SANREMO Lebbrosario poi Ospedale Civile Vittorio Emanuele III - Ospedali d'Italia

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SANREMO Lebbrosario poi Ospedale Civile Vittorio Emanuele III

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Dal volume di BRONDA F.: L'Ospedale napoleonico di Sanremo. Note sull'organizzazione sanitaria cittadina dell'epoca. Comunicaz. al Congresso Int. dei Medici Scrittori. Montecatini, Giugno 1960.

Napoleone I, con decreto dell'8 Agosto 1811, aveva donato all'ospedale di Sanremo, perchè vi si trasferisse dalla vecchia sede, gli ampi locali di un convento già passati, con la soppressione degli ordini religiosi nel 1810, di proprietà del Demanio e da questi ceduti alla Congregazione di Carità di Sanremo.
L'ospedale rimase in quella sede fino a quando, nel 1934, venne trasferito (e inaugurato da Vittorio Emanuele III) su di un colle vicino in un edificio moderno a padiglioni separati.
Nel 1943 nella vecchia sede venne sistemato un ricovero per vecchi invalidi e minorati retto dalla Piccola Opera della Divina Provvidenza di Don Orione.
Il 3 Agosto 1862 viene promulgata in Torino da Vittorio Emanuele II la legge sulle Opere Pie.
L'articolo 1 sancisce la definizione di Opera Pia: «Sono Opere Pie gli Istituti di carità e beneficenza e qualsiasi ente morale avente, in tutto o in parte, per fine di soccorrere alle classi meno agiate, tanto in istato di sanità che di malattia, di prestare loro assistenza, educarle, istruirle od avviarle a qualche professione, arte o mestiere ».
In una lettera che il presidente dell'Ospedale Civico di San Remo manda il 3 Dicembre 1879 in risposta ad esplicita richiesta del Sindaco della città è specificato:
«Che l'Ospedale di questa città, che prima trovavasi nella contrada ora Francesco Corradi, e che sotto il governo francese venne traslocato nel locale a tale scopo donatogli con decreto imperiale nel 1810, venne fondato da benemeriti cittadini sotto il titolo di Ospizio nell'anno 1620.
« Che non si potè trovare nell'archivio il Decreto dell'erezione a corpo morale di quest'opera datando questa da oltre due secoli.
«Che lo statuto organico porta la data 11 Maggio 1832.
« Che il regolamento interno porta la data 11 Settembre 1853.
Nei piccoli centri come San Remo l'ospedale era stato, fino al periodo prenapoleonico, poco più che un centro di raccolta e di assistenza di vecchi infermi e di bimbi trovatelli; durante le guerre napoleoniche, con il movimento di soldati feriti e ammalati, aveva dovuto organizzarsi ed attrezzarsi per ricoverare e curare ammalati adulti e in età ancora valida, anzi, spesso aveva dovuto ospitare anche truppa di passaggio in normali condizioni di salute.
E agli inizi del periodo risorgimentale che, se la terapia rimane pressochè limitata (come quella del periodo napoleonico) ai clisteri, ai vescicanti, alle sanguisughe, agli impiastri, al chinino e a poche pillole, comincia invece a trasformarsi l'attrezzatura nelle corsie; compaiono i primi abbozzi di cartelle cliniche; i recipienti singoli o in comune per le deiezioni corporali vengono occultati in apposite nicchie del muro: i pesanti baldacchini vengono demoliti e al loro posto qualche volta rimangono tende bianche che racchiudono il letto del paziente come in un piccolo e lindo mondo a sè.
Alla metà del sec. XIX due gravi malattie erano abbastanza diffuse nella città di San Remo: la malaria, distribuita alla popolazione costiera da anofeli ospiti delle brevi lagune stagnanti formate da acque dolci trattenute presso la foce dei quattro torrenti da trincee di ghiaia accumulata dalle mareggiate, e la lebbra, importata da marinai sanremesi.
Certo i lebbrosi vaganti ed elemosinanti per le vie della città non dovevano costituire uno spettacolo edificante se Re Carlo Alberto, sostando a San Remo in un suo viaggio a Nizza, ne fu mosso a pietà sì da elargire una cospicua somma per l'erezione di un lebbrosario.
Fu così che, a questo scopo, nel 1853 si aggiunse un'ala al Convento eretto dai padri Agostiniani nel 1600.
In seguito, nel 1858, Vittorio Emanuele II, essendo diventato ormai insufficiente il vecchio ospedale napoleonico, fece destinare e attrezzare tutto il rimanente dell'edificio a ospedale dandolo in consegna all'Ordine Mauriziano.

Della sua nascita, come Lebbrosario, se ne parla nel testo :   Ordine e Sanità-Gli Ospedali Mauriziani tra XVIII e XX secolo Chiara Devoti  e Monica Naretto

Mentre poche sono le notizie sul nuovo Ospedale, inaugurato nel 1939 dalla stesso Vittorio Emanuele III a cui diede il nome.

Dal testo di Giuseppe Castelli, Gli ospedali d'Italia, Milano, Medici Domus, 1941, apprendiamo che l'Ospedale è sorto secondo i seguenti postulati fondamentali:
a) avere una disponibilità di 150-160 letti facilmente elevabile in caso di necessità, con un reparto a pagamento indipendente capace di un numero di letti corrispondente a circa il 20% del numero totale, dove i malati abbienti di qualunque classe sociale possano trovare il conforto desiderato:
b) permettere la costruzione di un facile ingrandimento quando in avvenire la capienza risulterà insufficiente:
c) rispondere a tutte le esigenze moderne delle funzioni che l’Istituzione è chiamata a svolgere avendo presente che, ad eccezione della pediatria, della oculistica della otorinolaringoiatria, tutte le altre specialità oltre la medicina e la chirurgia generale vi debbono essere esercitate:
d) pur attenendosi al criterio delle costruzioni a padiglioni, non incorrere in un eccessivo decentramento in modo da assicurare i servizi con una spesa relativamente modica:
e) tenere presente che il costruendo Ospedale, oltre ad essere un organamento nosocomiale perfetto, deve costituire anche un centro di irradiazione di cultura medico chirurgica ed attuare pertanto, nel limite del possibile, quelle provvidenze che possono favorire la frequenza dei giovani medici della città e della regione i quali, raggiunta la laurea, muovono i primi passi difficili nella professione.
Per la ubicazione del Nuovo Ospedale venne prescelto, riferisce l'Ing. Arch. A. Sibilla, progettista e direttore dell'opera, un ampio terreno sulla collina a monte della Città, la quale è risultata rispondente a tutti i requisiti di facile accessibilità, ottima esposizione ed orientamento, asciuttezza e purezza dell'aria, lontananza da centri rumorosi e polverosi.
Per la orientazione dei fabbricati, tenuto conto dei dati calorimetrici locali, dei venti dominanti, della giacitura del terreno e di altri requisiti, è stata prescelta una esposizione a Sud-Est, disponendo gli assi longitudinali dei fabbricati quasi parallelamente al litorale di fronte al mare.
Come tipo di costruzione si è seguito il criterio dell'accentramento dei servizi, contemperandolo però colle esigenze e coi requisiti delle zone collinari.
Infatti il regolamento edilizio urbano non consente la costruzione nelle zone collinari di fabbricati eccessivamente sviluppati in lunghezza ed in altezza.
Non sarebbe quindi stato possibile costruire un unico monoblocco, anche per la necessità di decentrare le malattie contagiose (infettivi e tubercolotici), di separare i paganti dai gratuiti, di distaccare dai reparti di degenza i servizi settici: lavanderia, disinfezione, deposito mortuario.
Data quindi la necessità di limitare le dimensioni orizzontali e verticali dei fabbricati, l'accentramento ed il collegamento dei servizi è stato conseguito con un opportuno collegamento dei vari fabbricati a mezzo di gallerie vetrate di comunicazione, le quali nel piano seminterrato sono utilizzate per il disimpegno di tutti i servizi generali e tecnologici, con perfetta separazione dei servizi settici dagli asettici.
Il nuovo Ospedale si presenta così costituito da un gruppo principale di quattro fabbricati collegati a croce, che occupano un ampio piazzale alla quota di metri 85 sul mare, e comprendenti i servizi all'entrata dell'Ospedale e le degenze comuni, e di altri fabbricati minori a monte (isolamento – tubercolotici, disinfezione, lavanderia e centrale termica, in modo da sfruttare i dislivelli del terreno collinoso.
Il fabbisogno di posti letto del nuovo Ospedale e stato fissato in 170.
Il reparto tubercolotici, a  quota di metri 100, è costruito un piccolo padiglioncino capace di 16 letti, suddivisi in camere da uno, da due e da quattro letti con ampia veranda antistante alle camere per la cura dell'aria e del sole.
Il Padiglione di isolamento delle malattie infettive è situato in una zona appartata, all'interno di un apposito recinto comunicante direttamente colla stazione di disinfezione.
Il padiglione può ricoverare otto ammalati suddivisi in quattro sezioni indipendenti per quattro diffe-renti forme morbose infettive contemporanee.


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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