URBANIA Ospedale civile S. Giuseppe - Ospedali d'Italia

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URBANIA Ospedale civile S. Giuseppe

Ospedali Centro > Regione Marche > Pesaro Urbino e provincia

Per questa scheda devo ringraziare la Biblioteca Comunale di Urbania che ha recuperato documenti relativi ai primi del 900
Abbiamo a disposizione anche lo Statuto Organico della Congregazione di Carità datato 1888.  Sarà mia premura renderlo disponibile come allegato

Urbania, l'Antico Castel delle Ripe poscia Castel Durante; siamo verso il 1300 e vi troviamo ben 3 ospedali: uno per i poveri detto di Santa Croce, uno per i leprosi o di San Lazzaro, ed il terzo per ogni sorta di infermità, chiamati di Sant'Antonio. Di questi pii istituti, mentre si hanno notizie abbastanza precise di quello dei poveri, che si può dire la continuazione di quello tuttora esistente, e di quello dei Pellegrini, che si chiuse nel 1840 trasformandolo in un pubblico granaio, di quello degli Infermi che pur doveva essere il più importante, se ne ha solamente contezza fino al 1400 circa, e dopo non se ne conosce più nulla, né si sa a chi siano stati ceduti i beni che esso sicuramente possedeva. Ciò nonostante bisogna giungere al 1687 per vedere colmata  tanta lacuna, ed è in quell'anno infatti, che l'illustre legale e benemerito cittadino, Antonio Savini lasciava tutto il suo cospicuo capitale al Monte di Pietà, con l'obbligo di fondare un ospedale nella sua propria casa per i poveri infermi; e sono meravigliose le disposizioni che quel saggio benefattore dettò, perché potesse avere florida vita un tanto desiderato ricovero. Non lievi furono le difficoltà incontrate, per malvolere dei tristi, che sono sempre esistiti, ed esisteranno, nell'attuazione del suo volere, e si fu più volte in procinto di perdere un tanto beneficio. Ma in seguito altri buoni cittadini, innamorati dell'idea generosa del fondatore, fecero a gara per venire in aiuto, con l'opera e col consiglio a  vistosissimi lasciti, consistenti in vasti ed ubertosi terreni, in case, censi e biancherie, assicurarono l'esistenza ad un così santo è necessario Istituto. Non mancarono in seguito caritatevoli persone, che aumentarono di non poco il già florido patrimonio, con notevoli donazioni. Colle enumerate donazioni, si è giunto ad avere un capitale fisso di lire 160.000 gravato però di numerosi legati, alcuni dei quali veramente onerosi, tuttavia si ha una rendita netta di lire 5400 che tutte vengono spese, a vantaggio dei poveri infermi. Bisogna  ammirare lo slancio di carità, ed emulazione che animò sempre questi buoni cittadini, per l'andamento dell' ospedale fondato dal Savini. Il regalare denaro è ben poca cosa, quando si sta per morire, e quando se ne possiede a dovizia, ma dare a se stessi per mesi, e per anni, gratuitamente, alla cura degli Infermi, è assolutamente da eroi.
Ebbene abbiamo avuto Urbania, nei tempi trascorsi, un'Associazione di dame, delle più distinte famiglie, che a turno di sei per volta, per lo spazio di tre mesi, e due al mese, pensano a tutto il servizio necessario per l'ospedale, sicchè  bastano due sole persone stipendiate per i grossolani lavori, che il resto è da esse con amore e coscienza disimpegnato.
E’ il 1885, epoca in cui, non trovando più adatto per capacità e di igiene, l’antico ospedale, si cede  questo per la creazione di un asilo infantile tanto desiderato, e si apre il nuovo ospedale nell'ex convento dei Chierici minori, poco lungi dalla città. Si adatta il locale, con abbastanza razionale sistema, e si incomincia a dare ordine alla vita a ciò, che deve essere il sicuro rifugio del povero, il primo monumento cittadino. La congregazione di Carità di quel tempo chiama due suore di carità, a sostituire la già morta associazione delle dame del Sacro Cuore di Maria, ed il nuovo ospedale sotto la sua guida, s’avvia, sulle orme già segnate, dagli altri maggiori. Ne si creda siano stati pochi i beneficati in questo nuovo Istituto, giacche dal 1885 al 1905 furono qui ricoverati 1115 ammalati con 138 morti, numero abbastanza considerevole, se si tiene conto delle restrizioni  rigorosissime, e forse giuste, imposte nell’ammissione dei benefici testatori.
Si era però ancora lungi dall'avere un stabilimento sanitario, che corrispondesse alle moderne esigenze, alle igieniche disposizioni. si avevano cameroni aerati e comodi per gli ammalati, si aveva una camera operatoria, ove importanti operazioni si erano eseguite con esito brillantissimo; si aveva un ambulatorio frequentatissimo, ma non bastava, si temeva sempre di non essere in regola con l'igiene, ed una grave responsabilità pesava, sovra i sanitari, sulle suore, sugli infermieri, pei quali la vita dei ricoverati deve essere sacra, pesava pure e forse di più, sulla Congregazione di carità, che doveva mettere d'accordo gli urgenti bisogni dell'Istituto, colla severa e rigida sua amministrazione. Tanto che nella seduta del 19 giugno 1903 decretò di restaurare completamente il pio Istituto, senza punto compromettere le finanze della sua amministrazione, servendosi dei fondi lasciati in cassa, dai suoi predecessori, migliorando l'azienda rurale, e stipulando contratti d'affitto, con condizioni vantaggiosissime.
Trovati i mezzi, furono subito costruiti i pavimenti nei corridoi, delle camere e dei cameroni, con cemento battuto, essendo gli antichi mal connessi e guasti, centro di tutte le infezioni possibili. Le pareti di tutti i locali, furono tirate a vernice, si collocarono stufe ove erano necessarie, ponendole in maniera, da servire di riscaldamento e di ventilazione; si costruì una nuova camera operatoria, che col letto d'operazione modernissimo, è degna di stare in un ospedale di primo ordine. Si stabilirono camere di isolamento, e per dozzinanti, si provvide, e con buon esito, allo smaltimento delle acque di rifiuto, e alla costruzione della fognatura, e dei pozzi neri; camere per medicatura e per ambulatorio, si aggiunsero all'altra esistenti; locale per bagni, con eleganti e comode vasche, camere per doccia, gabinetto per osservazioni chimiche e microscopiche, completarono il già riuscito lavoro. Si fornì pure l'istituto di acqua potabile in abbondanza, che con lunga conduttura si prese dal pubblico acquedotto, e questa è stata una vera opera meritoria, sia per il municipio che generosamente l’ha conceduta, sia per la Congregazione di carità, che ha sciolto definitivamente il grave problema. La parte ornamentale non fu trascurata; ed affinché i poveri infermi, non avessero del pio luogo, che una grata impressione, ed i convalescenti un lieto conforto ai mali sofferti, per prepararsi alle lotte dell'avvenire, senza  lusso, che sarebbe un'offesa alla povertà, ma con gaiezza, fu restaurata l'intera facciata del fabbricato, inverniciate tutte le imposte e si è perfino costruito un modesto giardino, con annessovi  orto, ove alla vista dei fiori, delle acque, dei frutti, i poveri ricoverati possano con la salute, acquistare sentimenti gentili e laboriosi. Qui saranno indotti a benedire quella società nella quale essi vivono, dove se hanno venduto e provato miserie, dolori, ed ingiustizie, ora possono dire che essa sa  anche alleviarle e correggerle, provvedendo a chi soffre, un rifugio sicuro, per trovare pace e salute.

Relazione  dell'ospedale del Dott. Carlo Ricci

Provate ora a chiudere gli occhi,  fatevi leggere la descrizione e immaginatevi di trovarvi in un virtual tour di un ospedale di ieri con le conoscenze di oggi;

A 300 metri circa dalla città, lungo la strada che conduce a Sant'Angelo in Vado, si incontra un piccolo e verdeggiante viale, in fondo al quale, maestoso si erge un grande fabbricato  a due facciate, unito l'una  all'altra ad angolo retto, e che termina con una bellissima chiesa. Esso è  a due piani ben intonacato nelle sue due facciate, che misurano m 31 l'una e l'altra m 29 dipinte in cenere gaio, qua e la percorse da canali di scolo, per le acque dell'interno, e dei tetti, che vengono poi tutte convogliate, nel sottostante Metauro. Appena entrati, si vede un bel corridoio lungo metri 28 con pavimento impermeabile, e  nelle sue pareti si trovano murate 12 lapidi, giustamente ricordanti i munifici benefattori. Per questo corridoio si trovano per ordine, dall'ingresso a sinistra lo spogliatoio dei ricoverati, il gabinetto per esami chimici microscopici, l'ambulatorio antico e tre depositi per legna, a destra, la cantina con grotta, la stanza che conduce al giardino, 2 sale da bagno, ed 1 per doccia, e lo spogliatoio per i bagnanti. Viene quindi un corridoio che taglia perpendicolarmente il primo, ed è lungo m 21 ed in questo, si trovano l'ambulatorio nuovo e veramente bello, poscia due cameroni ausiliari, nel caso di grande affluenza di ammalati, quindi una comoda ed igienica latrina. Entrati in giardino,  destra vi è un porticato in fondo al quale, vi è ben separato, un camerino con la fossa per la distruzione delle medicature infette, sistema Laplace. A sinistra, vi è una fonte, con acqua perenne, e buona, ma ora fuor d'uso; più in là un grande orto, che circonda tutta la chiesa, e dietro questa la camera mortuaria. Tornati nel primo corridoio, è giunti alla sua estremità, vi è a destra la comunicazione con la Sagrestia della chiesa, a sinistra due rami di belle e comode scale, in pietra liscia, con parete inverniciata fino a 2 metri di altezza, conducono al piano superiore. Arrivati  alla sommità delle scale, un'elegante cancello di ferro, colorito in bianco, chiude l'accesso, ed aperto, si giunge al corridoio sovrastante al primo di ingresso, e con le stesse dimensioni; anche questo, ha il pavimento impermeabile, di cemento battuto, e le pareti inverniciate fino a 3 metri di altezza, con zoccolo scuro. Quivi è il vero ospedale, giacche davanti al cancello di ingresso, vi è un piccolo corridoio che conduce alle due camere di isolamento, dopo il corridoio una camera per medicatura, completamente arredata, poi la camera delle suore, la cucina economica, ben tenuta e pulita, e con fuoco  a permanenza, quindi un corridoio con le stesse misure del secondo sottostante, che conduce alle due sale per gli ammalati, l’una per gli uomini, l'altra per le donne, ed infine due latrine separate, due per i sessi, con diversa porta d'ingresso, e costruite in maniera, che nulla lasciano a desiderare, per comodità ed igiene. I due saloni poi per gli ammalati, sono incensurabili per capacità, già che misurano entrambi circa 300 metri cubi per ciascuno, per posizione, essendo esposti fra il sud e sud-est, per areazione, già che i finestroni occupano una gran parte della parete anteriore. i 6 ottimi letti per sala, della ditta Piana di Torino, con targa ricordante in oro la beneficenza dell’ingegner Tacchi, veramente si adattano sul levigato pavimento, riuscito bellissimo, e gaiamente risaltano, dalle bianche pareti, inverniciate colla galvaneide. Ai lati dei letti, semplici ma graziosi tavolini, con lastra di vetro, completano l'arredamento, che nulla ricorda dell'ospedale, ma che invece afferma, quale dovrebbe essere la stanza di ogni onesto operaio. Una stufa internata nel muro del corridoio, comunica all'interno, coi due cameroni, che serve a giustamente riscaldare, e con due sfogatoi in avanti, rasente al pavimento, ed uno al di sopra della porta d'ingresso, uniti a quello di tiraggio della stufa, completano e bene, col grande finestrone, il sistema di rinnovazione dell'aria nell'interno dei medesimi.
Appena fuori da due saloni, vi è uno stanzino per vestiario dei convalescenti. Tornati nel primo corridoio, e seguitando a sinistra, vi è un'ampia camera, con due letti, in tutto simile ai cameroni, destinata pei dozzinanti, e per operati gravissimi. Un ampio finestrone, largamente da luce, a tutto il corridoio, quindi dall'altra parte, di fronte alla camera del dozzinanti, di una camera operatoria, con una attigua di preparazione, che giustamente può essere degna di qualsiasi ospedale anche di prima classe. Viene quindi la camera per i due infermieri, situati di fronte al secondo corridoio, quindi vicinissima ai cameroni degli ammalati; poscia il locale di deposito della biancheria e di lavoro delle suore, che a questo servizio attendono, in maniera encomiabile; segue poscia la camera da letto delle suore, ed infine una cameretta d'amministrazione e di consultazione per i sanitari. Campanelli elettrici, macchine elettriche, un waldenburg, due portantine, ed altri piccoli strumenti ortopedici e chirurgici, completano il servizio di vigilanza, di trasporto, di cura.
La tabella dietetica non ammette eccezioni perché copiata su quella dei migliori ospedali, e potendola i sanitari cambiare a loro piacimento, a secondo il bisogno.
I farmaci vengono senza restrizione acquistati dalla farmacia lasciata in legato, con una forte percentuale di ribasso sul prezzo del listino, essendo come prescrive la legge, stata affittata ad un onesto farmacista.
Cosa può possedere di più un ospedale di una piccola città come Urbania, di appena 6000 abitanti? Io non lo so. So solo che in questo Istituto sono continuamente curati ammalati di tutte le specie e con esiti non diversi dagli altri ospedali; di operazioni di alta chirurgia ed anche gravissime, quali l'isteretomia, la gastroenterostomia, e coli gastrostomia furono eseguite or non a guari, con risultati brillantissimi; che centinaia di ammalati furono e sono, con soddisfazione curati, nell'ambulatorio gratuitamente o con minima spesa, quindi il locale sotto ogni rapporto si presta, e ne va data lode a chi spetta. Mancano lo so, un armamentario chirurgico, e molti strumenti diagnostici curativi, ma per aver ciò, bisogna augurarsi tempi migliori, e che lo spirito di carità che animò gli antichi Durantini, infiammi i moderni urbaniesi, talché si rinsanguino le scarse finanze, e con le spese si possa seguire il progresso scientifico.

Urbania 5 luglio 1905


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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