FIGLINE VALDARNO Ospedale dell’Annunziata o dei Serristori - Ospedali d'Italia

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FIGLINE VALDARNO Ospedale dell’Annunziata o dei Serristori

Ospedali Centro > Regione Toscana > Firenze provincia

Il contributo di Lucia Sandri  (che con me ha avuto pazienza nell'approntare il contenuto della scheda)  alla storia assistenziale ospedaliera di Figline, un borgo cinto da mura castellane all'incrocio di una viabilità antica, mostra come in Toscana anche il tessuto abitativo delle campagne era pervaso da una fitta rete assistenziale di natura civica o religiosa. Una tradizione che la regione, caratterizzata da un volontariato radicato nella società porta avanti ancora oggi con rinnovato spirito di solidarietà.

https://www.academia.edu/31562789/Lospedale_dei_Serristori_nel_contesto_assistenziale_di_Figline_tra_XIV_e_XVI_secolo_Annali_Aretini_XXIV_2016_Edizioni_Fraternita_dei_Laici_di_Arezzo_pp._193-222


Stabilire quali e quanti ospedali operassero a Figline tra XIV e XV secolo non è impresa da poco ma si può affermare che nel Trecento erano attivi a Figline più ospedali di differente origine.
Due facevano capo agli ordini mendicanti: quello di S. Domenico del 1279, fondato dai frati predicatori e l’altro, della S. Croce, forse dei primi del Trecento, eretto dai frati minori del Terzo Ordine francescano. Vi erano poi ben quattro ospedali annessi a congregazioni laiche e religiose: di S. Lorenzo, della Vergine Maria e di S. Spirito, tutti esistenti tra il 1331 e il 1332 e quello della società dei Presbiteri del 1378.
Al Comune facevano capo ben due ospedali: uno intitolato a S. Michele e detto «de Pavelli», ancora operante al 1331 e forse situato nei pressi o proprio nell’omonima canonica di S. Michele di Pavelli; l’altro, dedicato a S. Romolo, detto del «castro», fondato nel XII.
Una situazione, dunque, molto ricca e articolata, sia relativamente al numero che alla tipologia delle istituzioni ospedaliere, ma complicata dal divario tra l’intitolazione originaria dei luoghi di assistenza e la loro successiva denominazione popolare.
Una valutazione più ampia della portata dell’impatto della fondazione e successiva attività dell’ospedale dell’Annunziata, o dei Serristori, nell’assetto assistenziale di Figline può essere fatta tuttavia solo conoscendo anche quali e quanti fossero gli ospedali ancora attivi nel borgo nella prima metà del XV secolo. Fortunatamente per quest’epoca sono disponibili varie tipologie di fonti, tra cui specialmente lo statuto del 1408, il catasto del 1428 e le visite pastorali del 1439 e 1441, che sono un punto di riferimento di notevole importanza per l’integrazione tra i due approcci, fiscale e religioso.
Dall’analisi dei dati quattrocenteschi la prima cosa che salta agli occhi è la notevole riduzione di numero delle istituzioni ospedaliere rispetto al primo Trecento. Degli otto ospedali allora accertati ne restavano attivi a Figline, dopo la grave crisi di metà del secolo precedente, solo quattro: i due ospedali del Comune, quello della S. Croce e quello di S. Lorenzo. A questi si aggiungeva quello detto di S. Maria supra portam dal nome del monastero vallombrosano, che sorgeva nel luogo di S. Caterina e destinato anch’esso nel 1493 alla costituzione della predetta mensa capitolare.
Al S. Romolo il consiglio comunale eleggeva annualmente quattro uomini «leali de buona conditione et fama» «per censire tutte le terre et possessioni d’esso spedale», conoscere «como si governino» e controllare lo stato di letti e masserizie. La rappresentanza legale spettava al podestà e sempre a lui si ricorreva per dirimere e risolvere qualsiasi controversia mossa a danno dell’istituzione e per comminare pene pecuniarie anche gravose (sino a 100 fiorini) previste contro chi si appropriasse indebitamente dei suoi beni. Per i medesimi motivi, la salvaguardia del patrimonio dell’ospedale, era fatto divieto allo spedalingo di affittare o concedere terre a mezzadria ai propri parenti. Tra gli obblighi, forse proprio per il suo sorgere «in strada magistra», vi erano quello quotidiano di mantenere pulita la fogna che lo costeggiava, l’approntamento di un desinare annuale per le autorità e una messa solenne con almeno otto preti per S. Romolo, «capo e guida del Comune», nella chiesa a lui dedicata nel castello vecchio.
Il 18 luglio 1439, in occasione della visita pastorale di Antonio di Matteo, vicario del vescovo di Fiesole Benozzo Federighi in visita annota che il tetto dell’edificio è stato restaurato e che lo spedalingo sta provvedendo a sue spese alla costruzione di una nuova ala sulla via maestra. I letti per i poveri di Cristo sono cinque e si può contare per il loro mantenimento su una resa di 65 staia di grano e quattro lagene di vino.
Anche per l’ospedale della S. Croce apprendiamo come nel 1403 fosse in pieno sviluppo, tanto da usufruire già di un servizio medico. Nel 1407, a conferma di ciò, lo spedalingo medico di professione, riunisce le due cariche di governatore dell’ente e di medico degli infermi. La scarsità delle rendite, poche staia di grano e cinque barili di vino, e l’assenza di qualsiasi stima dei beni,  fa intendere l’avvio di un generale abbandono. I debiti, ben evidenziati, sono pari a 40 fiorini e a 60 staia di grano. L’accettazione dei poveri è assicurata a quest’epoca, «per l’amor di Dio», dallo spedalingo e dalla suocera di lui ai quali la compagnia corrisponde solo «le spese e ciò che a loro fa di bisogno». Un ufficio per l’anima dei benefattori e una festa a settembre per la santa Croce rappresentano infine la somma degli incarichi. Il 19 luglio 1439 il medesimo vicario del vescovo di Fiesole, ritornato in visita, trova l’ospedale fornito di sei letti, risulta ben tenuto e dedito all’accettazione di poveri e pellegrini. L’intera resa di 30 staia di grano è tutta destinata all’alimentazione degli assistiti.
I quattro ospedali superstiti coprivano insieme una ricettività – considerando tre letti anche per quello di S. Michele di Pavelli sottoposto al Comune – di 18 posti, destinati, a parte la breve parentesi sanitaria, rilevata per quello di S. Croce nel primo Quattrocento, ad una maggioranza di poveri e pellegrini. Tutti inoltre erano privi di bestie da soma e contavano su un personale alquanto ridotto e in età molto avanzata, con caratteristiche più di assistiti che di addetti alla cura del luogo e dei suoi ospiti.
E se mai l’ospedale del Comune di San Romolo a San Bartolomeo a Scampata ad apparire il più florido è l’unico a poter competere con quello di Serristoro grazie alle iniziative del suo spedalingo, Alberto di Matteo, un benefattore al servizio dei poveri.


L. Sandri, L'ospedale 'dei Serristori' nel contesto assistenziale di Figline tra XIV e XVI secolo, "Annali Aretini" XXIV (2016), Edizioni Fraternita dei Laici, Arezzo, 2016, pp. 193-222.

 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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