CASTELVETRANO Ospedale civile Vittorio Emanuele II - Ospedali d'Italia

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CASTELVETRANO Ospedale civile Vittorio Emanuele II

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Il contenuto della scheda è tratto integralmente dal testo: Il vecchio ospedale di Castelvetrano Francesco Saverio Calcara – L’Epos 2005 .
Ringrazio l’autore per l’autorizzazione all’utilizzo dei dati


Nel 1522 l’Imperatore Carlo V nominò Giovan Vincenzo Tagliavia Conte di Castelvetrano. Negli stessi anni i Tagliavia elessero Castelvetrano capitale dei loro stati.  In questo periodo di crescita e di sviluppo, diversi cittadini vollero accrescere il prestigio della loro terra, elevata in seguito al rango di città, promuovendo la costruzione di un Ospedale.  Il merito della costruzione dell'ospedale va al nobile Baldassare Tagliavia, che, con testamento del 6 maggio 1525  fondò l'ospedale, scelse il sito dove edificarlo, fece iniziare i lavori e lasciò una notevole eredità,  affinché lo stesso fosse completato. Il luogo fu deciso, conformemente a quelle che erano allora le funzioni di un ospedale, ossia fuori le mura di una città, e lungo una delle vie di maggior traffico.  Si è sicuri del luogo dove stava sorgendo l'ospedale perché in un rogito notarile del 2 dicembre 1526 si dice che lo stesso era già in costruzione e confinava con la chiesa di San Gandolfo, da cui prese il titolo. Purtroppo a questo punto si perdono le notizie se tale ospedale fu ultimato e divenne operativo.   Nel testamento del 1539 di Giovan Vincenzo Tagliavia non si parla più  dell’Ospedale di San Gandolfo ma dell’Ospedale di Sant’Antonio Abate ubicato presso la chiesa di Sant'Antonio Abate, ma oltre al testamento di Tagliavia non si trovano altri documenti che parlano dell'Ospedale di Sant'Antonio, almeno fino al 1549. Poco sappiamo, quindi, in questi decenni sulla struttura dell'ospedale e della sua organizzazione amministrativa, possiamo solo ipotizzare la costruzione di un primo stanzone per il ricovero degli infermi e dei pellegrini in adiacenza alla chiesa.   Intanto nel 1541 venne fondata a Palermo, per volontà del viceré Gonzaga, la Compagnia dei Bianchi. Nel 1568, Tagliavia fece istituire anche a Castelvetrano la stessa Compagnia, sotto titolo di Santissimo Crocifisso, con il ruolo di amministrare  l'ospedale e il Monte di Pietà, oltre al compito usuale di assistere e confortare i condannati a morte per problemi di giustizia. Da quel momento Compagnia, ospedale e Monte di Pietà costituirono un unico ente sotto il titolo di "Sacro Ospedale, Monte di Pietà e Compagnia dei Bianchi".
Dal 1620 il corpo dell'ospedale viene ampliato con la creazione di altre camere, in modo da separare gli uomini dalle donne, con la realizzazione di ambienti destinati solo ai viandanti ed ai pellegrini; fu realizzato,  alle spalle dell'ospedale, un cimitero per i poveri.  I lavori furono completati nel 1684 data che si legge sul portale realizzato in corrispondenza dell'ingresso all'ospedale.   “Detto ospedale è capace per gli infermi uomini essendovi separate per le donne inferme. Sta comodo tale spedale di stanze per lo spedaliere, per cucina ed altre officine. Vi sono le stanze di sovra pure comode per l'abitazione di giorno e notte per il cappellano, ch'eligge il Parroco per servire gl'infermi e tenere tutto il conto della spesa necessaria. Vi è ancora una stanza ben grande per li peregrini, ed altre a fianco per alcune attinenze all'ospitalità”.  Nel 1819 il governo borbonico abolì la Compagnia dei Bianchi, a Castelvetrano questa rimase in vita fino al 1823, ma di fatto già nel 1820 cessava la nomina degli ufficiali e la stessa veniva estromessa dall'amministrazione dell'ospedale. Per colmare il vuoto amministrativo il Consiglio Comunale, a seguito del regolamento approvato il 20 maggio 1820, passò la gestione dell'ospedale alla Commissione Comunale di Beneficenza.  Dopo l'Unità d'Italia, per la legge sulle Opere Pie n. 753 del 3 agosto 1862, l'amministrazione dell'ospedale passa alla Congrega di Carità. Quest'ultima amministrava ancora l'ospedale quando, nel 1869, si decise di trasferirlo nell'ex convento dell'Itria passato, dopo le leggi sulla soppressione di ordini religiosi e confraternite, al Fondo per il Culto e da questo retrocesso al Comune di Castelvetrano.
Dovendo trasferire l'ospedale nell'ex convento dell'Itria si resero ovviamente necessari dei lavori di riconversione. Il progetto di tali interventi fu affidato all'architetto Gaspare Viviani, il quale, forse a causa delle ristrettezze economiche della stessa amministrazione dell'ospedale, più che una riconversione curò un semplice adattamento del convento a quella che era allora la concezione di una struttura ospedaliera. Per quanto concerne il piano terra si ricavò un'unica corsia lunga circa 25 m destinata al ricovero degli uomini. Sempre al piano terra adattò, invece, una delle stanze annesse alla cucina a farmacia e la sala lettura a corsia per le donne. Relativamente al primo piano si limitò ad accorpare fra di loro alcune delle celle  in modo da ricavarne un unico grande ambiente destinato a brefotrofio. Per il resto vennero sostituiti nelle corsie i vecchi mattoni di terracotta con un battuto di gesso e calce, alla quale si attribuivano poteri disinfettanti, e vennero imbiancate le pareti interne con latte di calce. Le finestre e le porte rimasero quelle del vecchio convento, quindi piccole ed anguste, con conseguenze facilmente comprensibili per la salubrità dei locali. Anche dopo il trasferimento nei nuovi locali, l'ospedale continuò a conservare il suo nome e ad essere amministrato dalla Congrega di Carità. L'assistenza degli infermi è ora affidata alle suore Figlie di Sant'Anna.   Il Consiglio Comunale nella seduta del 9 marzo 1878 deliberò che l'ospedale s'intitolasse al re Vittorio Emanuele II, in riconoscimento di quanto aveva fatto per l'Unità d'Italia. Da allora l'ospedale continua a chiamarsi così.  Nel 1889 si dà un nuovo assetto all'amministrazione dell'ospedale rendendola autonoma ed elevando lo stesso ad Ente Morale. Sempre il Consiglio Comunale, nella seduta del 7 ottobre 1889, propone un nuovo schema di Statuto che fu approvato il 15 novembre 1889 dalla Giunta amministrativa provinciale di Trapani. Lo Statuto fu poi modificato nel 1901 e, successivamente, nel 1908 ma si trattò sempre di cambiamenti di modesta entità. Sostanzialmente dalla lettura dello Statuto si evince che, ancora alle soglie del XX secolo, poco era cambiato nel concetto di assistenza ospedaliera. All'art. 1 si continua, infatti, a sancire che l'ospedale ha per oggetto principale quello di fornire cure gratuite ad ammalati poveri, in conformità alla sua prima istituzione del 1525. Il regolamento contiene comunque anche elementi di novità, come la disposizione ad accogliere infermi curati a pagamento, destinando loro particolari locali. Per quanto concerne la parte amministrativa, s'istituisce il Consiglio di amministrazione formato da un presidente e da quattro consiglieri, ai quali - altri tempi! - non veniva assegnato alcun compenso.   Relativamente al funzionamento, l'assistenza ai ricoverati era svolta da quattro sanitari, da un adeguato numero di suore Figlie di Sant'Anna e da inservienti. Il numero medio dei ricoverati giornalieri era di circa 35.  Malgrado le innovazioni, le cose per l'ospedale non andavano molto bene tanto che non fu possibile effettuare nessun intervento edile dopo quello del 1869. Nel 1892 le condizioni igienico-sanitarie della struttura erano veramente fatiscenti. Il dottor Giacomo Rossano, ufficiale sanitario del Comune di Castelvetrano, così lo descrive nella sua relazione igienica per l'anno 1893: «il vecchio locale fin ora destinato al ricovero degli ammalati può ritenersi come la negazione assoluta dell'igiene». Nella stessa relazione si evince lo stato di degrado degli ambienti. La corsia per il ricovero degli uomini, con 18 posti letto, presentava ancora il pavimento realizzato nel 1869 con uno strato di calce compressa e levigata, ora tutto screpolato e ridotto in polvere maleodorante. Anche le pareti presentavano diverse screpolature, mentre le piccole finestre non assicuravano la quantità di aria e di luce necessaria per l'igiene di una sala di ospedale. Nelle stesse condizioni erano la corsia più piccola riservata alle donne, con 6 posti letto, e il brefotrofio. Carente era anche l'arredamento.  La pesante relazione dell'ufficiale sanitario sortì subito i suoi effetti e l'Amministrazione Comunale stanziò una notevole somma per l'immediato risanamento dell'ospedale. Al primo piano fu rimodulata tutta l'ala est, furono demolite tutte le celle, nell'ampio spazio continuo, così ottenuto, si ricavarono un'ampia corsia lunga circa 14 m capace di ospitare 16 posti letto, una sala con 6 posti letto a pagamento ed una sala operatoria. Si dotò inoltre il piano di un servizio igienico, prima inesistente. Tutti i nuovi ambienti furono pavimentati con lastre di marmo e le pareti cementate a stucco per permetterne la lavatura. Infine furono aperte delle ampie finestre che andavano dall'attacco della volta fino al pavimento. Analogamente si rifinirono gli ambienti del piano terra. Ultimati i lavori, l'ospedale si presentava come una struttura elegante e decorosa sia all'interno che all'esterno.  Con i lavori fatti  e con la nuova organizzazione amministrativa la struttura poté finalmente definirsi un vero ospedale, ovviamente in rapporto a quelli che erano i canoni del tempo. Lo storico castelvetranese Giovan Battista Ferrigno così descrive l'ospedale nella sua monografia su Castelvetrano del 1909: il locale è ampio, areato, ben tenuto, rispondente alla sua destinazione, con sala per operazioni, ambulatorio, sala di maternità e sala a pagamento. È tutto quanto di meglio si può desiderare in un piccolo ospedale di provincia, per cui la nostra gente non mostra più quella riluttanza, che aveva una volta di curarsi all'ospedale.


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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