, in "Monferrato. Arte e storia" , N° 28 del Dicembre 2016 pp 129-142 e consultabile al link:   


http://www.artestoria.net/monfaesto/2016-001-162.pdf


Gerardo Tintore, con testamento del 30 settembre 1579,  lasciava per la fondazione dell’«ospedale per pellegrini e poveri, con due letti» la propria casa e cui si sarebbero in seguito legati alcuni fondi alla compagnia del Santissimo nelle mani dell’Ordine Mauriziano nel corso del XVIII secolo.
Con successivi spostamenti e infelici vicende questo primo nucleo ospedaliero era non solo insufficiente alle esigenze cittadine, ma anche scarsamente in grado di sostenersi da solo. La sua requisizione – forte della istituzione nel 1722, in ottemperanza alle regie patenti, di una Congregazione di Carità, che si  sarebbe dedicata ai poveri in mendicità e cura degli infermi - appariva imminente: nel 1770 in seduta della Compagnia del Santissimo si leggeva l’ordine sovrano di fare denuncia dei beni «ricevuti a scopo di assistenza gratuita agli infermi», cui peraltro la compagnia si sarebbe ben guardata dall’ottemperare, reputandosi in qualche misura immune dalla giurisdizione sovrana in quanto istituzione pia. Ne deriva, nel 1776, il sequestro di tutti i beni dell’antico ospedale e il loro trasferimento alla Sacra Religione. A nulla sarebbe servita l’accorata protesta di mons. Olivazzi, vescovo di Pavia, che osservava come i beni del lascito originario del Tintore non servissero per la cura degli infermi, ma fossero riservati ai viandanti e ai poveri, cui faceva seguito la supplica della medesima compagnia: i beni confiscati non sarebbero mai stati resi e l’Ordine Mauriziano avrebbe acquisito anche quanto rimaneva presso il quartiere del Santissimo.
Documenti datati 1809 e 1811 dimostrano una precoce attenzione alle nuove esigenze ospedaliere.
A Valenza, Dipartimento Marengo, Circondario di Alessandria», il giorno 21 ottobre 1809 due esperti, il «Signor Lorenzo Visconti Geometra» e «Giacomo Antonio Zambruno di professione capomastro entrambi domiciliati in Valenza» vengono chiamati dal «Signor Avvocato Giuseppe Campora in qualità di amministratore dell’Ospedale Civile (Hospice Civil) di questa città, dinanzi al giudice di pace della medesima, a rendere una dichiarazione giurata di valutazione dell’edificio nel quale in quel momento ha sede l’ospedale cittadino e a giudicare al tempo stesso la validità del sito, detto del Santissimo, dove l’amministrazione ospedaliera (Commission des Hospices Civils) avrebbe intenzione di spostarlo. In particolare la relazione metteva in luce come «essendosi essi [gli esperti] di nuovo posti alla visita sia del sito già impiegato dall’ospedale civile, sia di quello ove potrebbe essere trasferito, avevano rilevato come la collocazione attuale risulti troppo costretta, in mezzo ad altre abitazioni, é del tutto inadatta a fungere da ospedale, non potendo giovarsi di quella libera circolazione dell’aria che è esigenza imprescindibile di questo genere di opere, e che al contrario il locale del quartiere detto del Santissimo è di assai maggiore estensione con una corte che riceve l’aria libera da est e da sud, essendo posta sui bastioni e in posizione elevata, in un angolo discosto dalle altre abitazioni, e ancora in una postazione che si presta a essere espansa in caso di bisogno, ciò che risulterebbe viceversa impossibile rispetto all’edificio presso il quale si trova al momento l’ospedale. Pertanto siamo dell’opinione che il cambiamento di locale dell’ospedale di cui si tratta sia azione del massimo vantaggio e di tutta convenienza.
Nel 1825 si decide di procedere all’acquisto di un sito più idoneo e meno scomodo, soprattutto in vista di un’espansione consistente dell’istituzione,cadendo la scelta su un ampio fabbricato, già di proprietà dei  conti Figarolo di Groppello, denominato “La Salova” o “La Filanda”.
L’esecuzione del  nuovo ospedale inaugurato il 1° febbraio 1829, non sembra sia stata molto più economica, vista la spesa di ben 69.716,43 lire, per un numero complessivo di 24 letti per infermeria, ma certo il giudizio dei contemporanei ne parve da subito entusiasta, definendolo  «bello, ed in tutte le sue parti adattissimo», ma dimenticando al contempo tutta la lunga e complessa fase che aveva portato a questa soluzione finale togliendo forse dall’oblio figure di primo piano della cultura della progettazione ospedaliera tra l’età napoleonica e la prima Restaurazione, in un’area sulla quale gravitava – per la riconosciuta eccezionalità dell’assistenza mauriziana – un’amplissima utenza, non solo limitata alla città di Valenza, ma estesa al Monferrato.


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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