Macerata Ospedale Psichiatrico - Ospedali d'Italia

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Macerata Ospedale Psichiatrico

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Questa scheda proviene dal sito "carte da legare " http://www.cartedalegare.san.beniculturali.it/ ; è un progetto della Direzione generale archivi del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo nato per proporre una visione organica di tutela del patrimonio archivistico di queste istituzioni. Partito nel 1999 con un primo programma di finanziamento per i complessi archivistici degli ospedali Santa Maria della Pietà di Roma e Leonardo Bianchi di Napoli. Il portale mette a disposizione della comunità i risultati . Essi possono essere utilizzati per scopi di studio e ricerca da parte degli addetti ai lavori e per la semplice conoscenza del fenomeno manicomiale da parte di un pubblico più vasto.
Sono liberamente consultabili i dati del censimento degli archivi, alcuni strumenti di ricerca e le statistiche dei dati socio-sanitari ricavati dalle cartelle cliniche. La consultazione dei dati specifici delle singole cartelle cliniche avviene, invece, dietro autorizzazione, nel rispetto della normativa sulla privacy.
Carte da legare costituisce anche un percorso tematico specifico del SIUSA (Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche).

Altre denominazioni temporali
Ospedale psichiatrico provinciale 1944 ca - 1950
Manicomio provinciale di Macerata 1871 - 1944 ca


http://www.cartedalegare.san.beniculturali.it/index.php?id=304&navId=0


Fin dal sec. XVIII esisteva nella città di Macerata un Ospizio per i pazzi, situato presso il torrione di Porta Castellana, attualmente Porta San Giuliano, che nel 1771 fu ristrutturato dal Comune e poi definitivamente abbattuto nel 1817.
Nel 1810, intanto, era stato stabilito un nuovo ricovero per gli alienati, situato presso la chiesa del Convento delle monache domenicane, in via Armaroli, nei pressi del centro cittadino.
Nel 1822, per iniziativa del delegato apostolico mons. Cappelletti, fu individuata quale nuova sede una ex fabbrica di cera, periferica rispetto alla città, nel quartiere Cocolla, ampliata con l'acquisto di un secondo corpo di fabbrica e la costruzione di un'altra ala. I lavori di ristrutturazione si conclusero nel 1834. Le spese per l'acquisto del fabbricato, del terreno e per le opere di ristrutturazione furono a carico della Delegazione apostolica e dei comuni interessati.
Lo stabilimento fu disciplinato da un regolamento emanato nel 1826 dal delegato apostolico, mons. Spinola. La situazione, col tempo, si degradò e, negli anni Cinquanta dell'Ottocento, si progettò la costruzione di un ospedale sul modello del Santa Maria della Pietà di Roma, i cui direttori vennero contattati per fornire consulenza per la realizzazione del nuovo istituto.
Nel 1863 la Deputazione provinciale di Macerata - cui la legge per l'unificazione amministrativa del Regno d'Italia del 20 marzo 1865 aveva attribuito l'onere del mantenimento dei mentecatti poveri della provincia - acquisì l'area e il convento dei Frati minori Osservanti di Santa Croce; quest'ultimo venne demolito e fu costruito il Manicomio provinciale, inaugurato il primo luglio 1871.
La direzione di questa struttura venne affidata al dottor Giovanni Tonino, già medico del Manicomio di Torino, che tenne l'incarico fino al 1876, quando fu sostituito dal dottor Enrico Morselli, medico del Frenocomio di Reggio Emilia, sotto la cui direzione vennero introdotte molte innovazioni e portati a termine progetti già avviati. Egli si occupò, soprattutto, della divisione dei ricoverati all'interno della struttura secondo il loro stato mentale e la loro curabilità, stabilendo, inizialmente, due categorie, tranquilli e agitati. Nell'arco di tre anni (1875-1878) vennero istituite cinque sezioni per le donne (agitate e sudice, semiagitate, tranquille, pensionarie, infermeria) e sei per gli uomimi (agitati, sudici e semiagitati, tranquilli non lavoratori, tranquilli lavoratori, pensionari, infermeria). La distinzione in base allo stato di salute era funzionale all'attività interna; Morselli, infatti, era uno dei più forti sostenitori e fautori dell'ergoterapia, ritenendo l'attività lavorativa un vero e proprio strumento terapeutico. Il direttore coinvolse direttamente il personale di sorveglianza per la formazione e lo sviluppo delle capacità artigianali dei ricoverati; seguendo l'insegnamento pratico dei sorveglianti, i malati imparavano un'attività e diventavano di vera utilità per lo stabilimento. C'erano officine di falegnami, fabbri, ferrai, calzolai, pittori e inverniciatori; venivano realizzate stuoie e zerbini. Un'attività introdotta dal successivo direttore Angelucci fu la lavorazione della terracotta per creare vasellame, piatti e oggetti vari.
All'inizio del secolo XX il Manicomio di Macerata raggiunse il massimo dello sviluppo, citato come modello a livello nazionale per la sua organizzazione. In questi anni, dato l'accrescersi del numero dei ricoverati, allo stabilimento iniziale si aggiunse Villa Montalbano, acquistata dall'Amministrazione provinciale per destinarla ai malati cronici, apatici, malpropri e clamorosi. Durante la direzione del dottor Gaetano Martini (1922-1944) il complesso si ingrandì ulteriormente per accogliere la crescente domanda di ricovero: furono dapprima realizzati i padiglioni Tanzi e Bianchi e, verso la metà degli anni Trenta, fu costruito il padiglione Mingazzini per ospitare malati agitati, in grado di contenere circa 65 posti letto. Nel dicembre 1943, a seguito del bombardamento subìto dall'Ospedale neuropsichiatrico provinciale di Ancona, questi tre padiglioni dovettero ospitare anche 120 malati provenienti da quel manicomio.
Il successivo direttore, il dottor Luigi Balietti, a partire dal 1944 legò il suo nome all'acquisto di un elettroencefalografo e ad una nuova organizzazione dell'attività terapeutica, improntando le basi per cure extra-ospedaliere. Fu sotto la sua direzione che fu inaugurato il reparto neurologico, aperto a partire dal 1° ottobre 1949 al fine di garantire un'assistenza specialistica a coloro che avevano problemi a livello non psichiatrico; le degenze infatti avevano una durata molto breve e si riferivano soprattutto all'esecuzione di accertamenti diagnostici.
Dal 1944 circa, come risulta dalle cartelle cliniche, l'intestazione del Manicomio provinciale di Macerata mutò in Ospedale psichiatrico provinciale di Macerata, per poi divenire, a partire dal 1950, Ospedale neuropsichiatrico provinciale di Macerata.
Nel 1966 ricevette l'incarico di direttore il dottor Enzo Corradini, già medico di sezione e responsabile del settore femminile dell'istituto, assunto per concorso nel 1968. Nello stesso anno egli divenne anche direttore del Centro di igiene mentale da poco costituito e si trovò ad amministrare l'istituto nel momento dell'introduzione delle leggi di riforma dell'assistenza psichiatrica, la 431/1968 e la 180/1978, che prevedevano un trattamento diretto al malato nell'ambito di un processo del quale l'ospedalizzazione doveva essere considerata una tappa, non più necessaria ma comunque spesso indispensabile. Il Corradini, nella sua attività, diede applicazione a queste nuove direttive, attuando la settorializzazione territoriale della struttura attraverso l'individuazione di tre aree principali: Macerata, Civitanova Marche, Camerino. Venne così superata l'organizzazione morselliana e i malati furono raggruppati non più sulla base dello stato di salute, ma della loro provenienza. Furono anche incrementate le attività ricreative e la creazione di laboratori protetti per applicare i ricoverati al lavoro.
Nel 1974 fu assunto un igienista per la direzione del Laboratorio di igiene e analisi chimico-cliniche interno all'Ospedale, con la funzione di seguire le vaccinazioni e svolgere un'attività di tipo preventivo per le malattie infettive: l'incarico venne affidato al dottor Carlo Alberto Nittoli.
Dopo l'emanazione della legge 180/1978, l'Ospedale ha seguito le vicende amministrative degli altri manicomi marchigiani e nel 1981 è stato trasformato nel Centro residenziale di assistenza socio-sanitaria - CRASS di Macerata, dal 1985 denominato Centro riabilitativo assistenziale e sanitario - CRAS di Macerata.

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Altro testo di riferimento : Storia di Macerata a cura di A. Adversi, D. Cecchi, L. Paci -ed. Biemmegraf-1986

 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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