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MARTINENGO Ospedale Francesco Mazza

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L’affascinante avventura di sei fratelli – Gli ospedali riuniti di Treviglio – l’ospedale Francesco Mazza di Martinengo – Lidia Gamba Persiani - 2001


I primi accenni alla tutela della salute (ma sarebbe più esatto parlare di igiene pubblica) a Martinengo sono contenuti negli Statuti della Comunità, promulgati nel 1344, quando già il paese era caduto sotto il dominio visconteo. Tali statuti comminavano gravi pene per chi avesse insudiciato le strade del paese, ammucchiandovi letame, o messo a rischio l'acqua dei pozzi, lavando filati e panni, o sventrando animali presso di essi.
A Martinengo era sorta tuttavia una istituzione che, nella bergamasca come altrove, si proponeva come scopo l'assistenza dei bisognosi. Si tratta del consorzio della Misericordia (MIA), la cui regola era stata approvata dall'autorità ecclesiastica nel 1300, all'atto della sua costituzione.
Le donazioni si susseguirono lungo i secoli, da parte di sacerdoti e di laici, sempre a favore del Consorzio della Misericordia.
Gli obblighi istituzionali della Misericordia consistevano principalmente nella sovvenzione ai poveri di pane o granaglie, il che acquistava particolare importanza in un'epoca travagliata da frequenti carestie, e in periodiche distribuzioni di abiti e di denaro. La MIA assicurava inoltre dignitosa sepoltura ai poveri.
Martinengo, allora centro di rilevante importanza nella pianura bergamasca, disponeva, fin dall'inizio del 1400, di un medico condotto a spese della comunità.
I documenti dell'Archivio Storico Comunale non ci permettono di stabilire con precisione quando sia iniziato tale servizio, di cui si parla a partire dal 1428.
Bartolomeo Colleoni, condottiero al servizio di Venezia,  fece costruire un edificio, che avrebbe dovuto essere destinato a ospizio - ospedale. A tale scopo, il capitano, nel 1467, aveva donato alla comunità la proprietà detta Torre delle Passere e altri beni,  purché venisse costruito un luogo nella terra in forma di hospitale per albergar pellegrini e viandanti. L'ipotesi che l'edificio dovesse essere destinato a tale uso è confermata anche dalla presenza a Martinengo di alcuni frati francescani provenienti da Orzinuovi, che avrebbero dovuto gestire l'ospedale, ma al rientro di una campagna decise di abitarvi con le due figlie. Oltre al medico e farmacista, Martinengo disponeva, dall'inizio del '600, anche di un cerusico, e di un Ufficio di Sanità, che fu assai attivo durante l'ultima grande epidemia di peste, che colpì l'Italia nel 1630. In questa terra venne anche istituito un servizio di vigilanza, affidato a venti squadre di venti uomini ciascuna, con l'incarico di impedire l'ingresso in paese a qualsiasi persona sospetta.
Il medico condotto della comunità aveva l'obbligo di visitare due volte al giorno i malati dentro la terra (cioè in paese) e una volta quelli fuori.
Il 3 ottobre 1738 morì Don Francesco Mazza, parroco del paese,  che  aveva già da tempo provveduto a redigere e a far registrare il suo testamento. Alla morte delle due eredi usufruttuarie, tutti i beni di don Francesco sarebbero andati al venerando Pio luogo della Misericordia, all'unico oggetto però, che sia fondato ed eretto un Ospitale a “socorso de Poveri Infermi di questa Terra, in quelle Case (che) saranno credute più comode, ed opportune per stabilirvi ed esercitarvi il detto Ospitale”.
Don Francesco Mazza, tuttavia, poneva dei limiti all'accoglimento dei malati a motivo del tenue reddito del patrimonio; stabiliva infatti che non fossero accolti malati incurabili e che i malati acuti fossero ammessi, previa presentazione di un attestato dei parroci o del medico della comunità, comprovante la loro necessità e povertà. Se poi qualche anno ci fosse stata copiosa affluenza di infermi sì che l'entrata di quell'anno dell'Ospitale non bastasse a mantenerli, in tal caso sarebbe toccato ai presidenti stabilire quanti e quali ammalati ammettere. Se invece non vi fossero ammalati poveri da ricoverare, potevano riceversi anco li altri abitanti di detta terra e territorio di Martinengo, esclusi sempre tutti li forestieri di alieno territorio.
L’Ospedale aveva cominciato la sua attività già nell'anno 1763 e cominciò a ricevere numerosi legati.
La situazione della Repubblica Veneta decadeva in modo irreversibile, cosicchè, all'arrivo delle armate rivoluzionarie francesi (dicembre 1796), la Serenissima non era in grado di opporre alcuna resistenza e lasciava che, nella Bergamasca e altrove, si formassero effimere repubbliche sotto controllo francese.
Anche a Martinengo, nel marzo 1797, fu proclamata la Repubblica del libero Popolo di Martinengo, nonostante l'opposizione di parte della popolazione; opposizione che fu tuttavia repressa rapidamente e senza spargimento di sangue.
La Municipalità, successivamente costituitasi, cominciò a legiferare;
Con decreto del 27 maggio 1797, la municipalità sopprimeva la scuola del SS. Sacramento, il consorzio della Misericordia e l'eredità Bernardino Allegroni (che finanziava l'istruzione elementare, solo maschile, dai primi anni del 1600), venivano poi soppressi tutti i Luoghi Pii esistenti nel paese: scuole e confraternite religiose, e numerose chiese campestri. Tutti i beni delle istituzioni soppresse furono assegnati all'ospedale, con l'impegno di supplire a tutti gli Obblighi alli medesimi annessi.
La prima notizia circa l'assistenza medica nell'ospedale di Martinengo risale al 1821 quando ormai si era formato il Regno Lombardo-Veneto, con il governo austriaco.
A Martinengo sempre più impellente si presentava il problema dell'assistenza ai poveri incurabili: ad esso venne data soluzione qualche anno dopo con l'istituzione della Casa di Ricovero Balicco.
Anche questa importante opera potè essere realizzata grazie al generoso lascito di Francesco Balicco, il quale, nel suo testamento (7.11.1818), istituì erede universale suo figlio Lazzaro e nel caso venisse lo stesso a morire senza figli e senza valido testamento e nello stato di imbecillità nel quale trovasi, sostituì in detta eredità l'Ospitale degli Infermi e la Misericordia di Martinengo con l'obbligo a cadauno di essi eredi d'impiegare li frutti dell'eredità stessa singolarmente a beneficio dei poveri incurabili.
Francesco Balicco e il figlio mancarono ambedue il 17 Giugno 1821 essendo stati nella notte, per opera di sconosciuti assassini, barbaramente assassinati.
Così tutta la proprietà dei Balicco passava alla Misericordia e all'ospedale, che però ne entrarono in possesso solo nel 1824, a causa delle lunghe contestazioni agitate tanto presso le Autorità Amministrative che Giudiziarie dai parenti dei due uccisi.
Il Luogo di Ricovero degli incurabili della pia Causa Balicco iniziò la sua attività il 18 dicembre 1833, con 12 ospiti, equamente divisi fra uomini e donne.
Il direttore lamentava  la mancanza dell'armamentario occorrente per operazioni chirurgiche e sezioni anatomiche. La risposta del Presidente ci illumina, in parte, sull'organizzazione dell'assistenza nell'ospedale di Martinengo: questo non era mai stato fornito di tali attrezzature in quanto i medici chirurghi curanti in forza del loro capitolato di condotta in luogo sono obbligati a curare i malati ricoverati nell'ospedale, e perciò si servono dei propri ferri, dei quali è loro dovere esserne provveduti.
Il 26 febbraio 1851 al Commissario Distrettuale di Martinengo perveniva l'ordinanza di soppressione della farmacia interna stipulando un contratto per la fornitura giornaliera dei medicinali con un farmacista del luogo. Questi, di norma, accordava uno sconto che varia dal 25 al 30 per 100, ad eccezione però dell'olio di ricino, della farina di semi di lino e delle sanguisughe, che vengono fornite a prezzi di banco.
Il 12 dicembre 1857 il delegato provinciale procedeva ad una ispezione, e nel verbale di visita elencava una serie di disordini riguardo al vitto, agli attrezzi da cucina e alla guardaroba: 1° Carne putrescente di qualità soriana da distribuirsi agli ammalati; 2° Riso di cattiva qualità; 3° Nessuna pulizia dei locali; 4° Pentole di rame mancanti di stagnatura; 5° Uova fracide; 6° Vino di cattiva qualità ed inacidito, un misto di vino nuovo e vecchio; 7° Impulitezza della suppellettile di cucina; 8° Oggetti di biancheria in pieno disordine.
Nella primavera successiva il commissario informò la delegazione provinciale di Bergamo che a miglioria dell'andamento di quello stabilimento era stato deciso di chiamare le suore di Carità (giunsero solo nella prima metà del 1865), allo scopo di sradicare i disordini che si riscontrano in quel nosocomio [...] e per moderare e sistemare l'interna economia.
E quasi a confermare la necessità di un cambiamento, nell'agosto successivo, veniva scoperto un furto di lenzuola a carico dell'ospedale, furto che vedeva coinvolti un infermiere, sua moglie e la lavandaia; per i due dipendenti dell'ospedale veniva così deciso il licenziamento.
Per il loro servizio, fin dall'inizio, fu predisposto un dettagliato regolamento contenente ben 27 norme; in pratica, a tre suore veniva affidato tutto l'andamento dell'ospedale: dalla preparazione dei cibi e  cura della pulizia di ambienti e biancheria, all'accettazione, dimissione e sorveglianza dei malati; dalla somministrazione dei medicinali, sempre su disposizione dei medici, all'assistenza religiosa dei ricoverati.
Venivano specificate anche le norme cui le suore dovevano attenersi quando un malato fosse giunto vicino a morte; dopo la morte, poi, si doveva predisporre il trasporto del defunto nella stanza mortuaria, dove le suore dovevano assicurarsi che fosse applicata la funicella comunicante con la sveglia per verifica dell'eventuale caso di morte apparente.
Due anni dopo (18.12.1878), la Congregazione di Carità provvedeva a stilare anche lo Statuto organico della Casa di Ricovero Balicco, nel quale veniva ribadita l'autonomia dell'istituto rispetto alle altre OO.PP. amministrate dalla congregazione, nonostante il personale medico, infermieristico e amministrativo fosse lo stesso dell'ospedale.
Dopo aver ricordato che il ricovero era destinato a fornire l'alloggio, vitto e vestito e quant'altro può occorrere ai poveri del Comune di Martinengo, che per vecchiaia incomodata da acciacchi o per malattie croniche si trovano impotenti ad un lavoro proficuo, il testo precisava che non sarebbero stati ammessi nel ricovero gli ammalati affetti da malattie contagiose, da mal caduco e pazzia. Di più: avverandosi in alcuno dei ricoverati nel progresso di tempo malattie contagiose (scabbia, vaiolo ecc.) o il mal caduco o la pazzia, la cui origine o sviluppo fosse posteriore al di lui ingresso nella Pia Casa, potrà essere licenziato, salvo a provvedere alla sua sorte nei modi reputati migliori, a carico dell'Istituto.
Un incurabile, per poter essere accolto nel ricovero, doveva possedere alcuni requisiti: aver superato i 60 anni se uomo, i 55 se donna; risiedere a Martinengo da almeno 10 anni, ed essere assolutamente miserabile.
La gravità della malattia e l'età avanzata avrebbero costituito titolo di preferenza; in caso di parità di titolo, quando il numero degli aspiranti superi quello delle piazze disponibili, verranno rimandati alla decisione della sorte.
Le conseguenze del conflitto (che nel resto dell'Europa era iniziato nell'estate 1914) influì sul commercio dei medicinali, con il continuo aumento della spesa per le specialità farmaceutiche. In una nota del 14 aprile 1915 si suggeriva di evitare la prescrizione di specialità farmaceutiche, ricorrendovi soltanto nei casi di assoluta necessità, quando cioè le specialità medesime non possono essere sostituite con la ricettazione ordinaria.
La situazione finanziaria delle Opere Pie, dipendenti dalla Congregazione di Carità si deteriorò rapidamente dopo la fine della guerra. Le difficoltà riguardavano tutti gli ospedali della provincia e si decise per un aumento della diaria.
Sta bene qui anche un fatto di cronaca.
In data 19 maggio 1921, il parroco scriveva agli amministratori dell'ospedale:
Si è risaputo in paese il ripetersi della indecente e immorale gazzarra, avvenuta ieri notte sotto le finestre dell'Ospedale per parte di alcuni male intenzionati e di un gruppo di donnacce all'indirizzo delle RR. Suore, che assistono con tanto sacrificio e con tanto spirito di carità i nostri ammalati. Che nessuna autorità del luogo, e in mancanza di essa la stessa Congregazione di Carità, non abbia sentito il dovere di tutelare la incolumità e il decoro di quelle perseguitate? Il parroco sollecitava perciò l'intervento dei responsabili in difesa delle suore, prima che le stesse venissero ritirate dall'ospedale per ordine dei loro superiori.
Intanto, il 2 gennaio 1936 erano state stabilite le nuove rette per i ricoveri ospedalieri, e si era anche cercato il sistema per aumentare l'affluenza di numerosi dozzinanti non poveri o di altri Comuni, offrendo ricovero dietro compenso di modiche diarie, visto che ciò avrebbe prodotto un alleviamento delle spese generali ed una riduzione della retta.
Nonostante gli sforzi degli amministratori, la situazione dell'ospedale non migliorava e aveva anzi subito un radicale mutamento: con decreto prefettizio del 4 maggio 1939 l'ospedale veniva declassato a Infermeria per ammalati acuti.
Nonostante le aspettative, negli anni successivi l'ospedale attraversò momenti difficili, finchè nel 1972 si giunse a un nuovo cambiamento: con decreto del 13 maggio 1971 del Presidente della Repubblica, comunicato a Martinengo il 22 gennaio 1972, l'ospedale veniva classificato Ospedale di zona per lungodegenti e assumeva il nome di Ospedale Civico F. Mazza.
Il piano Ospedaliero della Regione Lombardia per il quinquennio 1974-78,  dispose la fusione dell'ospedale di Martinengo con quello di Romano. Così, nel 1975 l'ospedale di Martinengo cessava di esistere come ente autonomo, per andare incontro ad altre travagliate vicende.
Le informazioni provengo dall'archivio dell'Ente Comunale di Assistenza, ora soppresso, e dell'antico ospedale Francesco Mazza,  acquisiti dal comune di Martinengo nel 1989.




 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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