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BRESCIA Ospedale Giovanni Pecora

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Il contenuto di questa scheda è stato autorizzato dal Dott. Gianmarco Cossandi, che ringrazio per la disponibilità alla condivisione dei contenuti; Il lavoro è stato presentato in occasione dell’incontro di Studio tenutosi in Milano l’1-2 Dicembre 2015 dal titolo COSTRUZIONE IDENTITARIA E SPAZI SOCIALI - Nuovi studi sul monachesimo cistercense nel Medioevo – edito da Fondazione Centro italiano Studi sull’Alto Medioevo  - Spoleto –
Un invito agli appassionati di storia medioevale nel visitare il ricco sito al link  “
http://www.cisam.org/


Fra le realtà caritative sorte a Brescia nel corso del Duecento si annovera il cosiddetto ospedale della Pecora, istituito, alla meta del secolo, per iniziativa di un cittadino bresciano, un tale Giovanni, figlio di Giacomo detto Pecora.
Non si può certo parlare di una famiglia di primo piano della vita cittadina , le cui risorse economiche, a giudicare dalla documentazione, derivavano da alcune proprietà fondiarie dislocate in Brescia nonché a cavallo con il territorio di Bergamo
L’avvio dell’ospedale nonché testimoniato da una littera di Papa Innocenzo IV, data da Assisi il 12 luglio 1253. Da essa si apprende che Giovanni, figlio di Giacomo detto Pecora, cittadino bresciano, aveva disposto, come ultime sue volontà, che in due domus, di sua proprietà, situate in Brescia, fosse edificato un ospedale, per il cui sostentamento aveva anche assegnato in dote alcuni suoi beni. A seguito di tali decisioni, il vescovo di Brescia (e il capitolo della cattedrale), nominato dal testatore in qualità di esecutore, aveva provveduto a concedere al monastero cistercense di San Pietro in Cerreto i beni assegnati affinché, grazie ad essi, si potesse edificare al meglio l’ospedale. Preso, quindi, atto di quanto avvenuto, Innocenzo IV, su istanza dell’abate del monastero, confermava al medesimo le suddette disposizioni e acconsentiva a procedere alla loro esecuzione .
Presso l’ospedale della Pecora operavano semplici fratres e sorores: laici che, senza abbandonare il proprio status, avevano abbracciato una forma di vita particolare, non totalizzante. D’altronde, la compresenza di fratres e sorores nonché un aspetto tipico delle comunità ospedaliere, le quali costituivano, in particolare, per le donne del pieno medioevo, un’occasione significativa sia per attuare una operosità sociale particolarmente espressiva della propria sensibilità, sia per partecipare in forme non tradizionali alla vita caritativa e religiosa .
L’ospedale di Giovanni Pecora sembra  configurarsi come una struttura non molto capiente, ubicata in un borgo artigiano densamente popolato, che stava diventando un punto di riferimento per le famiglie di recente immigrazione.
Nessuna evidenza, invece, e offerta dalle fonti circa la categoria degli assistiti o le finalità assistenziali, che, alla luce della definizione di ≪ hospitale pauperum ≫,  inserita nella littera pontificia del 27 aprile 1454 , si puo immaginare fossero l’assistenza e il sostentamento dei bisognosi, in linea generale indicati  come pauperes: non tanto, quindi, luogo di cura per i malati quanto una struttura dove i poveri potevano trovare soccorso e ristoro.
La generica determinazione dei destinatari delle opere di carità offerte, indicati perlopiù con i termini di pauperes o infirmi, nonché peraltro una caratteristica comune per le istituzioni assistenziali e caritative presenti all’interno delle città medievali.
L’ospedale della Pecora ebbe una discreta durata, tanto da riuscire a portare avanti con continuità il proprio servizio fino alla meta del Quattrocento.
La comunità dei vicini, non fu estranea alla vita dell’istituto, svolgendo in qualche occasione un ruolo di tutela e garanzia, come il 9 marzo 1394, quando essi, tra cui si annovera un tale Bartolomeo de Pedrochis ≪ artium et medicine doctor ≫,   ≪ unanimiter et concorditer […] induxerunt in tenutam et corporalem possessionem Iacobum de Robis, filius quondam Resini Resini de Robis, de Brozio, ibi presentem et acceptantem, de hospitali predicto Sancte Marie de la Pera civitatis Brixie seu de domo in qua tenetur dictum hospitale […] tamquam rogramma Lu rectorem […] ellectum dicti hospitalis et omnium et singulorum honorum et rerum spectantium et pertinentium dicto hospitali ≫;
Purtroppo i documenti dei secoli XIV e XV non consentono di cogliere elementi significativi o possibili cambiamenti in merito alla direzione dell’ospedale, dal momento che si tratta quasi esclusivamente di atti legati alla gestione patrimoniale .
Un’altra novità che si introdusse dal XIV secolo è rappresentata dal cambio di intitolazione dell’ospedale in Santa Maria della Pera, anche se il nome originario non fu del tutto dimenticato, tant’e che nel 1454 viene ancora ricordato come “Hospitale de la Pecora si vede la Pera”.
Un mutamento  appare in linea con la devozione propria dell’ordine cistercense, di cui Maria era appunto la protettrice e a cui sono dedicate la maggior parte delle chiese abbaziali.
Nuovi sviluppi si hanno, infine, nel XV secolo, allorquando, con la conquista di Brescia da parte dei Veneziani, si ebbero profondi mutamenti nelle istituzioni ecclesiastiche e caritatevoli della città.
Un esempio significativo dei nuovi orientamenti nonché dato dalla costituzione dell’Ospedale Maggiore; per giunta, verso la fine del secolo precedente, molte delle istituzioni assistenziali cittadine non erano più in grado di fronteggiare le necessita crescenti di un numero sempre maggiore di bisogni, sia per l’inadeguatezza degli ambienti sia per l’insufficienza delle rendite. Il provvisore veneziano decretò allora l’unione dell’ospedale di San Cristoforo con quello della Misericordia, avviando in questo modo un processo di unificazione degli ospedali bresciani che portò alla decisione di costruire un unico grande ospedale, approvata dal consiglio comunale nel 1429. Vicende belliche e problemi politici ne ritardarono la realizzazione: nel 1438  Brescia subì il terribile assedio del condottiero Niccolò Piccinino, le cui conseguenze si ripercossero, tra l’altro, anche sull’ospedale di Giovanni Pecora. Qualche anno dopo il 15 novembre 1444, l’abate del monastero del Cerreto, Ambrogio da Lampugnano, prendeva atto della donazione di quattrocento o cinquecento lire disposta, per la sua anima e dei suoi parenti, da un certo Bartolomeo ≪ reparatione illius hospitalis ≫ dal momento che ≪ propter rogramma  malas conditiones, que viguerunt moltos annos presentes in ipsa civitate Brixie et quasi per totam Lombardiam, indigeat magna reparatione ≫, e, vista la devozione di costui, nonche rassicurato dalla correttezza della condotta di vita, provvedeva altresi a nominarlo ≪ rogramma Lu rectorem […] illius hospitalis Sancte Marie de Peccora ≫, affidandogli ≪ liberam et generalem administrationem illius hospitalis ≫.
La costruzione dell’Ospedale Maggiore prese definitivamente avvio nel 1447. E’ nell’ambito di questa razionalizzazione, finalizzata a fare di tale istituzione il fulcro del nuovo sistema caritativo assistenziale, che giunse a conclusione l’esperienza dell’ospedale della Pecora. Il 27 aprile 1454 Papa Niccolò V acconsenti alla richiesta, formulata dai cittadini di Brescia, di unire l’≪ hospitale pauperum de la Pecora alias de la Pera […] quod a monasterio de Cereto cluniacensis ordinis, Laudensis diocesis, dependet et per rectorem sive gubernatorem laicum gubernari rogramm ≫, con tutti i diritti e le relative pertinenze al nuovo consorzio.


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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