FANO Lazzaretto - Ospedali d'Italia

Vai ai contenuti

Menu principale:

FANO Lazzaretto

Ospedali Centro > Regione Marche > Pesaro Urbino e provincia

Il contenuto della scheda deriva integralmente dal testo: Santa Croce un ospedale nella storia di Marco Belogi, 2011 a cura del BCC di Fano.
Il pregevole volume ricco di foto ed iconografie storiche mi è stato donato dallo stesso BCC di Fano che ringrazio mentre, per la condivisione dei contenuti, mi sono interfacciato con lo stesso autore messomi in contatto dalla Banca stessa.
Mi sono limitato a riportare solo alcune parti del lavoro complessivo che, nelle sue 250 pagine riporta anche la storia delle confraternite, dell’arte medica, della Farmacia ed, oltre al primo regolamento interno del nuovo ospedale, anche un accenno alla istituzione degli Ospedali Riuniti Marche Nord. Ricca la bibliografia di riferimento.

Sul lazzaretto di Fano, noto anche con il nome di Hospedaletto o Casa di Dio, ci sono diverse e confuse notizie da parte degli antichi storici fanesi. Documenti parlano di una sua fondazione, risalente al 1466, durante un'epidemia di peste.
Atti notarili ci rivelano che nel settembre del 1484 i priori e i deputati alla sanità della città conducono Maestro Giovanni da Verona nell'ospedaletto di San Sebastiano. Qui il medico avrebbe dovuto tanto in curare quanto in seppellire per causa della peste. Il salario stabilito è di tre ducati d'oro veneti al mese, con il patto di utilizzare tale somma anche per il mantenimento di un aiutante nel governo degli ammalati.
Da parte sua il sanitario veronese promette di abitare nell'ospedale e curare e medicare gli infetti a lui inviati. La sua assistenza gratuita avrebbe dovuto essere estesa anche agli abitanti delle ville e delle vallate circostanti.
Dal contratto però vengono esclusi forestieri ed ebrei, che avrebbero dovuto pagare ogni prestazione sanitaria.
Le cose vanno avanti così per molti anni.
Un aneddoto del 1732 ci illumina sul modo ancora di gestire questi ammalati. In quell'anno il Consiglio della città decide di assegnare quattro pagnotte di pane e una libbra di carne a Porzia Bocchini, affetta da lebbra, e nomina un tutore perché provveda alla sistemazione della donna fuori città. La fornisce anche di un pagliericcio.
Più colorito è il racconto del Massarini sull'epidemia di tifo che colpisce la città nel primo Ottocento, durante una grave carestia. Il famiglio di casa Avveduti, nel suo diario, racconta che da ogni parte della città saliva il lamento degli affamati e che vani erano stati gli aiuti pubblici. Molti venivano trovati morti per strada con il fieno in bocca. Per alleviare la fame di questi derelitti si offriva in pasto del frumento macinato con materiale di pessima qualità. Questo fatto era ritenuto una delle cause di questa spaventosa epidemia.
L’ospedale non poteva contenere tutti gli ammalati che venivano sistemati in alcuni locali del convento di S. Agostino.
Per arginare il contagio si adottano diverse risoluzioni: presidiare con delle guardie le case degli infetti; dotare ogni medico di cappe incerate e di una vettura per spostarsi in modo più agile; assumere un quarto medico da affiancare agli altri.
A proposito dei medici in servizio in quel tempo, il Massarini riporta una diceria, per lui inspiegabile, che correva in città: guarivano quelli in cura da Lazzarini e Simonetti, mentre morivano quelli medicati da Graziadei e Brunacci.

Racconta che, per l'intenso e nauseante fetore emanato dai cadaveri, si cercava di mitigarlo con incenso e polvere da sparo. Per ordine dei governanti veniva disposto che qualsiasi persona, appena morta, fosse subito messa nella bara e portata al cimitero. Proibito era anche il suono delle campane.


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
Torna ai contenuti | Torna al menu