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AGRIGENTO Ospedale delle prostitute

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I contenuti di questa scheda sono presenti sul sito “agrigentoierieoggi.it” dei quali il Prof. Elio di Bella è autore e che si è reso prontamente disponibile nella condivisione del nostro progetto

https://www.agrigentoierieoggi.it/lospedale-delle-prostitute-a-girgenti/


Deve essere ascritto a grande merito dell’amministrazione borbonica il fatto che nell’anno 1852 venne deciso di destinare un apposito locale ad ospedale per il ricovero e la cura delle prostitute infette da malattie veneree ed in particolar modo dalla lue.
Il problema fu certamente sollevato dagli ufficiali e dai comandanti della guarnigione militare, che constatavano l’allarmante dilagare di queste malattie tra gli uomini della truppa ai loro ordini, come conseguenza dei rapporti sessuali che i soldati intrattenevano con le innumerevoli prostitute sia della stessa città di Girgenti come anche dei paesi vicini, che si riversavano nel capoluogo proprio per la presenza in città di centinaia e centinaia di soldati.
Le prostitute vennero schedate dalla polizia. È possibile quantificarne il numero nella sola città di Girgenti, in ragione di 100-120, un 207 delle quali era affetto da malattie veneree.
Naturalmente esse concedevano i loro favori a pagamento anche ai civili. Mentre però i Comandi militari registravano ferreamente tutti i loro subalterni affetti da malattie veneree, e pertanto si possono ricavare precise notizie statistiche al riguardo, lo stesso non può dirsi per i civili per i quali non possono farsi simili rilevamenti.
D’altronde per l’assoluta mancanza di presidi terapeutici le malattie veneree imperversavano, specie la sifilide, per la cura della quale ritengo venisse solo impiegato un preparato a base di mercurio, il calomelano.
Il problema, pertanto, riguardava non solo i militari ma anche i civili e di essi si fecero carico gli Intendenti borbonici del tempo. Si deve ricordare che dopo la rivoluzione del 1848, restaurato il Governo borbonico, furono inviati nei diversi capoluoghi dell’isola, quali Intendenti, funzionari di grande competenza ed onestà, che si interessarono a fondo di tutti i problemi delle zone a loro affidate, entrando in contrasto spesse volte per la loro efficienza, modernità e disinteresse, con le autorità comunali, abituate da tempo immemorabile a considerare le loro cariche come posizioni di privilegio da cui tutelare i loro privati interessi.
Nei mesi di marzo e aprile del 1852 l’Intendenza di Girgenti inoltrò al ministero degli Interni una richiesta per impiantare nell’Eremo di S. Calogero — «prescelto d’accordo con questo monsignor Vescovo» (mons. Antonino Lo Jacono, superborbonico, tanto che fu nominato da Ferdinando II colonnello ad honorem dell’esercito) — un ospedale per le meretrici ammalate, quale succursale di quello delle carceri, dove in precedenza tali poverette venivano ricoverate dopo il loro arresto. Furono, pertanto, richiesti i fondi per l’acquisto di letti, lenzuola, coperte, cibarie e quant’altro necessario nonché per il pagamento degli stipendi ad una infermiera, col soldo di sei ducati mensili, ad una persona destinata al guardaroba (che avrebbe potuto essere lo stesso eremita di S. Calogero) e a un custode.
L’appaltatore delle forniture del carcere avrebbe avuto cura di approntare il vitto, i medicamenti e quant’altro previsto nel contratto di appalto del carcere, restando obbligato però di fornirsi di medicamenti presso l’aromataio dr. Ottavio Gallego, che era il più vicino all’ospedale.
Veniva chiarito che ogni letto sarebbe stato formato da due scanni di legno, da tre tavole, da un pagliericcio, da due lenzuola di tela bianca, da un cuscino con la fodera di tela e da una coperta di lana per l’inverno.
Ogni ricoverata avrebbe avuto, come vitto, la mattina once quattro  di minestra bianca, once cinque di carne e once undici di pane bianco di primo Fiore. Due giorni la settimana, invece della minestra bianca, quella verde. La sera, un biscotto di once quattro.
Il 3 giugno 1852, il Luogotenente Generale nei Reali Domini al di là del Faro e Generale in Capo, principe di Satriano, da Palermo comunicava all’Intendente di Girgenti:
“Per le ragioni da Lei esposte nei due rapporti del 24 aprile c 7 maggio ultimi, approvo, com’Ella ha proposto, che lo spedale meretricio stabilito in cotesto Eremitaggio di S. Calogero sia considerato come succursale a quello delle prigioni centrali e mantenuto con le leggi medesime. Le dichiaro inoltre che la spesa a tal uopo necessaria dovrà riguardarsi come spesa di casermaggio e quindi autorizzo non solo quella da farsi ma anche quella fattasi sinora, dacché Ella per l’urgenza dispose la provvisoria attivazione di esso Spedale.”
Le spese approntate dall’amministrazione carceraria per la provvisoria attivazione dell’ospedale meretricio furono di ducati 81, grana 56 e carlini 5.
Qualche giorno dopo, il 7 giugno 1852, il Commissario di Polizia segnalava all’Intendente: “Nell’ospedale meretricio esistono numero venticinque meretrici con dodici letti, per lo che si osserva un positivo disturbo ed un effettivo disagio da parte delle ammalate che, anche per tale ristretta ritardano la guarigione e si contagiano.
L’’appaltatore poi si lagna che dovendo in un lato dormire due donne viene a soffrire un maggiore sfrido e consumo delle lenzuola e quindi sotto quest’altro aspetto se ne chiede riparo”
In seguito a queste lagnanze i letti dell’ospedale vennero aumentati a venticinque.
Nel gennai 1856 il conte di Capaci, Intendente borbonico di Girgenti, emanò un regolamento in 12 articoli, destinato al corretto funzionamento di questo ospedale:
Art. 1 — Dopoche il medico della Polizia avrà adempito alle decadarie visite delle meretrici, e giudico che taluna di esse dovrà passare nello spedale per curarsi, firmerà la base di entrata, indicante il nome, cognome, paternità, patria ed età della medesima, nonché la natura della malattia e questa previo il permesso del Commissario di Polizia, espresso nella base medesima, sarà vistata dalla Deputazione, per servire alla immessione delle meretrici nello spedale e quindi di documento nella redazione dello stato mensuale per lo pagamento delle mercedi dovute agli appaltatori.
Art. 2 – Nella citata base di entrata sarà dal Commissario medesimo dichiarato se la meretrice inferma dovrà essere seguita da qualche figlio, ed in questo caso sarà tenuta di nonna la determinazione presa dall’Intendente con ufficio del 21 aprile 1856 numero 5938; per la quale restò prescritto di potersi ammettere nello spedale solamente i bambini sino all’ età di anni due, epoca in cui finisce l’allattamento; potendosi dispensare da tale regola i soli figli di quelle meretrici che non hanno parenti o di quelle estere le quali sono sfornite di qualsivoglia relazione; e ciò per non fare perire la loro prole o lasciarla esposta a gravi pericoli vagando per le strade.
Art. 3 –  Ogni meretrice riceverà le medicine prescritte dal medico e le sarà somministrato il trattamento ed ogni altro servizio prescritto negli articoli 12, 16, 17 e 18 del contratto d’appalto approvato dal Real Governo per lo spedale delle prigioni centrali, di cui è succursale questo meretricio e saranno pienamente osservate le disposizioni contenute negli articoli 19 e seguenti  dell’appalto medesimo.
Art. 4 – Alle meretrici che allattano o ai figli di esse che le seguono nello spedale, come è stato detto sopra sarà data  la mezza razione di cibaria prescritta all’art. 16 del citato contratto.
 Art. 5-  La Deputazione veglierà all’adempimento dei patti contenuti nel contratto e rifiuterà quelle forniture le quali non corrispondono alle convenzioni. Proporrà pertanto, quando le circostanze lo  esigeranno, le convenienti multe all’Intendente a carico del fornitore, previo verbale che sarà dalla Deputazione medesima redatto.
Art. 6- Il chirurgo assisterà esattamente le inferme, le visiterà ogni mattina e presterà alle medesime tutti gli aiuti che si esigono dalla di lui arte.
Art.  7 – L’uscita delle meretrici guarite sarà disposta previa base firmata dal professore sanitario, e vistata dal Commissario anzidetto, che sarà trasmessa alla Deputazione, per tenerne ragione nei conti. Nel calcolare il tempo di dimora delle meretrici nell’ospedale saranno esclusi i giorni nei quali le medesime saranno state licenziate dal medico, e  viceversa vi saranno compresi quelli in cui le inferme saranno state ammesse nello spedale.
Art. 8 – L’ospedale è corredato di letti, utensili, e di tutto ciò che necessita per la medela delle meretrici inferme. La Deputazione ne curerà la conservazione e l’esistenza essendo tenuti gli appaltatori alla manutenzione di essi, previo indennizzo, come dal contratto. A tale obbietto ogni quadrimestre farà la Deputazione stessa tenere all’Intendente la certificazione prescritta dal paragrafo 5 dell’alt. 38 del contratto di appalto.
Art. 9 — Alla fine di ogni mese la Deputazione formerà lo stato nominativo delle meretrici curate in detto spedale, con le indicazioni dei giorni di entrata e di uscita  e lei numero delle rispettive giornate di dimora, ed accompagnato dalle basi di entrata e di sortita sarà trasmesso in doppio esemplare all’Amministrazione delle prigioni per la liquidazione delle spettanze dovute agli appaltatori, ed una terza copia sarà spedita all’Intendente.
Art. 10 – Il tempo di dimora dei figli delle meretrici sarà portato in appendice allo stato medesimo, per calcolarsi in metà gli alimenti agli stessi forniti. Nella categoria delle osservazioni saranno dalla Deputazione dichiarate le circostanze previste nell’art. 2 del presente regolamento intorno all’ammissione dei figli delle meretrici.
Art. 11 – Perché la Deputazione possa eseguire gli indicati lavori avrà alla sua immediazione un impiegato il quale assumerà pure l’incarico di guardaroba.
Ari. 12 – L’ingerenza della polizia nell’ospedale meretricio non riguarderà affatto l’Amministrazione, ossia la parte economica del servizio, ma avrà per oggetto la sicura custodia dello stabilimento, la vigilanza sulle decadane visite prescritte dai Regolamenti di polizia, e di conseguenza essa disporrà l’immissione nello stabilimento delle meretrici inferme e la di loro uscita quando saranno guarite. La vittitazione e quant’altro possa riguardare il servizio dell’ospedale rientra nelle attribuzioni della Deputazione.
Cìirgenti, S luglio 1856 (4).
L’Intendente Conte di Capaci
Per due anni l’ospedale meretricio funzionò perfettamente assolvendo i compiti istituzionali per cui era stato istituito. Successivamente, però, incominciarono a notarsi degli inconvenienti. La presenza di 20-25 «venditrici d’amore» concentrate in un sol posto, sia pure ammalate, eccitava la fantasia dei soldati della truppa, i quali intendevano frequentarle ad ogni costo. Per evitare l’ingresso dei soldati nell’ospedale meretricio venne disposto che questo fosse presidiato da una guardia di polizia.
Le tentazioni del Maligno non risparmiarono neppure chi aveva fatto voto di castità, come frate Antonio Civiltà, del quale l’Intendente di Girgenti dispose «lo svestimento dall’abito», per il suo comportamento indegno, sostituendolo con frate Luigi Sammartino.
La cosa più importante però era che l’ospedale delle prostitute era praticamente collocato al centro della città e per di più adiacente ad una chiesa.
Il vescovo di Girgenti intervenne allora pesantemente sull’Intendente, invitandolo a fare sgomberare l’ospedale dall’eremo di S. Calogero e di trasferirlo altrove.
Incominciò allora, da parte dell’Intendenza e del Comune di Girgenti, un’allucinante ricerca di un locale idoneo a trasferirvi l’ospedale. La casa Butera, la casa Gaglio, la chiesa sconsacrata di San Diego, il fondaco di Santa Maria dei Greci furono proposti per il trasferimento, ma di volta in volta vennero ritenuti inaccettabili da parte del Vescovo, perché si trovavano vicino ad edifici sacri o in posti molto frequentati.
In effetti, nella Girgenti del tempo nessun locale poteva essere reperito «lontano dalle chiese, dai conventi e dai monasteri» perché la città era letteralmente invasa da chiese e da religiosi.
 Nel 1838, ad esempio, su una popolazione di poco più di 16.000 ab. c’erano a Girgenti 237 preti, 211 frati e 203 monache!
Vennero ricercati ancora altri locali, ma il Comune nicchiava forse perché temeva di dovere anticipare le spese di affitto o di acquisto del nuovo ospedale, finché, l’11 settembre 1854, l’Intendente Scrofani in una gustosa lettera minacciò il sindaco di «fare piazzare tale stabilimento nella Casa Comunale».
L’Intendente doveva essere fuori dalla grazia di Dio perché appunto tre settimane prima era arrivato l’ordine di fare sgomberare l’ospedale dall’eremo di S. Calogero e la polizia era stata incaricata di eseguire l’ordine.
Fu così che, certamente a malincuore, il commissario di polizia Sebastiano Salamone, assistito dal suo cancelliere don Rocco Quartararo, si recò all’ospedale meretricio e lo fece sgomberare dalle 24 prostitute ivi ricoverate. Egli sapeva perfettamente quello che i decurioni del Comune di Girgenti fingevano di ignorare e cioè l’immenso pericolo che esse rappresentavano per i soldati ed i civili.
Dopo lo sgombero dei locali venne redatto un verbale di consegna dei mobili e delle suppellettili esistenti nell’ospedale. Tale consegna venne fatta dall’infermiera Michela Scibetta all’appaltatore che li aveva forniti e cioè al signor don Gerlando Vinti. Si trattava di 23 paglioni, 25 coperte di lana, 23 paia di lenzuola, 75 tavole da letto, 25 paia di scanni, 2 tovaglie per uso dei medici, 1 bacile di rame, 2 pentole di latta, 1 mortaio col suo pestello di rame, 1 cassettina per uso medicinali, 2 fanalotti, 26 piatti, 22 cucchiai di ferro stagnato, 12 sedie, 1 tavolino di legno bianco col suo panno, 3 banchi di legno per sedere, 2 giarre per uso di acqua, una siringhetta di stagno, una cannata di terraglia. L’infermiera non firmò il verbale dichiarando al commissario di non saper firmare.
L’Intendente di Girgenti però non intendeva subire quella situazione e sollecitato dal Comandante militare della piazza interessò della questione il Comandante in Capo dell’Esercito in Sicilia, principe di Satriano, e questi con sua lettera del 31 ottobre 1854 ordinò che «in mancanza di locali opportuni e per evitate spese l’ospedale meretricio di codesta Città torni in S. Calogero dov’era». 
In tal modo il problema non venne risolto definitivamente e difatti gli anni 1855, 1856 e parte del 1857 furono impiegati nella ricerca vana di un locale per effettuarvi il trasferimento dell’ospedale ed infine nella presentazione di un progetto di costruzione di un nuovo ospedale.
Tale progetto, stilato dall’ingegnere Salvatore Gravanti, prevedeva una costruzione di forma rettangolare delle dimensioni di 150 palmi siciliani per 50, con un primo ed un secondo piano, con ben 18 aperture nel prospetto principale ed un grande cortile annesso. Esso però non venne mai realizzato come tante altre cose nell’antica e nella moderna Agrigento .
Le diverse peripezie dell’Ospedale meretricio, negli anni dal 1854 al 1857, sono mirabilmente descritte nella seguente relazione fatta al ministero dell’Interno da parte dell’Intendente di Girgenti:
“L’eremo di San Calogero, situato vicino alle due Ville fuori Porta di Ponte, racchiudeva l’Ospedale meretricio per urgenza quivi provvisoriamente istituito nel 1852.
Il Consiglio Provinciale, nella tornata del 1854, enunciando i gravi sconci che ne derivavano, proponeva che fosse in altro luogo destinato e la Maestà Sua con Reale Rescritto del 28 febbraio 1855 degnavasi ordinare che l’Intendente della Provincia avesse curato di istruire l’affare sollecitamente per indi rassegnarsi i risultamenti alla Sovrana saggezza.
Con officio del 5 marzo 1855 l’Intendente ne dava conoscenza alla Commissione per l’Amministrazione delle spese di truppa e pregavate di proporre altro locale. Da un officio del 10 agosto del suddetto anno dell’ingegnere Gravanti emerge che la casa di Gerlando Butera agli Oblati era incapace per tale uso.
Il Sindaco con officio del 7 febbraio 1856 proponeva all’uopo la Chiesa abbandonata  di San Diego che di risposta veniva interessato a dirne la spesa necessaria.
Ritenendosi che neanche detta chiesa poteva servire a tale uso, si incaricava il Sindaco  di rinvenire altro locale.
Si propose all’uopo l’abolito recinto dei signori Celauro vicino la Chiesa di Santa Lucia e mentre le cose erano in questo stato giungeva il Sovrano Rescritto del 14 aprile 1856 col quale S.M. dichiarò il suo sovrano volere che l’Ospedale meretricio venisse spostato per evitare gli scandali. Si partecipò al Sindaco a cui essendosi fatto riflettere che per i elaborazione del progetto definitivo e per la esecuzione delle opere era necessario lo scorrere di molto tempo, lo si incaricò di rinvenire una casa in luogo eccentrico per destinarsi o . pochi riatti a provvisorio spedale.
Il Sindaco con rapporto del 27 maggio 1856 riferiva di avere rinvenuto un locai, fuori l’abitato di proprietà del Canonico Schillaci e che avendo fatto redigere la relazione della spesa, questa ascendeva a ducati 324.
La relazione fu inviata alla Commissione dello Spedale e nell’istesso tempo si incaricò il Commissario di Polizia di visitare detta casa e dire se con tale spesa sarebbesi provvedute  a tutto.
Intanto il canonico Schillaci presentava supplica per non permettersi di situarsi lo spedale meretricio nella sua casina di campagna.
Nel frattempo la Commissione faceva presente che era riuscita a rinvenire la casa dei signori Gaglio agli Oblati, che poteva ottenersi in vendita per ducati 400. Quindi s’ incaricava il sindaco per fare relazionare dall’ingegnere comunale gli acconci bisognevoli m detta casa per poterla adibire ad ospedale.
L’ingegnere, secondo un rapporto del Sindaco in data 30 giugno, manifestava che la spesa compreso il tutto anche per nuove fabbriche ammonterebbe a ducati 2.000, che uniti ai 400 ducati del valore della casa formerebbero ducati 2.400.
Il 30 agosto con officio n. 14450 si fece di tutto rapporto al governo, nel quale fece cenno dell’avviso del Consiglio di Intendenza dal quale stimavasi opportuna la casa  Gaglio.
S.E. rispose con ministeriale del 23 novembre n. 2887, che prima di provi ed voleva conoscere perché l’acquisto di tale casa volevasi fare avvenire a nome della Deputazione delle Opere Provinciali e non già del Sindaco a rappresentante la Comune.
Con rapporto del 17 gennaio 1857 n. 22437 si rispose che facevasi figurare la Deputazione perché trattavasi di spesa alla quale dovevano concorrere tutti i Comuni della Provincia.
S.E. con Ministeriale del 29 gennaio n. 577 ordinava di tare deliberare dal Decurionato del Comune di Girgenti l’acquisto della casa in oggetto assumendosi il carico della spesa.
In risposta si rassegnò al Governo che l’Ospedale meretricio fu istituito su istanza del Ramo Militare e che momentaneamente venne collocato nelle prigioni centrali e solo in seguito fu collocato in casa separata e cioè nell’erem di San Calogero che   con ministeriale del 3 giugno 1852 fu dichiarato doversi tale ospedale considerare come succursale di quello delle prigioni e il carico da considerarsi come spesa di Casermaggio.  Che l’ospedale è stato a peso di tutti i Comuni e che la spesa di trasferimento deve sostenuta da tutti i suddetti Comuni.
Si concluse che non essendo interessato il solo Comune di Girgenti all’acquisto della casa si pregò S.E. di dare gli ordini se il Decurionato di Girgenti dovesse deliberare sull’acquisto. Con Ministeriale di risposta del 5 marzo 1857 si dichiarò che l’ospedale meretricio deve considerarsi come Stabilimento Comunale. Che l’essersi da principio costituito con lo scopo di tutelare la salute dei soldati non fa cambiargli natura né venir meno il beneficio che arreca pure al Comune.
Questa Ministeriale si comunicò al Sindaco per interessarne il Decurionato, il quale rispose che il solo Comune di Girgenti non può sostenerne la spesa e pregò che questa gravasse a carico di tutti i Comuni.
Con officio del 10 giugno si pregò il Comandante le Armi a dare il suo parere.
Il Signor Comandante disse che se si volesse sgravare il Comune di una non indifferente spesa, bisognerebbe trovare altri mezzi onde le meretrici non sfuggissero alla sorveglianza della polizia, alle visite periodiche ed alle cure per le infette.
Quindi il Sindaco inviò la pianta geometrica del nuovo spedale.
Poi con Ministeriale 8 luglio 1857 n. 4001 S.E. acconsentiva che l’ospedale meretricio venisse aggregato all’ospedale civile sistemandolo in qualche stanza di esso ma aggiungeva che le spese dovessero essere sempre a carico del Comune di Girgenti comprese quelle del mantenimento.
In conseguenza di ciò si ordinò dal Sindaco la convocazione straordinaria del Decurionato per proporsi i mezzi di mantenimento.
Il Decurionato dichiarò lo scioglimento dello spedale meretricio per essere la finanza comunale impossibilitata a sostenere la spesa.
Si rispose al Sindaco che essendoglisi partecipate le disposizioni del Governo, l’’Intendente non poteva prendere altri provvedimenti.
Il Sindaco con officio del 18 agosto 1857 disse che andava nuovamente a convocare il Decurionato per provvedere sui mezzi.
11 Decurionato deliberò nuovamente di sciogliersi lo spedale.
In risposta l’Intendente dichiarò al Sindaco che lasciava al di lui arbitrio il provvedere e dar conto di ciò che avrebbe deciso. Di tanto ne fu informato il Comandante Militare della Piazza.
Il Sindaco rapportò che aveva disposto di passarsi alla consegna di tutti i mobili e gli oggetti dell’ospedale meretricio e di fame uscire le ammalate. A tal fine venne incaricato il Commissario di polizia per obbligare quelle di altri Comuni a lasciare Girgenti.
Chiudeva così per sempre in Girgenti un ospedale benemerito per colpa dei falsi pudori della gente «bene», della bigotta mentalità degli onnipotenti religiosi agrigentini, delle questioni di bilancio e di competenza dei vari organi amministrativi, che sempre hanno rappresentato e rappresentano la palla al piede del progredire delle cose in Sicilia.
Le povere prostitute di Girgenti ritornavano a fare le pendolari tra le loro misere stamberghe, in cui esercitavano la loro antica professione, ed il carcere… La sifìlide aveva vinto!

 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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