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Da: Congregazione di Carità di Sant'Antimo – relazione sulla infermeria e sul servizio dei poveri – N° 88 - 1886

Mi onoro di far tenere alla S. V. Ill.ma copia di una relazione da me inviata all'Ill.mo signor Sotto-Prefetto del Circondario in data 12 luglio ultimo N. 66; che è del tenor seguente:
Da lunghissimo tempo il Municipio di S. Antimo, non solo, ma la Congregazione di Carità benanche, si son preoccupati della cura dei poveri infermi di questo Comune.
Nella impossibilità d'istallare un ospedale, le pubbliche amministrazioni han provveduto alla pia opera con assistenza a domicilio, fornendo gli ammalati indigenti di medicine, di cure mediche, di soccorsi.
Tratto, tratto però la mente degli amministratori corse all'idea dell'ospedale, e, senza parlar delle ripetute pratiche municipali, trovansi negli archivi di questa Congregazione parecchi documenti in ordine alla intenzione benefica, e va citato a titolo di lode il Regio Delegato Cav. Ferdinando De Leo, il quale seriamente si pose a studiare siffatto bisogno. Non mancarono persone pietose, le quali vollero contribuire alla creazione di un tale stabilimento di beneficenza, ma l'eseguità delle rendite lasciate non poteva dar vita allo spedale che desideravasi raggiungere. Aggiungasi che nel 1868 veniva a mancare un cespite esplicitamente a ciò destinato per fatti che richiamarono la severità della superiore autorità. Nel prendere possesso dell'ufficio di presidente della Congregazione di Carità io ebbi come prima cura l'idea di rivolgermi ai Corpi morali, ed ai privati con una circolare a stampa per ottenere mezzi sufficienti alla istituzione dell'ospedale, e trovai aiuto benevolo di promesse, tra le quali è opportuno notare un concorso di annue lire 50 per parte del R.do Padre Agostino Morroja, di lire 500 deliberate dal Municipio, di annue lire 6 dal Rettore D. Luigi Verde, di annue lire 10 dalla Confraternita dei SS. Rocco e Sebastiano, di annue lire 100 da quella del SS.mo e Purgatorio.
Mentre pendevano cotali pratiche moriva il frate Carmine Flagiello, e con suo testamento olografo disponeva del casamento di sua proprietà a prò di questa Congregazione per curare gli infermi poveri del Comune.
In attenzione del decreto di autorizzazione per accettare l'eredità Flagiello, la Congregazione prese ad amministrarla temporaneamente, tenne conto dei debiti su di essa gravitanti, della sottrazione dei mobili ereditari per la quale intervenne sentenza del magistrato, e attuò la pia intenzione del testatore, cominciando prima a soccorrere i parenti di lui, poscia i poveri ammalati.
Perchè potesse poi ottenersi ancora vantaggio maggiore per gli infelici, accanto ai sussidi dianzi indicati, fu questa Congregazione sollecita di stabilire un luogo di ricovero per la cura dei miseri colpiti dalle malattie, adibendo a tal uopo un casamento posto all'estremità del paese nel vicolo Nostra Donna, che fu tolto a pigione fino a 10 agosto 1886, con tenuissima spesa. Colà vennero spediti alcuni ammalati temporaneamente fino a quando io non li avessi inviati all'ospedale della Pace di cui mi onoro di essere governatore, o, per l'indole della malattia, non avessi ottenuto che fossero ricevuti da quello degli Incurabili.
Avvenne intanto che nell'agosto del passato anno si verificò che nel locale al vicolo Nostra Donna entrò un povero vecchio gravemente ammalato e cieco per nome Domenico Liguori, il quale mori alcuni giorni dopo; e fu allora che dal Sindaco si credette per reclami dei cittadini abitanti nella contrada suddetta di fornire alla Congregazione un altro locale nell'abolito convento dei Francescani per uso d'infermeria.
Con mia nota del 30 agosto passato anno io feci osservare che occorrevano ivi alcune riparazioni, e con la venia della Congregazione accettai l'offerta del Municipio e feci ripulire ed imbiancare le pareti del corridoio e delle stanze, riporre nelle stanze medesime tre letti perfettamente arredati due dei quali trovavansi nelle suppellettili salvate nell'eredità Flagiello, ed uno dato in prestito da pio benefattore.
E siccome avevo io ottenuto il consenso degli onorevoli miei compagni dell'amministrazione della Pace di potermi servire di un numero di letti, e del corrispondente corredo fin a quando non avessi avuto modo di acquistarne altri per conto di quest'amministrazione, allorchè il bisogno se ne è sentito, ho fatto trasportare alcuni letti per ora dalla Pace nelle stanze della infermeria. Da che si è nell'abolito Monastero suddetto istituito il ricovero per gli infermi, sono entrati in cura N. 61 ammalati come la S. V. vedrà dall'elenco che parimenti alligo, ed ora vi si rattrovano sei individui tra maschi e femmine. Contemporaneamente incaricai per la somministrazione del vitto, secondo le prescrizioni del medico, il signor Crescenzo Principe, custode delle prigioni mandamentali, e per l'assistenza agli infermi il signor Antonio Pappadia, adatto all'ufficio, per aver fatto parte dello Istituto dei Fate Bene Fratelli di S. Giovanni di Dio, coadiuvato da sua moglie Chiara d'Agostino, la quale presta assistenza per le donne inferme e devo dichiararle che dell'opera di costoro questa Congregazione è soddisfatta.
Dallo specchietto che aggiungo alla presente si scorgerà la spesa che alla Congregazione sono costati questi infelici, compresi in essa quelli entrati a domicilio. Essendo governatore di uno dei principali ospedali napolitani, io dovevo sapere, che alla cura degl'infermi contribuisce potentemente la nettezza delle sale, e la salubrità di esse. Mentre ho dato disposizioni per gli accomodi dei pezzi d'opera, che sono in cattivo stato, per i vetri mancanti e tutt'altro spesso fo procedere a ripulire con calce le mura e le stanze, massime quando sono queste sgombrate dagli ammalati.
Devo notare alla S. V. che meno il servizio dell'Infermiere, il quale è retribuito con lire  trenta mensili e della moglie, che lo è con lire dieci al mese, il signor Crescenzo Principe che provvede al vitto non ha voluto giammai ricevere compenso alcuno. Mi onoro di rendere di tutto ciò consapevole la S. V. Ill.ma perché sia informata dell'andamento di questo pio Istituto. S. Antimo 12 luglio 1886.
Dalle cose predette la S. V. può vedere come siasi svolta l'opera dell'Infermeria, ed il movimento degl'infermi poveri, tanto in essa, che a  domicilio. Nell'infermeria dal 20 agosto 1885 fin oggi sono stati curati N. 75 poveri, di cui N. 67 maschi e N. 8 donne. Sono usciti guariti N. 62, sono morti N. 13. A domicilio poi si sono curati N. 37 infermi, cioè N. 24 maschi, e N. 13 femmine. Tra gl'infermi a domicilio, e quelli nell'Infermeria si hanno N. 1769 giornate di cura con una spesa complessiva di Lire 1078,68 che corrispondono in media a L. 0,60 per ciascun giorno. Oltre di ciò, questa Congregazione ha provveduto per le medele agli ammalati poveri sin dal febbraio di questo anno con le seguenti norme. Dai documenti, i quali ho l'onore di alligare a questa relazione, la S. V. rileverà i particolari relativi a quanto mi pregio indicarle, e la spesa distinta per i soccorsi, e le limosine ai poveri, comprese quelle per casse funebri e trasporto dei cadaveri, la quale spesa nei sette mesi decorsi ascende alla somma di lire 472,95.
Voglia V. S. por mente alle considerazioni, le quali sorgono dalle cifre segnate negli alligati elenchi, ponendole in riscontro di quelle, le quali rappresentavano l'ammontare dei servizi medesimi durante il tempo in cui sonosi dal Municipio praticati, e converrà meco che le opere di beneficenza non possono compiersi, malgrado tutta la buona volontà e la cura e la diligenza degli ottimi amministratori, dai Comuni, e come fu savio consiglio della S. V. e della rappresentanza Municipale di confidarle alla Congregazione di Carità, la quale è appunto istituita con la santa missione di curare i bisogni de' poveri.
La proporzione poi degli ammalati curati a spesa della Congregazione, tra i guariti, e i morti, nella misura dell'undici per cento di questi in relazione con i primi, dimostra l'utilità grandissima del ricovero, che spero, con l'aiuto della S. V. e del Municipio, di vedere in un prossimo avvenire costituito in civico Ospedale con l'assistenza delle Suore di Carità. E quando, dileguate le ritrosie, ottenuti mezzi maggiori, l'infermeria potrà avere un migliore sviluppo, la santa istituzione rappresenterà un miglioramento importante nella pubblica salute. Questa fu l'opera da noi compiuta in disimpegno del debito nostro per i poveri infermi e bisognosi.
La S. V. Ill.ma ed il Consiglio Comunale da Lei degnamente presieduto la valuterà, e mi auguro che la troverà soddisfacente, e continuerà a sostenerla e aiutarla col suo patrocinio e col suo benefico concorso.

S. Antimo li 22 settembre 1886. Alfonso M.a Storace.


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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