MILANO Dall'Ospedale San Rocco al S. Giovanni Battista poi Santa Maria Aracoeli - Ospedali d'Italia

Vai ai contenuti

Menu principale:

MILANO Dall'Ospedale San Rocco al S. Giovanni Battista poi Santa Maria Aracoeli

Ospedali Nord Ovest > Regione Lombardia > Provincia Milano > Città-Ospedali chiusi

I Fatebenefratelli Libri I 1588-1687 Tomo I – Il Convento Ospedale Santa Maria Aracoeli di Milano – FBF – G. Radice C. Mapelli - Milano 1976

Il 6 luglio 1588 fu posta, in Milano, la prima pietra per l'erezione del Convento-Ospedale dei Fratelli di S. Giovanni di Dio, casa-madre di quella provincia dell'Ordine, messa sotto la protezione di S. Ambrogio.
Il capoluogo lombardo, appartenente, di fatto, da circa sessanta anni al reame di Spagna, godeva, in quell'anno, ancora di un relativo benessere e l'assistenza ospedaliera e caritativa veniva assicurata da sedici istituzioni.
In questa organizzazione ammirevole o « tesoro dei milanesi » il convalescenziario per accogliere i dimessi o “clinicamente guariti” dai luoghi di cura, bisognosi di ricuperare le forze consumate dalle malattie e impossibilitati economicamente ad attendere al proprio completo ristabilimento, era stato voluto da S. Carlo Borromeo ed affidato per la sua realizzazione alla confraternita dei Santi Rocco, Sebastiano e Cristoforo in Porta Orientale, per la quale il grande Arcivescovo aveva rinnovato le regole, adattandole a questo scopo.
I « disciplini » o confratelli ammirati della carità del Santo durante la pestilenza (1575/77) e, in considerazione del grande numero di debilitati nelle più gravi indigenze, avevano dato inizio, appena cessato il flagello, all'istituzione, comperando, nel 1577, tre case, attigue alla loro chiesa di S. Rocco , e prendendo in affitto alcuni terreni.
L'ospizio o convalescenziario di S. Rocco fu dotato di dodici letti, e, soprattutto, assicurato dall'assistenza infermieristica e dal sostegno economico incondizionato dei confratelli. Un ospedale, tuttavia, ha bisogno di personale specializzato e più ancora votato alla missione generosissima ed esclusiva dell'assistenza agli infermi, per cui il santo Arcivescovo già pensava ai fratelli di S. Giovanni di Dio.
Tale conduzione comportava l'abbandono dei locali della confraternita e l'erezione di un nuovo stabilimento, secondo le costituzioni di questa religione, i cui ospizi erano contemporaneamente conventi e ospedali. Ai religiosi, venuti a Milano, molto probabilmente, ai primi di ottobre del 1587  ed ospitati nel palazzo arcivescovile, fu offerto un luogo adatto, appena fuori delle mura spagnole, nella periferia più salubre della grande città, a Porta Nuova.
Gli Oblati, altra generosa istituzione di S. Carlo, dirigevano una scuola-convitto, l'avevano ampliata e rinnovata, ma avevano incontrato forti spese e si erano coperti di debiti, per cui si trovarono costretti ad alienare gli immobili non necessari.
I beni furono quindi dati in uso ai fratelli di S. Giovanni di Dio, i quali diedero inizio al convento - ospedale di Milano, perfezionando l'opera impiantata da S. Carlo.
I confratelli di S. Rocco, ubbidienti alle disposizioni del successore, consegnarono ai nuovi venuti i dodici letti e le altre suppellettili, che erano state utili ai loro assistiti.
Definito il contratto ed acquisita, di conseguenza, la proprietà, i religiosi passarono all'erezione solenne del convento-ospedale in piena armonia con le autorità ecclesiastiche e civili, secondo la pratica ormai loro tradizionale, che, in considerazione della natura di Ordine religioso, rispettava con venerante ubbidienza gli ordinamenti della Chiesa e, per le attività a favore dei popolani più bisognosi, si atteneva alle leggi statali e chiedeva la protezione dei governi.
Il 22 settembre 1588 fu posta la prima pietra. Il convento-ospedale fu posto sotto il patronato di S. Giovanni Battista, dal quale il luogo, dove era sorto, prendeva nome per la chiesetta dedicata al Santo.
I religiosi, terminate le adesioni pubbliche alla loro iniziativa, cominciarono immediatamente e con grande coraggio e fede il rinnovamento dei vecchi locali.
Portarono gradatamente, appena i locali venivano approntati, i letti dei convalescenti da dodici a ventiquattro, a trenta: nel maggio del 1598, infatti, i milanesi potevano ammirare una corsia ben ordinata piena di religione.
Nel 1590, a due anni dalla fondazione, il complesso rinnovato e costruito risultava formato da una sacrestia, dal convento ospedale, dalla farmacia, dal refettorio, dalla cucina, da un granaio e dalla cantina, locali guarniti di ogni sorta di suppellettili necessarie, offerte dal primo  convalescenziario di S. Rocco, dalla generosità dei cittadini e, soprattutto, dai sacrifici e dalle donazioni personali dei religiosi.
Dieci anni dopo l'ospizio dei Fatebenefratelli fu quasi completo e, soprattutto, l'istituzione prese il suo nome definitivo  « convento-ospedale di Santa Maria Aracoeli», abbandonando la denominazione di « San Giovanni Battista ».
Il convento-ospedale risultò, nel 1618, costituito da almeno venti ambienti; era costituito da un salone illuminato da undici finestre,  chiuse di giorno, da carte e, di notte, da difese di legno, ospitanti 32 letti.
L’ospedale pur rimanendo nelle sue strutture come era stato visto nel 1618, con i suoi 32 letti e il piccolo oratorio terminale era stato abbellito da una entrata in noce con invetriata, con i quadri dei benefattori, da un guardaroba e appena fuori, all’inizio del chiostro da una cappelletta per la sepoltura degli infermi, morti durate il ricovero.
Le costruzioni costituiscono il primo passo necessario per ogni organizzazione ospitaliera, ma il valore autentico di questa forma di assistenza scaturisce dall'elemento umano che soccorre ed è soccorso.
I religiosi, infatti, stabilirono subito un regolamento basato su tre punti essenziali: il censimento degli ammalati, la presenza di un dottore e la disponibilità di medicinali.
Gli infermi furono scritti su un apposito registro o « liber infirmariae », tenuto dal direttore dell'ospedale o « praefectus infirmariae », il quale notava nome, cognome, patria, età, professione, vestiti e preziosi, che in caso di decesso rimanevano all'ospizio e, messi all'incanto, aiutavano l'opera caritativa, motivo del ricovero ed esito. I convalescenti erano accolti i quattro o cinque giorni necessari per recuperare le forze perdute durante la degenza per malattia.
I benefattori e l'aumento degli indigenti e, di conseguenza, degli infermi, in questi tempi difficili per la città, funestata da guerre continue, carestie ed epidemie, obbligarono ben presto i religiosi ad allargare la loro assistenza dai convalescenti agli ammalati. Il movimento annuale dei ricoverati presenta un grafico in aumento costante sino alla peste del 1630 e in discesa dopo quell'anno sino ad una stabilizzazione media di 400 malati, poco più della metà del numero raggiunto nel maggior sviluppo dell'ospedale, diminuzione dovuta alla quasi incredibile contrazione della popolazione milanese dopo il flagello. L'ospitalità era offerta a qualsiasi tipo di malanno, senza eccezione di sorta.
L'assistenza iniziale ai soli convalescenti e il loro piccolo numero non esigevano un'equipe di medici nè la povertà dei ricoverati l'avrebbe permessa; per cui si affidarono gli infermi alla carità dei dottori  «che servono per l'amor di Dio», assicurando, nell'accettazione, la preferenza agli infermi da essi inviati o ai loro familiari. La trasformazione del convalescenziario in ospedale impose ai religiosi di pagare l'onorario ai medici.
Collaborarono con i medici i barbieri, usati per la pulizia dei malati e per i tagli imposti da certe operazioni: i primi offersero gratuitamente le loro prestazioni.
I convalescenti abbisognavano assolutamente di ricostituenti e questa necessità fu il motivo della fondazione della farmacia-liquorificio. I religiosi coltivarono il giardino del chiostro ad erbe medicinali ed impiantarono un distillatoio che, il 5 febbraio 1599, consegnarono al farmacista.
L'assistenza agli infermi è il distintivo precipuo dei Fatebenefratelli, per il quale essi aggiungono ai tre voti comuni, di ubbidienza castità e povertà,
anche quello di ospitalità e dedizione totale agli ammalati. L'ospitalità, però, di questi religiosi è tutta loro propria e ricalca le direttive e gli esempi di S. Giovanni di Dio.
Nel testo seguono questi altri sottocapitoli: Santa Maria Aracoeli; Il reparto dei sacerdoti bisognosi; Il pagamento dei debiti; Questue ed esenzioni; La generosità dei milanesi; Liti interminabili; Pagine nere; Il culto delle reliquie; La peste del 1629-30; Le approvazioni dei Sommi Pontefici.


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
Torna ai contenuti | Torna al menu