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VIADANA Civico Ospedale Infermi

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Ringrazio l’Amministrazione comunale per l’utilizzo del testo “ Storia delle istituzioni  Viadanesi – Beneficienza, Assistenza, Istruzione – 1500-1800 – Adolfo Ghinzelli – 1972 – edizioni Castello – Viadana  , scaricabile al link :

https://drive.google.com/file/d/0Byi7fZV6I1slV0UxcGt2ZWxVQUk/view


Mi sono limitato a riportare la parte relativa all’Ospedale (molti gli  aneddoti di vita quotidiana) ma vi invito a prenderne visione in quanto, comunque, ricco  di documentazione relativamente agli aspetti assistenziali non strettamente ospedalieri.

Le Opere Pie del Viadanese in origine erano amministrate da otto persone denominate Presidenti; quattro di essi erano eletti dal Consiglio della Comunità, gli altri erano il Podestà di Viadana, l'Arcip. della Chiesa di Santa Maria e S. Cristoforo, il Priore del Monastero di S. Nicola e il Guardiano di S. Francesco.
I Presidenti nominavano un « Massaro » che era l'esecutore dei loro ordini e un decano da scegliere fra i tre ecclesiastici e il Podestà. Il decano, che convocava i Presidenti e dirigeva le riunioni, durava in carica un mese. Già prima del '500 i Massari si occuparono dell'amministrazione dell'Ospedale con annessa Casa Esposti e di alcuni legati.
Dal 1784 cessò questo tipo di amministrazione e ad ogni Opera Pia fu preposto un direttore di nomina governativa. Con legge 9 messidoro anno VI Repubblicano veniva stabilito che tutti gli istituti di beneficenza pubblica e di istruzione fossero sottoposti all'ispezione e direzione della Municipalità del Circondario in cui avevano sede dette Istituzioni.
La legge si ispirava all'art. 190 della Costituzione secondo il quale spettava alle Amministrazioni Municipali e Dipartimentali la sopraintendenza alle somme provenienti in genere dalle entrate pubbliche nell'ambito del rispettivo territorio. Gli amministratori dei Pii Luoghi si trovarono quindi alle dipendenze della Municipalità, alla quale dovevano presentare il rendiconto annuale. Inoltre, con Reale Decreto 21 ottobre 1807, cessavano le vecchie amministrazioni di tutti i Luoghi Pii per concentrarsi in una sola sotto la denominazione di « Congregazione di Carità ». Dal 1819 il governo austriaco introduceva nuove norme tendenti a controllare strettamente l'amministrazione dei Luoghi Pii attraverso persone nominate da esso. Al Direttore preposto ad ogni istituzione venivano attribuite ampie facoltà, non solo di carattere politico-disciplinare, ma anche in ordine alla destinazione dei redditi annuali, alle riparazioni e adattamento degli edifici, al fabbisogno per i consumi interni ecc. La gestione del patrimonio era affidata agli amministratori. La legge 20 novembre 1859, ispirandosi a princìpi di libertà e democrazia, provvide alla creazione in ciascun comune delle Congregazioni di Carità aventi lo scopo di amministrare rutti i beni devoluti genericamente ai poveri o quelli che non avevano avuto dal benefattore un fine determinato. L'amministrazione era affidata ad otto membri (nei comuni con più di duemila abitanti) nominati dal Consiglio Comunale, mentre il presidente era di nomina regia.
Per la Congregazione di Carità di Viadana si trattava di documentare l'origine e lo sviluppo delle singole istituzioni, il che comportava enormi difficoltà. Per redigere e documentare gli statuti era necessario reperire, decifrare e tradurre ben 56 documenti di antica data e cioè: bolla di istituzione dell'Ospedale del 1518, sedici rogiti del 1700 e quattordici rogiti del 1800 relativi all'Ospedale. Dato che i documenti originali dovevano essere spediti con il rischio che andassero smarriti, si rese necessario fare delle copie tradotte dal latino all'italiano con un lavoro che richiedeva l'intervento di esperti. Di fronte a tali difficoltà la Sotto-Prefettura di Casalmaggiore si accontentò di copia dei principali documenti.
Prima dell'anno 1462  esisteva in un borgo di Viadana un ospedale denominato « di S. Pietro » retto da un amministratore di nomina vescovile. Nel 1468, alla morte del rettore Boldrino de Isacci, i viadanesi ottennero dal Vescovo di poter eleggere annualmente due amministratori che dovevano però ottenere conferma dall'autorità ecclesiastica. In seguito alla cattiva amministrazione di costoro l'istituzione venne a trovarsi in pessime condizioni economiche per cui « i viadanesi ponderata la cosa in generale consiglio alla presenza del Conte Guglielmo Malaspina per Francesco Gonzaga Pretore avevano fatto e stabilito alquanti capitoli e supplicato venissero per di lui autorità confermati... ». Prima del 1518 fu costruito a spese della comunità in apposito fabbricato nella parrocchia di S. Maria, fuori le mura, allo scopo di ospitare gli infermi, i figli di ignoti e i pellegrini. Il pio luogo era intitolato a S:' Giovanni di Dio ed aveva un reddito annuo di sessanta  fiorini d'oro di camera.  Con l'assorbimento delle rendite dell'Ospedale Ravizza di Cicognara la situazione finanziaria andò  migliorando.
L'Ospedale, che fu sempre affidato alla cura spirituale del Parroco di Santa Maria, aveva assunto successivamente la denominazione di Ospedale Grande. In origine era sprovvisto di altare e non aveva sepoltura. Così rimase fino all'ottobre del 1743 quando i reggenti del P.L. deliberarono quanto risulta dal seguente verbale : si provveda un Cappellano che assista non solo gli infermi che di tempo in tempo si trovano e si troveranno nel Pio Luogo, ma che amministri a loro i Sacramenti e tutto ciò che a loro abbisognerà non volendo più oltre detto Signor Prevosto incombere all'assistenza degli stessi in modo veruno. Successivamente il Parroco di S. Maria avanzava il diritto parrocchiale sull'Ospedale: da ciò ne seguì una lunga controversia. Il Parroco sosteneva che gli infermi e i pellegrini dello stesso erano sempre stati assisti, negli ultimi 200 anni e forse 300, dai Parroci di S. Maria. Dalle sue argomentazioni risultava che l'Ospedale ricoverava, prima della metà del '700, ben poche persone e l'assistenza veniva praticata al domicilio degli infermi, per cui si accoglievano prevalentemente forestieri. Più che di un ospedale si trattava di un quartiere per soldati.
Esso era sprovvisto di letti, di coperte e di suppellettili e soltanto intorno al 1750 la situazione andò sensibilmente migliorando in seguito alle elemosine e alle donazioni dei viadanesi. Nei documenti si legge: « Pochi anni or sono non aveva mobilia per gli infermi a cagione di sua povertà, delle guerre e di altri disastri. Se a caso vi si ricoverava qualche miserabile vicino a morte, adagiatolo in pochi cenci portati dalla pietà di alcuna caritatevole persona... ». Dall'esame dei verbali risulta che nessun fatto di rilievo interessò il Pio Luogo nella seconda metà del '700.
Dal 1784 si modificò la reggenza che venne affidata a due amministratori. Dopo l'erezione del nuovo Ospedale le donazioni dei benefattori furono disposte a vantaggio dei soli infermi. Nei primi anni dell'ottocento ospitava circa cinque malati al giorno oltre agli esposti. Intorno al 1845 ci si rese conto che l'edificio adibito ad Ospedale, nonostante disponesse di molti locali, non era adatto allo scopo soprattutto per l'insalubrità del primo piano che, trovandosi a livello inferiore all'orto che lo circondava, era particolarmente umido. Si pensò quindi di riutilizzare, adattandolo, il Palazzo Pertica (oggi palazzo Maini) pervenuto all'Amministrazione dei Pii luoghi col testamento del signor Giulio Pertica in data 12 febbraio 1839. Una tale soluzione ignorava le ragioni per le quali l'Ospedale fu trasferito mediante permuta da S. Maria all'ex Convento, in luogo isolato e ricco di luce ed aria. Gli oppositori al trasferimento obiettavano: « La ubicazione ristretta e angustissima area che trovasi vicinissima, anzi soltanto divisa dal locale delle 'carceri politiche e criminali da una piccola muraglia, la quale favorirebbe il trasporto di miasmi che vengono talvolta esalati dalle carceri stesse ed ove in queste si trovassero uniti molti detenuti verrebbe emanata una aria impura... Oltre di ciò la noia di alcuni di questi sciagurati trovando qualche sollievo nel canto e negli schiamazzi farebbe sì che in questo frattempo gli ammalati verrebbero disturbati nelle ore in cui necessita la massima quiete. A tutto questo fa duopo aggiungere la vicinanza della filanda da seta dell'israelita Moisè Cantoni, in cui oltre ai continui rumori e canti delle zitelle ivi impiegate partono da quel luogo, ed in una stagione la più sconvenievole per gli ammalati, moltissime esalazioni derivanti dallo sviluppo di certi gas irrespirabili inerenti alla macerazione dei bozzoli da seta e dei vapori d'acqua calda che tutto dì vi staziona. A tali inconvenienti va unita la vicinanza mediante la nuova piazza che va a costruirsi fra poco in cui si effettueranno e la fiera e tutti i mercati settimanali, e la circostanza delle due stradelle di fianco e di prospetto messe a ciottoli, in cui i ruotanti che di continuo vi passano darebbero sommo disturbo agli ammalati. Infine la mancanza della viva luce e della ventilazione per parte delle facciate, che andrebbero per due terzi coperte dal frontespizio altissimo della casa dell'israelita Levi divisa dal luogo Pertica soltanto da un ristrettissimo vicolo. Ove poi questo Palazzo si osservi dalla parte settentrionale si vede che la casa va ad essere limitata da piccola muraglia di cinta, sotto a cui giace a profondità considerevole l'antica fossa che circondava il Castello, da dove" passano affluvi paludosi, ed emanazioni notevoli per l'acqua che nella stagione calda vi staziona quasi di continuo. Inoltre la ruota in cui vengono messi i trovatelli troverebbesi esposta in un luogo, ove di continuo, ed anche in ora di notte avanzata, la popolazione non lascia mai sgombri questi vicoli che circonderebbero l'Ospedale: se talune o di paese lontano, od anche del luogo cercasse di depositare nella ruota stessa il frutto di clandestini amori, frapponendosi ostacoli per la premura di qualche persona, che ivi difficilmente mancherebbe, nel pericolo anche di essere riconosciuto, od anche sorpreso dalla forzata armata che necessariamente passa da questi viottoli per condurre gli arrestati alle carceri potrebbe anche senza gravi intenzioni commettere un infanticidio se non per comunione, almeno per omissione abbandonando quest'infelice massimo in rigida stagione, ed ecco una vittima sacrificata per colpa involontaria di chi verrebbe forzato a sostenere tutti i rigori di legge ». Per tutte queste ragioni era opportuno riedificare l'Ospedale esistente oppure trasferirlo sulla « fronte della via di circonvallazione » così da tenerlo lontano dall'abitato, evitando in caso di epidemia, il contagio come era avvenuto nel 1816 quando infieriva il tifo petecchiale.
I fautori del trasferimento nel palazzo Pertica obiettavano che: 1°) i vapori e i canti provenienti dalle filande erano limitati ad un periodo di tre mesi ed inoltre le autorità sanitarie esercitavano uno stretto controllo; 2°) le carceri erano distanti 80 metri dal palazzo, la piazza m. 126 e la filanda Cantoni m. 60; 3°) le esalazioni delle fosse sarebbero state eliminate con la demolizione della Rocca, già superiormente approvata e con il livellamento dell'alto terrapieno ivi esistente che sarebbe stato utilizzato per riempire le fosse rialzandole di oltre un metro; 4°) gli esposti arrivavano generalmente alle ruote in pieno giorno e di solito consegnati direttamente. Nel caso che fossero consegnati di notte bisognava tener presente che la strada dei Cappuccini, « essendo remota » era frequentata dalla I.R. Gendarmeria e dalle Guardie di Finanza; 5°) originariamente l'Ospedale era situato nel centro della contrada detta dello zucchero, « ma quel locale che tuttora esiste trovandosi angusto, non ventilato in contrade popolatissime e quasi prossimo alla Chiesa di S. Maria, saggiamente pensarono gli ottimi di allora di trasportarlo nel Convento dei Cappuccini, e tanto più lo pensarono in quanto che alla tenuità della spesa e degli altri vantaggi riferibili alla igiene pubblica e privata, non avrebbero saputo in quei tempi, così narrasi dagli anziani del paese, ove meglio collocarlo, essendo che in quell'epoca abbondando questo caro luogo di Nobili e di Potenti, i migliori fabbricati erano dagli stessi posseduti ed abitati ».
II rilevante incremento nel numero dei letti e dei ricoverati nel 1848 è dovuto ai militari « toscani, napoletani e modenesi » che ritornavano feriti dalla battaglia di Montanara.
Le pessime condizioni dell'edificio in cui l'Ospedale era sistemato aveva fatto maturare l'idea di costruirne uno nuovo ed era stato dato incarico all’Ing. Moroni di redigerne il progetto. Nell'estate del 1868, date le condizioni economiche dell'istituzione, il progetto veniva abbandonato e nominata una commissione" che doveva suggerire i miglioramenti da apportare a quello esistente. Dopo lunghe discussioni sulle modifiche da effettuarsi, con delibera 17 gennaio 1872 si convenne che, date le condizioni igienico-sanitarie dei locali esistenti, difficilmente si sarebbero ottenuti risultati soddisfacenti. Si ritornò all'idea di costruirne uno nuovo utilizzando il materiale risultante dalla demolizione di quello vecchio, si parlò di mutui da contrarre, di costruire fornaci sul fondo Morara per fabbricare mattoni, di contributi da richiedere al Comune. Dopo dieci anni nulla era stato ancora deciso. Un intervento del R. Commissario nell'anno 1882 raccomandava « l'abbandono dell'attuale improprio ospedale e impiantarlo in uno dei fabbricati dei due orfanotrofi ». Anche il Presidente della Congregazione Signor Leopoldo Avigni ricordava che da cinquanta anni il paese sentiva il bisogno di un nuovo Ospedale. Ottenuta nel dicembre del 1881 l'autorizzazione al trasferimento, si incominciarono i lavori di adattamento, si chiuse l'orfanotrofio maschile e finalmente nel 1884 l'ospedale incominciava a funzionare nell'ex « Convento Sorini » che aveva subito modifiche fino da antica data.
Alcuni mesi dopo veniva trasferita anche la farmacia occupando due botteghe sotto i portici e l'ex sagrestia dell'Oratorio di S. Anna. La farmacia dell'ospedale, istituita nel 1877 come farmacia interna, aveva anche lo scopo di fornire medicinali ai poveri curati a domicilio. La spesa rappresentava circa il 50% di quella sostenuta per gli ammalati interni.
L'ospedale era però sprovvisto di una concessione per la vendita di medicinale al pubblico.
La situazione fu regolarizzata con atto 30 ottobre 1891 del notaio Ettore Carnevali con il quale il Signor Franzoni Achille cedeva al Civico Ospedale il diritto di farmacia. Come corrispettivo veniva nominato Direttore della farmacia lo stesso Franzoni con uno stipendio annuo di Lire 1200 per cinque anni.
In merito al suo funzionamento, un'ispezione governativa del maggio 1887 lamentava l'esistenza delle vasche in legno, la promiscuità dei servizi igienici, « l'insufficienza della sala anatomica costituita da un rozzo tavolo in legno dal quale gli scoli affluivano in una tinozza pure in legno ». Il materiale chirurgico era collocato in un armadio posto nella camera da letto dell'infermiere e parte in cassette polverose poste per terra in una stanza del piano superiore. Per la farmacia veniva rilevata la mancanza di un laboratorio regolare per cui le medicine venivano preparate in una stanzetta sporca e buia; anche i locali erano « meschini e miseramente arredati ».
Dall'inizio del '900 e per alcuni decenni il Civico ospedale Infermi non fu interessato da particolari avvenimenti se si escludono i corsi volontari per infermieri durante la prima guerra mondiale.  
Allo scoppio della seconda guerra mondiale furono sciolte le antiche congregazioni di carità sostituite dagli Istituti Riuniti di Assistenza e Beneficenza che comprendevano anche il Civico Ospedale.
In quel periodo furono intrapresi i lavori per la costruzione di un nuova ala dell'Ospedale ma furono sospesi in seguito al conflitto. Solo verso la prima metà degli anni sessanta i lavori furono completati.
Con l'occasione veniva potenziata la dotazione del personale sanitario e costituito, accanto al tradizionale primariato di chirurgia, quello di medicina. Per il nuovo reparto fu poi costruita, alcuni anni dopo, una apposita ala nell'ambito dell'area ospedaliera. In quel periodo fu ristrutturato l’edificio dell'Ex-Orfanotrofio femminile per inserirlo nella nuova struttura ospedaliera. Nel contempo furono rinnovati i locali e le attrezzature della Farmacia di proprietà dell'Ospedale. Il suo sviluppo continuò negli anni successivi quando il Civico Ospedale Infermi assunse la denominazione di Ente Ospedaliero e pertanto fu scorporato dagli I.P.A.B.
Nel 1973 fu costituito l'Ente Ospedaliero Casalmaggiore - Viadana con il fine di costruire un nuovo ospedale comune. Giuridicamente la sede dell'Ente fu assegnata a Viadana, ma di fatto gli uffici amministrativi furono trasferiti a Casalmaggiore. Questa situazione durò fino alla fine degli anni Settanta cessando solo con l'istituzione della Unità Sanitaria Locale nella quale confluì l'Ente Ospedaliero. Dopo oltre un decennio entrò in funzione  l’Ospedale Oglio.


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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