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ROMA COspedale S. Giacomo in Augusta

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L'Ospedale di San Giacomo in Augusta, detto "degli Incurabili" (noto anche come Arcispedale di San Giacomo degli Incurabili), è uno storico edificio situato nel centro di Roma Ospedale di origine medievale,
L'appellativo "in Augusta" deriva dalla vicinanza ai ruderi del Mausoleo dell'Imperatore Augusto divenuti, nel Medioevo, roccaforte della stessa famiglia Colonna. La rifondazione cinquecentesca e la promozione ad Arcispedale, ordinata da Leone X, fu promossa in particolare dell'attività di San Camillo de Lellis, che qui fondò l'ordine dei Ministri degli Infermi (detti anche "camillani") e ne redasse le Regole, e dall'attività del cardinal protettore Anton Maria Salviati, che riedificò a struttura e la dotò di un fondo patrimoniale esplicitamente per la sua autonomia economica: questi donò infine la struttura stessa alla città con il vincolo perpetuo di destinazione all'ospedalità.
Dopo un'attività ospedaliera ininterrotta di ben 670 anni, l'ospedale è stato chiuso definitivamente nel 2008 tra aspre critiche, appena dopo un lungo periodo di ristrutturazione.
La nascita dell'Ospedale avvenne nel XIV secolo per volontà del cardinale Pietro Colonna, i cui esecutori testamentari eressero la struttura iniziale nel 1339. In particolare, le volontà di Pietro vennero condotte dai suoi nipoti Giacomo, vescovo di Lombez, e Giovanni, che si interessarono della costruzione dell'ospedale. La memoria del fondatore è ricordata nell'iscrizione lapidea nel cortile dell'ospedale, che recita:
«hoc hospitale ad laudem Dei et sub vocabolo Beati Iacobi aposto pro anima reverend patris et Domini Petri de Columna sci. Angeli quondam diaconi cardinalis fundatum fuit»
L'ospedale di San Giacomo in Augusta fu, così, il terzo ospedale ad essere edificato nella Roma del Medioevo: il primo fu infatti l'ospedale di Santo Spirito in Saxia, seguito dal San Salvatore, divenuto poi ospedale di San Giovanni in Laterano. Pietro, con la fondazione dell'ospedale, intendeva onorare la volontà dello zio, Giacomo Colonna, che aveva notato che i malati incurabili, piagati e bisognosi di lunghi tempi di degenza, venivano sistematicamente rifiutati dagli altri due ospedali: in tal modo, Giacomo intese anche riscattare l'onore della sua casata, scomunicata da Bonifacio VIII a seguito del cosiddetto "schiaffo di Anagni". Anche il nome dell'ospedale è un riferimento alla casata dei Colonna: essa, infatti, aveva ricavato la loro roccaforte dal vicino Mausoleo di Augusto.
Il San Giacomo fu, dunque, edificato lontano dal centro abitato. La posizione in prossimità di uno scalo portuale  consentiva un facile accesso per le navi di approvvigionamento di viveri e medicinali e per chi giungeva in città via fiume. La sua ubicazione permetteva, inoltre, di assistere anche i pellegrini provenienti dalla vicina porta principale della città, la settentrionale Porta Flaminia, o porta del Popolo, i quali giungevano in città stremati al termine di lunghi viaggi a piedi.
Il San Giacomo fu inizialmente posto sotto la diretta tutela dell'ospedale di Santo Spirito e conferito in commenda, finché un secolo dopo, nel 1451 con la morte del commendatario cardinale Jean le Jeune, durante il pontificato di papa Niccolò V, passò all'autorità della Compagnia di carità verso i poveri e gli infermi di Santa Maria del Popolo.
La carità dei privati era considerata importante per il sostegno economico dell'Istituto, nonostante la fonte primaria fosse nella riscossione dei canoni, pigioni, censi, ecc.. La carità si esprimeva sia in forma di lasciti e donazioni che in forma anonima tramite le elemosiniere. L’elemosiniera del San Giacomo riporta la tipica figura di un infermo in carrozzella, anticamente chiamata carriola.
Nel 1515 l'Ospedale fu oggetto di una rifondazione ed elevato a rango di Arcispedale in seguito all'emanazione della bolla Salvatoris Nostri Domini Jesu Christi da parte di papa Leone X, in cui si sanciva esplicitamente la trasformazione a ricovero per malati incurabili di tutte le classi sociali e senza distinzione di sesso, con particolare attenzione alla cura del "morbo gallico", una nuova malattia che conobbe una rapida diffusione tra Quattro e Cinquecento e che si manifestò in forma di una grande pandemia su scala europea, portata in Italia forse dai soldati di Carlo VIII durante la Guerra d'Italia del 1494-1498, da cui il nome del morbo stesso.
La bolla stabiliva le finalità e l'organizzazione dell'ente, analogamente ad uno Statuto, così come le disposizioni economiche e spirituali. Il Papa destinava anche una parte dei beni dell'ospedale al mantenimento delle "oneste fanciulle povere" precisando, infine, che il San Giacomo doveva divenire "il primo tra gli ospedali dei poveri". L'ospedale cominciò, dunque, a governarsi in autonomia, guidato da quattro guardiani affiancati da due sindaci con funzioni di revisori dei conti. Altre figure tipiche erano i "visitatori" (visitatores), che avevano il diritto, condiviso con i sindaci, di raccogliere i malati per le strade, procedendo eventualmente al ricovero. Quest'ultimo poteva anche essere coatto: in tal caso, il ricoverato era esentato da tutte le imposizioni fiscali. Infine, l'arcispedale era presieduto da un "cardinale protettore", come pure avveniva negli altri ospedali romani.
Leone X stabilì la gratuità dell'assistenza ai malati: questo pose fin dall'inizio dei problemi per la sostenibilità economica della costosa struttura, che ottenne anche notevoli agevolazioni fiscali (come nell'esenzione sui dazi del vitto). La maggiore fonte di finanziamento fu dunque da subito ottenuta dalle elargizioni dei privati donatori (lo stesso papa Leone X fu tra questi) e dalle rendite dei diversi beni che furono attribuiti all'ospedale stesso, spesso tramite lo strumento dell'enfiteusi con vincolo ad edificandum nel contesto della progettazione del Tridente, una delle maggiori realizzazioni urbanistiche del XVI secolo. Leone X inoltre stabilì che la mancata pubblicazione delle donazioni da parte del Notaio fosse considerato reato di "falsità", punibile anche con la scomunica. Il ricorso esplicito alla carità cristiana dei privati per il funzionamento della sanità, che si stava riaffermando come modello di gestione economica per gli ospedali e le opere pie, permise effettivamente al San Giacomo di distinguersi come ente ospedaliero di rilievo anche internazionale.
Nella seconda parte del Cinquecento, tra i pazienti dell'ospedale vi fu anche il futuro santo Camillo de Lellis, ricoverato per la prima volta nel 1571 a causa di una piaga sulla gamba destra. Dopo un miglioramento della ferita, fu inizialmente assunto nella struttura come garzone, ma fu licenziato in seguito per cattiva condotta: all'epoca, tuttavia, non era raro che il personale dell'ospedale - malpagato e in perenne ricambio - adottasse comportamenti scorretti. Convertitosi, de Lellis tornò nuovamente a Roma nel 1575 per un nuovo ricovero al San Giacomo, ma stavolta rimase parte della "famiglia ospedaliera" e cominciò a lavorare con entusiasmo, divenendo "maestro di casa" ed economo nel 1579: questi migliorò l'organizzazione del personale, gettando le basi del servizio sanitario infermieristico ed assistenziale negli ospedali, creando la figura del "religioso-infermiere" che si occupasse dei malati "non per mercede, ma volontariamente e per amore di Dio", e promulgando le Regole per ben servire gli infermi, ideate e applicate per la prima volta proprio al San Giacomo, tra il 1584 e il 1585. Sempre al San Giacomo, nell'agosto del 1582 il de Lellis aveva fondato la "Compagnia dei Ministri degli Infermi", elevata poi da papa Gregorio XIV ad ordine dei Chierici regolari Ministri degli Infermi con bolla del 1591. In seguito, Camillo verrà santificato dalla Chiesa cattolica e ricordato come patrono degli infermi e del personale ospedaliero.
La grande disciplina con cui Camillo redigeva la contabilità dell'ospedale creò la fiducia necessaria per attrarre generose donazioni, in particolare tra i guardiani del San Giacomo, tra cui si distinse la figura eminente del cardinal Salviati.
Un'altra figura importante per la storia dell'arcispedale nel Cinquecento fu san Filippo Neri, che vi operò con i primi padri oratoriali.
Nel 1579 cominciarono le prime opere ambiziose di ricostruzione finanziate dal cardinal protettore Anton Maria Salviati, progettate dall'architetto Francesco Capriani e realizzate dall'architetto Bartolomeo Grillo. I lavori di rinnovamento e ampliamento, promossi anche dallo stesso de Lellis, furono ultimati nel 1592. Contemporaneamente, venne costruita la chiesa di San Giacomo in Augusta, attigua all'ospedale e terminata in occasione del Giubileo del 1600 a opera dell'architetto Carlo Maderno[29], assistito da Filippo Breccioli. Il cardinale vincolò il complesso, oggetto infine di donazione con lascito testamentario dell'aprile 1593, all'uso ospedaliero anche nel futuro: il Salviati nominò esecutore testamentario lo stesso pontefice.
Lo stesso Salviati donò all'ospedale un consistente fondo patrimoniale, composto da diverse decine di immobili, tenute e "luoghi di monte", con l'obiettivo esplicito di garantire il sostegno dell'istituto anche nelle epoche future. Pertanto, nel suo testamento sancì il divieto assoluto di alienazione degli stessi in alcun caso, neanche di estrema urgenza o altra utilità addotta in causa di diritto, perché donati alla esclusiva condizione di sostentamento dell'arcispedale: tale direttiva fu confermata nel marzo 1610 da papa Paolo V con bolla promulgata in forma di motu proprio.
Il San Giacomo si specializzò nel trattamento della sifilide fin dal 1560, periodo in cui esso faceva già uso del guaiaco. Negli anni 1580 era ormai divenuto un punto di riferimento "internazionale" per la cura questa malattia: infatti, i pazienti sifilitici accorrevano non solo da tutto lo Stato della Chiesa, ma da tutta Italia e perfino dall'estero: a fine secolo, i romani erano solo il 4% del totale a ricevere questa cura specializzata. Il trattamento del "legno santo" divenne una specialità riconosciuta del San Giacomo: esso cominciò a venire somministrato periodicamente, nello spazio di un mese (generalmente, in maggio) e con cadenza inizialmente annuale e successivamente (dal XVII secolo) biennale. Durante questo periodo la ricezione ordinaria vedeva un brusco incremento, arrivando ad ospitare oltre mille pazienti. Il periodo della somministrazione della cura del "legno santo" rinsaldava il rapporto dell'ospedale con la città in modo particolarmente efficace, dato che la distribuzione avveniva in modo solenne, accompagnato da processioni sul percorso della Chiesa del Popolo, e grazie al finanziamento proveniente esclusivamente dai privati.
Nonostante la fama che ebbero gli effetti del guaiaco sulla sifilide soprattutto per merito dall'opera dello stesso Fracastoro, presso il San Giacomo questa tecnica fu abbandonata definitivamente nel 1636, poiché ritenuto insufficiente per debellare la malattia, dato il verificarsi di continue ricadute pur tra molte guarigioni spontanee. Comunque, finché fu somministrato, anche il costosissimo guaiaco (che incideva per 3-4 mila scudi negli anni in cui questa cura era svolta) veniva distribuito gratuitamente ai malati del San Giacomo, al pari di tutte le altre cure.
Nel 1659 vengono emessi dei nuovi Statuti, sostituendo così quelli precedenti risalenti al 1546 ed estendendo i servizi ospedalieri, oltre che agli incurabili, anche ai malati comuni. Nel XVII secolo tra i chirurghi dell'ospedale vi fu anche Bernardino Genga da Mondolfo, pioniere dell'anatomia, al quale fu intitolata una Galleria nell'ospedale stesso. Nello stesso secolo fu primario del San Giacomo il chirurgo francese Nicola Larche: le sue osservazioni sugli ascessi delle ferite presso quest'ospedale sono riprese anche nella coeva opera "Recondita Abscessum Natura" del chirurgo Marco Aurelio Severino. Il Larche lasciò eredi delle sue considerevoli sostanze il San Giacomo e l'Ospedale di Santa Maria della Consolazione, dopo la sua morte avvenuta nel 1656.
Durante il periodo della pestilenza del 1656 il San Giacomo fu utilizzato come lazzaretto.
Alla fine del Seicento, incluse quelle di donazione del card. Salviati e dei suoi parenti, l'amministrazione dell'Ospedale detiene 62 proprietà urbane, tra case, vigne e botteghe, senza contare le altre.
L'occupazione napoleonica di Roma del 1808 provocò subito lo scioglimento della Confraternita di Santa Maria del Popolo: a causa di questo fatto, il personale medico venne drasticamente ridotto e l'ospedale divenne un semplice luogo di primo soccorso e di accoglienza garantita, non più da un ordine religioso, ma esclusivamente dall'opera volontaria di persone caritatevoli che assistevano gli infermi come esercizio di carità cristiana. In seguito, questa confraternita non verrà più ricostituita.
Già nel 1780 Pio VI aveva istituito il teatro anatomico nella Sala Lancisiana del San Giacomo, (dotandola di un tavolo ancora esistente), ma dopo il ritorno a Roma di Pio VII nel 1815 dopo cinque anni di prigionia a Parigi, nella sede dell'ospedale vennero inaugurate anche le scuole di Clinica chirurgica, di Anatomia pratica e di Operazioni chirurgiche dell'Università pontificia de La Sapienza insieme alla farmacia, al laboratorio chimico, al museo anatomico, al teatro e alla biblioteca. Presso l'ospedale si tenevano anche le lezioni.
L'Ospedale si avvalse anche dell'operato di illustri chirurghi, tra i quali Giuseppe Sisco, primo titolare della cattedra di Anatomia chirurgica istituita da Pio VII nel 1816 con sede presso il San Giacomo, nonché primo titolare della Clinica chirurgica rivolta sia agli uomini, che alle donne (sette letti e sei, rispettivamente), nella stessa sede: in questa veste, Sisco descrisse le sue attività, anche svolte presso il San Giacomo di cui era Primario, nel manuale ad uso degli studenti intitolato Saggio dell'istituto clinico romano di medicina esterna (1816). Sisco donò, infine, a questo ospedale i suoi libri, i suoi strumenti chirurgici e legò un premio per gli studenti.
Nel 1834 Papa Gregorio XVI stabilì nell'ospedale le Suore ospedaliere della misericordia e nel 1842 affidò l'amministrazione dei religiosi dell'Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio (chiamati comunemente "Fatebenefratelli"). In questi anni, dal 1842 al 1849, l'Ospedale conosce una fase di grande ristrutturazione, iniziata da Gregorio XVI con fondi in parte forniti dalla Camera Apostolica e in parte personali.
Tra i benefattori di questi anni vi è anche il cavalier Paolo Martinez, già magistrato della Camera Capitolina (antesignano del moderno comune), ricordato in una lapide posta all'interno dell'ospedale dall'amministrazione dell'Arcispedale per un legato di 12 mila scudi "a dotazione di letti per malattie croniche", sia per uomini che donne.
Negli anni del Risorgimento l'ospedale subì un ulteriore ampliamento (in questo periodo nacque anche una sorta di centro di rianimazione, detto "Centro per Asfittici") e, oltre ad ospitare malati e ad essere sede di insegnamenti, funse da ritrovo per una sezione della Carboneria. Durante il periodo della Repubblica Romana (1849), infatti, truppe di volontari si erano stabilite nelle stanze dell'ospedale, mentre la chiesa di San Giacomo venne utilizzata come stalla.
La fase di rinnovamento iniziata da Gregorio XVI fu completata sotto Pio IX tra il 1860 e il 1863, riacquistando così la sua piena funzionalità: i posti letti aumentarono fino al numero di 356 nella metà del Ottocento. Nonostante le tensioni sociali di questi anni, l'ospedale continuò a ospitare pazienti "senza cercarsi l'età, la patria, la condizione, la religione del chiedente".
Successivamente alla caduta dello Stato Pontificio del 1870, l'ospedale entrò a far parte dell'Ente morale Pio Istituto Santo Spirito ed Ospedali Riuniti, costituito con Regio decreto del 28 maggio 1896 e che riunì con patrimonio comune ed unica amministrazione tutti gli ospedali romani.
Nel 1914 fu decisa la chiusura del San Giacomo a seguito della costruzione del Policlinico Umberto I, ma fu scongiurata da una serie di proteste popolari unite a interrogazioni parlamentari. Durante la prima guerra mondiale diventò un ospedale militare. Nel 1929 venne ridimensionato a pronto soccorso, ma dopo due anni riprese pienamente l'attività; nel biennio 1937-1938 si operò un progetto di restauro. Nel biennio 1953-54 venne effettuata un'opera di modernizzazione della struttura.
Nel 1978, l'Ente morale degli Ospedali Riuniti venne soppresso, con legge nazionale n. 833 del 23/12/1978 che sancì la nascita del Servizio sanitario nazionale e il cui patrimonio venne riassegnato ai rispettivi enti pubblici locali (vedi art. 65), dunque in questo caso la USSL di zona e, in seguito al d.lgs. 30 dicembre 1992, ASL RM A e, infine, la ASL Roma 1.
Dal 2003 iniziò una nuova fase di ristrutturazione, che procedette un reparto alla volta. Le ultime strutture completate sono state la neurologia e il day-hospital nel luglio 2008, ovvero solo un mese prima dell'annuncio di chiusura nell'agosto 2008. La chiusura improvvisa del 2008 venne motivata dalla Regione Lazio, in quel periodo sotto gestione commissariale, dalla situazione critica del debito sanitario regionale accumulatosi negli ultimi anni. Da quel momento in poi l'edificio rimase inutilizzato.
Se interessati nel testo pubblicato nel sito troverete altre informazioni politico amministrative relative alla vendita dei beni, ed una sezione dedicata ai cambiamenti architettonici operati nel tempo


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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